Linea di confine – La Fuga

Fu quando mi lasciai alle spalle Notre-Dame, per accingermi a passare il ponte che mi avrebbe portato poco più avanti di Place Saint Michel, che avvertii nell’aria la sua presenza. Percorsi metà del ponte, poi spostai lateralmente lo sguardo, dal fiume al di là della strada, dove alcune insegne luminose indicavano la presenza di un bistrot o di un bar. Ella era là, seduta fuori di questo locale che capii essere un bar. Era sola, ma sembrava che aspettasse qualcuno. Aveva una fare nervoso, forse dettato dalla impazienza dell’attesa. Oppure forse aveva solo qualche questione personale da risolvere. Rallentai il passo perché non sapevo cosa fare. Avrei sì voluto precipitarmi verso di lei, ma mi sembrava un gesto troppo invadente. Avrei potuto infastidirla o semplicemente contrariarla. Attraversai lentamente la strada dirigendomi verso il bar. Giunto a pochi metri la fissai negli occhi e dopo qualche secondo la salutai.

«Bonsoir» dissi. «Bonsoir» mi rispose. Non credevo fossi capace di avere una tale decisione e determinazione. «Non crede che mi debba un minimo di spiegazione?», le dissi con voce dolce ma ferma.

Lei fu altrettanto ferma e decisa. «No» mi rispose. «Lei, delle domande che vorrebbe pormi, conosce già le risposte».

Ero interdetto. Ancora una volta mi aveva colto di sorpresa. «Aspetta qualcuno? Posso sedermi un attimo?» le chiesi con gentilezza.

«Certo che può. Prego, si accomodi», disse mentre con un gesto della mano accompagnava le parole.

Io continuai: «Che significa che conosco già le risposte? Lei, non più di due settimane fa, mi ha lasciato con un oscuro disegno su un cartoncino ed è letteralmente scomparsa. Non capisco il significato, il senso di tutto ciò». Ero stupito per quanto avessi osato essere così esplicito e diretto.

«Davvero, così crede?». Aveva un sorriso enigmatico, un po’ sornione e un po’ sorpreso. «Non sa che i significati e il senso delle cose deve cercarli solo dentro di lei? Nessuno potrà mai indicarglieli. Perché ciò che per alcuni è vero, per altri potrebbe esser falso, e viceversa. E a lei le cose false non piacciono. Lei cerca solo cose vere, le cose reali. O almeno … che appaiano tali, che si presentino con la loro veste di veridicità, salvo verificarle in seguito. Sbaglio?».

No che non sbagliava. Era proprio così. Ero sempre alla ricerca della verità, della comprensione della realtà, del senso da attribuire al reale. Ma … lei mi sembrava irreale. Come se appartenesse ad un’altra dimensione. Come se per caso avesse incrociato la mia “linea di universo” e proprio lì mi stesse facendo perdere, su quella linea che tracciava il mio percorso nello spazio e nel tempo di quest’universo, di questa dimensione.

«No, lei non sbaglia», risposi, «ma, vede, il punto è proprio questo. Tutto ciò che lei dice è sempre giusto. Così dannatamente giusto che sembra irreale. E io ho bisogno di capire quanto tutto ciò sia reale, e quanto no».

Mi resi conto solo allora che in realtà non volevo una risposta esplicita. Temevo la risposta esplicita, chiara in tutta la sua crudezza. Temevo che una risposta alla mia domanda ponesse fine a questi incontri. Anzi, ne ero certo. In realtà, forse, aveva ragione lei, io già conoscevo le risposte.

Mi resi conto, in quel preciso momento, mentre pensavo tutto ciò e parlavo, … che sapevo chi lei fosse. No! Assolutamente non volevo che fosse lei a dirmelo esplicitamente. Così aggiunsi: «No, non mi dica nulla. La realtà è quanto riusciamo a costruire interagendo con quanto ci è intorno. È quanto riusciamo a vedere e conoscere, e ad agire col frutto di questa conoscenza. La realtà è il patrimonio di esperienze che ci permettono di operare sul contesto che viviamo. Così, anche il sogno è realtà, perché ci permette di vivere e di agire, di mettere a frutto esperienze e idee, ci permette di passare dalle parole ai fatti. Se per poter sognare occorre affrontare la realtà, per governare la realtà bisogna poter sognare. Ora so chi è Lei. Ma, proprio per questo non ho intenzione di perderla. Ho bisogno di incontrarla altre volte, e, lei … lei me lo permetterà?».

Il suo viso era sereno, per nulla turbato dalle mie parole, anzi era interessata. Prontamente prese la parola e mi disse: «Ha visto che avevo ragione. Lei sa già tutto. Sa di me, sa di lei, sa di quello che vive intorno a lei. Potrebbe anche non incontrarmi più, ma saprebbe comunque come dare senso alla sua vita. L’ho capito dagli incontri avuti, quelli in cui ero fisicamente presente, e quelli in cui sembrava che non ci fossi.

Vede, i binari che la nostra mente e il nostro agire percorrono insieme, sono tre. Sì, sono proprio tre. E non tutti li sanno percorrere coniugandoli nel modo in cui dovrebbero. Ciascuno è portato a sbilanciare i percorsi, chi eccede nell’uno e chi nell’altro. Difficile è capire quanta importanza dare a ciascheduno, senza dimenticare anche gli altri.

Abbiamo il binario del pragmatismo. Questo serve a condurre le nostre azioni sempre verso uno scopo, un obiettivo che porti utilità a qualcuno. Senza uno scopo, una meta cui tendere, la nostra vita sarebbe noiosa oltre che inutile. Dobbiamo allora agire e lavorare per conquistare queste mete e dobbiamo essere pratici e immediati nelle decisioni, nelle scelte che quotidianamente ci accingiamo a compiere. Questo binario ci spinge ad usare la ragione per trovare le soluzioni pratiche da intraprendere. Ci spinge a conoscere metodi e pratiche per imparare a fare, a realizzare risultati. Ma da solo, questo binario potrebbe condurre all’aridità dei sentimenti, alla limitazione delle emozioni, a fare di noi una semplice macchina operatrice che lavora per un’utilità, un profitto che sarebbe fine a sé stesso se non fosse accompagnato dalla passione, dai sentimenti e dall’emozione. Ecco che allora esistono altri due binari.

Uno è il binario della fantasia. Capace di immaginare l’impossibile, l’irreale. Capace di inventare il sogno. Capace di trasportare un uomo tra le passioni e le emozioni portate ai livelli mai immaginati, nell’irreale. Pensi un po’ cosa saremmo se non avessimo la fantasia. Se non avessimo la capacità di immaginare l’inimmaginabile, quanto non può appartenere ancora al mondo reale, ma che, accoppiata al pragmatismo può portare a concretizzare realtà non ancora compiutesi, il possibile, dal presente non ancora realizzato, e spesso neanche ancora pensato. La fantasia spinge la ragione nel mondo delle idee, permette di catturarne qualcuna e di portarla nel reale e concretizzare, così, realtà nuove e inesplorate. Pensi che bello poter disporre del dono della fantasia. Lei può immaginare di comunicare gesticolando, oppure scrivendo, usando la posta, persino il tam-tam. Ma è solo con la fantasia che può far viaggiare la sua voce con le onde hertziane e inventare il telefono. Ma, anche qui ci sono dei limiti. La fantasia serve per immaginare e creare nuove realtà, ma essa, da sola, sarebbe totalmente evanescente e inutile, non porterebbe mai verso un risultato concreto, quantificabile e misurabile. Un uomo che percorresse testardamente solo questo binario, potrebbe perdersi nei meandri della pazzia. Perderebbe ogni riferimento con la realtà, o, peggio ancora, potrebbe confondere fantasia e realtà e compiere azioni inutili, se non totalmente inconsulte.

Ecco che allora c’è anche il terzo binario, quello dell’immaginario. Questo è simile alla fantasia, ma si limita a immaginare il possibile, aggregando frammenti di realtà possibili, di cose conosciute, imparate, viste, sentite. L’immaginario permette di uscire dalla propria realtà alla ricerca di altre realtà possibili, ma non vola alto come la fantasia. L’immaginario può condurre nei sogni che immaginano un reale mai realizzato, ancora da compiere. Anche qui, però, un uomo capace solo di immaginare, resterebbe incapace di agire verso obiettivi concreti. Si trastullerebbe solo nelle sue teorie mai verificabili e mai convergenti verso un risultato tangibile. Ecco perché i binari sono tre e devono essere percorsi con sapienza e con buonsenso, mettendoci sempre passione e sentimento, mai facendosi possedere unicamente e completamente solo da uno di essi».

Mi diceva questo e mi affascinava sempre più. Sembrava essere sapienza e saggezza fuse in un corpo umano affascinante e seducente quanto misterioso e ignoto. La sua voce era mite e amabile e aveva una musicalità tipica delle donne dell’Europa centrale che usano modulare il suono della voce sfruttando le caratteristiche peculiari della loro madrelingua. Indubbiamente era una donna che aveva una straordinaria capacità di rappresentare l’esperienza racchiudendone il significato in una sintesi di estrema efficacia. Era quasi una immagine iconografica del come vivere le esperienze dando ad esse valore, e racchiudendone le qualità in una espressione densa di significato e di valore umano.

Il suo fascino mi aveva completamente ammaliato. Mi rendevo conto solo in quel momento che io ero abituato a percorrere i tre binari quasi sempre separatamente. Difficilmente li intrecciavo insieme in un connubio costruttivo ed evolutivo. Al pragmatismo spesso accoppiavo l’immaginario, ma la fantasia la usavo quasi esclusivamente come via di fuga. Sì, essa rappresentava per me quasi esclusivamente il modo di rifuggire la realtà quando essa mi appariva amara o ingiusta, quando non appagava i meriti che credevo mi spettassero. La fuga sulla mia linea di confine era spesso il modo per accostarmi all’immaginario e alla fantasia. Amavo percorrere quella linea, ma non ero quasi mai stato capace di rubare da uno dei territori di confine, qualche idea o spunto da portare nella mia realtà per fare una nuova realtà, o semplicemente per arricchirla di cose mie. Possedere un’emozione e darle fisionomia, darle vita, scrivendo una poesia, o facendo un disegno. Dando realtà ad una fantasia, a un’emozione, a un’idea. Mi rendevo solo ora conto di quanto, questo, fosse un mio grosso limite. Dovevo invece imparare a fecondare la realtà con la mia fantasia e con la mia immaginazione. Dovevo avere il coraggio di osare, non solo di pensare l’improbabile o l’impossibile, ma anche di provare a rendere probabile e possibile quanto per me poteva essere solo un sogno, una fantasia o una realtà improbabile. Dovevo almeno provare a rendere visibile quanto, in maniera invisibile, covava solo sulla mia linea di confine. Essere capace di portare nel mio mondo reale, un disegno come quello che mi aveva porto la misteriosa fanciulla. Perché esso era là, sulla mia linea di confine e io, dovevo solo imparare a cercarlo, a renderlo a me visibile, superare quel confine, scantonare in uno di quei territori quasi vergini e portar via qualcosa per farne poi realtà.

«Ha ragione» le dissi, «devo imparare a percorrere in modo intrecciato i tre binari che lei mi ha indicato. Perché, se è vero che li percorro tutti e tre, è altrettanto vero che lo faccio quasi sempre, per ciascuno, in modo indipendente dagli altri due. Ho letto un bellissimo libro del biologo Henry Laborit chiamato “Elogio della Fuga” che inizia con queste parole:

“Quando non può più lottare contro il vento e il mare per seguire la sua rotta, il veliero ha due possibilità: l’andatura di cappa (il fiocco a collo e la barra sottovento) che lo fa andare alla deriva, e la fuga davanti alla tempesta con il mare in poppa e un minimo di tela. La fuga è spesso, quando si è lontani dalla costa, il solo modo di salvare barca ed equipaggio. E in più permette di scoprire rive sconosciute che spuntano all’orizzonte dalle acque tornate calme. Rive sconosciute che saranno per sempre ignorate da coloro che hanno l’illusoria fortuna di poter seguire la rotta dei carghi e delle petroliere, la rotta senza imprevisti imposta dalle compagnie di navigazione.

Forse conoscete quella barca che si chiama Desiderio.”

Ecco, vede, io ho imparato a rifuggire la realtà amara, scappando con la mia barca sulla mia linea di confine. È lì che incontro fantasia immaginario e quant’altro non sia riconducibile a schemi noti e consueti, inflazionati dall’ovvio della realtà e inquinati dalla logica del solo profitto e dalla sola utilità personale o di pochi. E uso la forza del Desiderio come propellente».

Lei mi guardava diritto negli occhi. Era interessata a quanto dicevo nonostante, oramai ne ero convinto, mi conoscesse meglio di quanto io conoscessi me stesso. Con la mano prese il bicchiere che aveva sul tavolino, lo guardò, poi lo portò alle labbra e ne sorseggiò il contenuto. Ero incantato da quelle labbra sottili ed espressive. Poi, mentre io continuavo a fissarle le labbra che si muovevano e modulavano l’aria coi suoni della sua voce, ammaliato dal suo fascino, riprese a parlarmi:

«Non basta fuggire. La fuga aiuta, ma non può risolvere. Quando la lotta è impari può anche andar bene che si fugga. Ma poi, occorre essere costruttivi e portare al di qua della linea di confine ciò che si riesce a rubare al proprio immaginario e alla propria fantasia e darne corpo e volume. Occorre esser capaci di dare forma e vigore all’idea e poi condividerla, socializzarla col proprio contesto. Lei deve imparare a materializzare il sogno, farne realtà o di utilità o di emozione, ma farne qualcosa che non rimanga solo sogno o passione incompiuta, desiderio inespresso, oppure espresso solo a metà. Solo quando avrà imparato a materializzare quanto vede nei diversi territori attraversati dalla sua linea di confine, allora avrà in parte il controllo di essa».

Mi resi conto che quando sarei riuscito in tale intento, allora non l’avrei più rivista. Avrei raggiunto un nuovo stato di equilibrio dinamico in cui lei sarebbe stata un’immagine passata che si sarebbe attualizzata, poi, in una nuova forma espressiva del mio vivere. Sarebbe stata una realtà trasformatasi da idea a espressione di vita nuova, di pensiero e di comportamento. Ma ero angosciato dall’idea di perderla dalla forma in cui l’avevo conosciuta. L’avrei rincontrata forse sotto altra forma, ma non ero certo che ne sarei stato più gratificato.

Chissà se anche ogni linea di confine ha un propria e diversa linea di confine dove potersi rifugiare quando si è in difficoltà. Come un rifugio su di un valico di montagna dove potersi riparare dai disagi della tempesta. Quella interiore che ti sconvolge e che ti impedisce di mantenere lucidità e serenità di valutazione e di pensiero. Ecco, io ero proprio come in una tempesta, e non potevo scappare sulla mia linea di confine, perché vi ero proprio sopra. Ne avrei avuto bisogno di un’altra ancora. Lei aveva però ragione. Non si può solo fuggire. Dovevo riuscire a coniugare i miei binari in modo costruttivo. Non bastava la semplice fuga. Troppo facile. Avrei dovuto provare a materializzare un embrione di idea, a trasformarla, darle una fisionomia, e poi farne cosa reale, o di emozione o di utilità. Mentre riflettevo su come trasformare un’idea, lei, come sempre aveva già fatto, mi anticipò e riprese a parlarmi:

«Io so come lei avrebbe trasformato un embrione di idea, in idea, e poi in qualcosa che potrebbe essere reale, se fosse stato avvezzo a intrecciare i binari nel modo giusto. Ma può riuscirci, e ci riuscirà. Ora le mostro cosa avrebbe disegnato se avesse trovato nel suo immaginario di artista, la giusta vena per toccare la sua fantasia nei punti giusti. Per portarla a rappresentare su carta le trasformazioni dell’idea verso una figura irreale ma plausibile. Per consacrare essa nel reale. Rappresentata dall’iconografia che lei ha della trasformazione dell’idea verso il reale plausibile».

Mi aveva completamente confuso. “… Per consacrare essa nel reale. Rappresentata dall’iconografia che lei ha della trasformazione dell’idea verso il reale plausibile”, … che cosa diamine voleva dire? Certo, era davvero cosa complicata capirne il senso. Ma, mentre cercavo di districarmi nello scioglilingua mentale dei possibili significati, … ecco che mi porge un altro disegno. Ero curioso di vederlo e di capirne il senso.

«Si chiama Trasformazione», mi disse, «… la trasformazione delle sue idee. Quello che lei avrebbe disegnato se fosse stato capace di mettere insieme quanto vede dalla sua linea di confine riguardo alla “idea” e alla sua trasposizione nell’immaginario e nel reale».

Era un disegno che aveva  …

Tratto dal romanzo dell’Autore “Linea di Confine” pubblicato da ARACNE Editore

48 Commenti

  1. Cara Giada,
    sono davvero contento che mi abbia scritto e che abbia apprezzato la dedica che le ho inviato col libro.
    Mi auguro che il libro sia all’altezza delle aspettative che lei ha riposto. Credo che almeno dovrebbe essere in grado di offrirle un insieme di spunti di riflessione su molte questioni che accompagnano la curiosità di qualunque persona abbia la sensibilità e la consapevolezza di capire quale miracolo abbiamo la fortuna di assistere noi che siamo “viventi” e senzienti, sballottati qua e là dalla passione e dalla ragione.
    Spero perciò di risentirla ancora e di ricevere le sue critiche, commenti o qualunque altra idea di dialogo e discussione.
    A presto risentirla
    Luigi

  2. Buongiorno!
    Le chiedo immensamente scusa se scrivo solo adesso. Tra problemini vari e problemoni di linea internet che non è andata per un bel po’ di tempo torno solo adesso e La ringrazio con tutto il cuore per il pensiero che ha avuto per me inviandomi il Suo libro e per la bellissima dedica. Ho già iniziato a leggerlo ed è ancora più bello di quanto potessi immaginare… Spero di finirlo al più presto e di raccontarLe quindi le mie impressioni.
    Grazie veramente di cuore
    un caro saluto
    Giada

  3. carissimo gino,finalmente eccomi con la convinzione d’ essere un’assidua ed affezionata frequentatrice dell’immaginario che ormai da sempre sostiene ed arricchisce il mio reale:ho avuto talvolta modo di rifletterci e sono arrivata alla conclusione ,forse superficiale,che “volare molto in alto”con la fantasia portasse troppo lontano dal mondo reale per riuscire a fecondarlo.Io sono solo una “banale”e comune mortale:e’forse questo che mi impedisce di percorrere profiquamente anche questo binario piu’adatto ad animi piu'”nobili”e creativi come scrittori,poeti,musicisti,pittori e cosi’via. . . ?E ancora:puo’la fantasia diventare il mezzo grazie al quale non superare mai la “linea di confine”e “proteggere”cosi’il nostro reale dal “rischio”del cambiamento? Attendo un tuo commento con trepido interesse sempre che tu ne trovi degno il mio. Un bacio forte.Ornella P.S.perdona i miei dilatati ritardi nello scriverti ma la postazione computer mi appartiene “sul serio”solo molto sporadicamente.

    • Cara Ornella, finalmente ho ricevuto il tuo attesissimo commento che, conoscendoci e stimandoci oramai da ben oltre trent’anni, era da me veramente desiderato.
      Riguardo le tue considerazioni sul fatto che la “fantasia” possa allontanare troppo l’uomo dalla realtà per poterne efficacemente fecondare le potenzialità non ancora espresse, io personalmente (per ciò che ho scritto e tu letto), credo che equilibrando le sorti tra “fantasia, pragmatismo e immaginazione” l’uomo possa sempre fare delle proprie fantasie la propria realtà e della propria realtà le proprie fantasie. Certo, ciò non è mai facile e non riesce frequentemente, ma questo è proprio ciò che poi dà gusto, tensione, colore e intensità alla vita.
      Non so se il mio libro tu lo abbia letto tutto o meno, però la risposta alla tua seconda domanda la trovi proprio nel libro, nella sua interezza. La “linea di confine” non è una linea che possa essere superata, è come lo spazio del nostro universo: una 3-sfera che non ha “bordi” pur essendo uno spazio finito (lo immagini lo spazio che viviamo come una superficie 3-sfera compatta senza bordi?). Pensa, dalle prime intuizioni dei pitagorici fino a C. Colombo sono occorsi molti secoli prima di accertare che la Terra fosse sferica e non cilindrica né a forma di ciambella. La fantasia deve rubare tempo alla realtà, deve portare in essa qualcosa che è già suo, ma abilmente nascosto nelle sue pieghe.
      È la “fantasia” che ci ha permesso di astrarre le geometrie che i comuni nostri sensi umani, coi quali percepiamo la realtà euclidea, non erano in grado di poterci figurare né tanto meno spiegare. Ecco allora, la “fantasia” essere un ingrediente fondamentale per costruire la realtà, anche quella inimmaginabile perché non percepibile. Se si volesse sempre avere “i piedi per terra” probabilmente non si avrebbe mai modo di cogliere la bellezza più bella, quella più nascosta della realtà che viviamo e che solo chi è dotato di “fantasia” riesce prima a configurare e poi a portare nella realtà del quotidiano per, infine, renderla fruibile a tutti.
      Penso alle meraviglie del cosmo, della biologia, della matematica e dell’arte: allo “spazio-tempo” curvo di Einstein (te lo immagini tu il “tempo curvo”? – altro che fantasia!!), ai viaggi, prima con la mongolfiera e ora spaziali, e forse, domani, nel tempo … Penso alle meraviglie che son seguite alle scoperte di Gauss delle geometrie non euclidee. Ma penso anche a un Van Gogh coi paesaggi con più soli, all’inferno di un Dante e al suo Paradiso senza bordi, una 3-Sfera dalla sommità della quale, nel nono cielo, egli poteva con Beatrice osservare la metà dell’Universo attraversato già e l’altra metà dove risiedevano tutte le schiere di angeli. O, ancora, penso alle meraviglie di un Gaudì che progetta la cattedrale del Sacro Cuore ribaltando il “poligono delle forze peso”, ribaltando, cioè, le forze che trattengono le masse al suolo e dando così alla sua opera l’impressione di una chiesa che parta dalla Terra verso il Cielo. Insomma, è la “fantasia” l’unica componente capace di rubare alla stessa realtà la meraviglia, l’incanto, l’inquietudine e lo sconcerto presenti già in essa ma abilmente nascosti sotto le sue coltri, come veli che lasciano immaginare la realtà più bella ancora di quanto essa realmente sia (pensa al “Cristo Velato” nella Cappella di S. Severo)).
      Ecco, allora, che la “linea di confine” è reale, è quanto permette all’uomo di possedere la propria fantasia, la propria sensibilità, emozioni e sentimenti senza dover barattare nulla né con la realtà né con la ragione perché è proprio lì, sulla “linea di confine”, che avviene questo incontro creativo per l’individuo ma patrimonio della intera specie umana.
      A presto risentirti e non mancare.
      Affettuosamente, come sempre
      Gino

  4. Caro Luigi, visto che le promesse vanno mantenute e che io considero tali anche le minacce…ed avendoti intimato un “chi la fa la aspetti”, in occasione del tuo super-commento di replica al mio libro “L’Uccello Rapace”, sempre su questo nostro meraviglioso Blog,ed avendo terminato la lettura del tuo “Linea di Confine, eccoti servito:

    Le tue parole a proposito dell’effetto della lettura sul tuo protagonista sembrano scritte per me e per tutti i tuoi lettori con affinità simili alle nostre: “La lettura sembrava avesse la dote magica di dargli serenità e distensione”.
    Leggere il tuo libro rientra in questa categoria di potenzialità di un’azione; potenzialità che coesiste e sfuma in quella del contenuto “ready-made” che il lettore (=me) si è trovato di fronte.
    Ma, da questa tua opera, io ho ricavato un valore aggiunto, per descrivere il quale devo ancora citarti, per spiegare che essa ha reso per me evidente che non è solo mia “la necessità di rendere concreto e reale quel qualcosa che gli (=mi) mancava. Era (=ero) tormentato (=a) dal desiderio di poter intera- gire con qualcosa che potesse sublimare il suo (=mio) desiderio di possedere il bello del vivere e di essere capace di esprimere questo mio bisogno”.
    Ho esultato nel vedere che anche tu ci sei riuscito…Hai saputo “portare nel reale gran parte della propria fantasia e dei propri sogni”, coniugandoli con lo stesso amore che io provo per la natura tutta, con le “emozioni che essa genera a confronto della grossolanità offerta dal piacere effimero della materialità insita nella maggioranza delle azioni quotidiane”.
    Come vedi, quasi tutto ciò che ho scritto fino ad ora per te è composto dalle tue stesse parole, che ho semplicemente modulato secondo il mio ritmo interiore. Ritmo che evidentemente ci accomuna, come, credo di capire, anche un certo stile di vita o, almeno, le aspettative che di solito inducono alla “fuga” dalla metropoli (sono fuggita da Roma sette anni fa) verso la propria “linea di confine”.
    Fino a prima di leggere il tuo libro e di apprezzare la tua terminologia, ero solita pensare in termini non di fuga ma di ricerca del mio “iki”, cioè del mio “bello” e “buono”, il fenomeno di coscienza di cui parla Kyki Shuzo nel suo “La Struttura dell’Iki”, libro compreso fra le mie “Bibbie”.
    “L’Iki è seduzione -causa materiale- che ha compiutamente realizzato il proprio essere grazie alle cause formali costituite dalla tensione ideale e dall’Irrealtà buddista”: vi trovo una grande affinità con il tuo rifugiarti, con la fuga, nel tuo immaginario.
    Ed è proprio con quello che sei anche riuscito a “materializzare” la Voce narrante del mio “L’Uccello Rapace” (seguendo una tua funzione d’onda) ed hai deciso addirittura che essa possa avere qualcosa della sua autrice-creatrice.
    Perfino la tua visione della morte è non solo simile ma addirittura sovrap- ponibile alla mia, quando affermi che la dipartita dell’altro è l’amputazione di tutto ciò che ha costituito”il suo significato nella nostra semantica”…
    e che in questa rimarrà per sempre, aggiungo io.
    Ancora due parole sugli Angeli, presenze a me particolarmente care ma che credevo far parte quasi unicamente dell’immaginario femminile (escludendo me, che li ho non solo immaginati ma anche visti percorrere più di una volta anche la mia linea pragmatica).
    Mi piace la tua idea della loro materializzazione dovuta alla massa critica della nostra creazione mentale, anche se la mia idea è diametralmente opposta alla tua, questa volta, e li vede come Entità a sè stanti e costrette a prendere le nostre sembianze affinchè possiamo riconoscerli.
    Ancora tanti complimenti per il tuo libro e un caro saluto. PAOLA PICA

    • Grazie Paola, credo che tra le migliori gratificazioni che “chi scrive” possa ricevere da “chi legge” ci sia proprio quella di capire che il lettore ritrova nelle idee, nelle sensazioni e nelle riflessioni che scorrono in un’opera, parte di sé stesso e delle affinità che danno potenza motrice al suo sentire, pensare ed agire.
      Ci sono valori primari alla base del vivere umano che prescindono da qualunque possibile opinione. Scoprire una condivisione di vedute, idee, modi di percepire e sentire quanto questo mondo permette a noi umani è sempre un’esperienza piacevole perché irrobustisce gli spazi del proprio comunicare con “la vita” e fa sentire ciascuno di noi partecipe di un insieme di valori, di idee e di emozioni che sono al di fuori degli schemi usuali cui la maggior parte della gente vorrebbe ricondurli, semplificandoli e svilendone spesso i significati.
      Perciò, dico a te Paola, scrittrice, lettrice, donna, ecc, grazie di condividere, discutere, commentare, e animare qualcosa che è frutto del vivere, non di uno ma di tanti.
      Un caro saluto a te.
      Luigi

  5. ho letto il tuo libro ed è stata un’esperienza intensa, ma troppo breve! Si legge in un fiato ed ogni pagina regala un’emozione nuova! Complimenti ancora!

    • Cara Ilaria,
      non so se tu sia una delle Ilarie che mi avevano già commentato il testo breve del blog oppure se hai saputo del mio libro per passaparola o altro canale, comunque desidero ringraziarti tantissimo per il tuo graditissimo commento che, seppure fatto di due sole righe mi ha riempito immensamente di gioia perché niente di più bello che dire “si legge d’un fiato ed ogni pagina reagala un’emozione nuova” può esser commentato a chi scrive, che altro non vuole se non regalare e condividere proprie emozioni.
      Grazie per esser rimasta sulla mia sintonia ed aver apprezzato la mia scrittura fatta per scambiare emozioni coi lettori.
      Se dai alla Redazione il tuo indirizzo e-mail e li autorizzi ad inviarmelo ti inoltrerò copia jpeg originale del disegno di copertina dal titolo “Alice allo specchio”. Nella cornice del disegno (poco visibile sul libro) compare l’equazione matematica che ha ispirato parte del mio racconto, ovvero il “collassare della Realtà” in una sola delle tante possibili; quella che si concretizza in ciò che viviamo.
      Grazie
      Luigi

  6. I miei pensieri, le mie sensazioni, il mio stato e di conseguenza le note che seguono sono influenzati dalla condizione di lettore dell’intero libro e di collega dello scrittore e da quanto tale condizione evoca alla mia memoria.
    Leggendo ho avvertito di nuovo dentro di me la voce, a volte il grido, dell’essere umano che si è sollevato dalla lotta per la sopravvivenza, dalle necessità quotidiane che lo schiacciano a terra, che ha cominciato ad alzare lo sguardo, che acquisisce consapevolezza e dichiara a se stesso e agli altri che non vuole più percorrere il cammino della vita come un soggetto passivo della realtà, sottoposto ad essa, trascinato dalla corrente, che brama a dare un senso più elevato all’esperienza dell’esistenza.
    Questo essere umano, anche se ha preclusa la possibilità di conoscere, di sapere il senso ultimo, vuole sfruttare tutto quanto il creatore gli mette a disposizione, tutto quanto gli concede di intravvedere oltre, per raggiungere livelli di consapevolezza e coscienza, in sostanza di compimento, più elevati, per fare del cammino un’esperienza più completa, intensa; decide allora che lo strumento per perseguire l’obiettivo è quella “zona” dell’io che non è sui binari che lui stesso ha costruito per interagire con la struttura sociale in cui vive e con la natura, ma che è completamente libera e appartenente ad una sfera più interna, che, tra l’altro, rappresenta una finestra verso l’esterno della scatola in cui si trova, che consente di intravvedere la macchina di cui fa parte.
    Decide che la strada da percorrere è realizzare e realizzarsi, produrre un’emanazione di quell’io nella realtà, creare, traendo origine dalla sfera della fantasia e della creatività, ma concretizzando nel mondo tangibile in cui ci si muove, realizzare se stesso in modo non banale, attraverso il compimento delle attitudini e inclinazioni che emergono dalla parte più libera e creativa di se!
    Ovviamente, ma è utile ribadirlo, questo è uno dei messaggi, uno dei molteplici spunti, che traggo dalla prospettiva in cui mi trovo mentre leggo, la frequenza, per dirla come l’autore, che manda in risonanza i miei circuiti neuronali, che di conseguenza propongo.
    Credo che alcune delle tematiche descritte siano comuni a molte delle persone alle quali la vita moderna, il contesto sociale e lavorativo, consentono di poter pensare, concedono qualche cosa, ma non abbastanza da permettere la vera realizzazione di loro stessi come unità indipendenti dal tutto, il compimento della loro esistenza nel modo più nobile, perché le logiche che prevalgono sono quelle in cui l’individuo è comunque un ingranaggio di una “macchina”, senza coscienza, senza poesia e senza fantasia; la voce che prima dicevo è una dichiarazione di intenti, è un atto di volontà di chi prova e a volte riesce ad elevarsi, di chi ha risorse interiori per farlo, diversamente da chi si lascia andare allo sconforto, alla frustrazione e alla depressione, mali comuni della nostra società.
    Gli episodi, come quello intorno a cui stiamo scrivendo, mi è sembrato che alcune volte cerchino di spiegare troppo, di formalizzare ciò che appartiene alla “linea di confine” e quindi dovrebbe essere pieno di sottintesi e di allusioni, dovrebbe lasciare più spazio alla fantasia del lettore, spostare i sui pensieri sulla sua di linea di confine; rendendo i discorsi diretti tra i protagonisti meno vicini al linguaggio scritto, più spontanei e improvvisati, più imperfetti, fatti di parole e non di frasi, che nel parlato sono altrettanto incisive, sarebbe possibile ottenere come risultato che certi concetti siano derivarti gradualmente e maturarti insieme al protagonista dalle esperienze che vive nel racconto e non enunciati esplicitamente.

    • Caro Federico,
      un commento così bello, profondo, sentito ed esplicativo di quanto abbia avuto genesi e poi forma nel mio romanzo sarà difficile da riavere.
      La cosa che più ho apprezzato leggendo le tue parole è stata quella di scoprire che la storia narrata l’hai vissuta intensamente, l’hai vissuta realmente, e ti sei caricato a sufficienza per trovare e alimentare quegli spazi che, dovendo dare realtà ai desideri più nobili e umani capaci di coniugare in armonia la libertà interiore con il contingente del reale e del quotidiano, risiedono solo in quei territori intimi che appartengono al “sacro”. Quei territori “Dove gli angeli esitano” (ho parafrasato il titolo dell’ultimo libro incompiuto di Gregory Bateson completato poi, alla sua morte, dalla figlia). Tutto ciò che è “sacro” è caratterizzato da una forma di “Assoluto” che merita non solo il continuo rispetto umano ma vorrebbe anche una ricerca costante delle “forme primarie” più semplici e usuali, generatrici di tutto ciò che abbiamo la fortuna di poter assistere nel banale quotidiano … alba, tramonto, figli, persone, mare, monti … , con la consapevolezza di farlo e di poter sia soffrire che godere di ciò.
      Ti auguro con sincero affetto di essere una di quelle persone capaci di vivere in armonia con la propria “Linea di Confine” la quale non deve né essere né vinta né deve essere solo territorio di fuga. Già esser capaci di trovarla è un buon risultato, in tanti, forse in troppi, ne hanno fatto solo stringhe per le scarpe.
      Ti auguro di cuore una grande felicità
      Luigi

  7. complimenti all’autore che ha saputo raccontare le molteplici sfaccettature che si possono trovare in ognuno di noi…un viaggio molto interessante
    ilaria

    • Ciao Ilaria,
      Son contento tu abbia apprezzato il breve testo e colto quei tratti di significato che si ritrovano nelle pieghe di ognuno di noi facendo della nostra personalità una delle realtà più complesse dell’intero universo.
      Mi chiedo spesso se siamo più simili a ciò che sentiamo e che percepiamo direttamente di noi stessi, o se siamo più simili e veri a ciò che è nascosto nelle pieghe di noi stessi e che solo di tanto in tanto emerge su, regalandoci ciò che diciamo essere il meglio o il peggio di noi stessi.
      Un caro saluto
      Luigi

  8. Luigi,
    ho letto con curiosità la pagina sopra esposta.
    Mi ha molto colpito la storia dei tre binari, il pragmatismo, la fantasia e l’immaginario. Mi sembra una bella immagine per rappresentare quello che viviamo ogni giorno.
    Mi piace anche immaginare i momenti in cui c’è lo scambio e si possa saltare sull’altro binario, proprio come succede con i treni.
    Sono curiosa di leggerti.
    Auguri per ciò che desideri
    Maria

    • Grazie Maria per il piacere espresso nel tuo bel commento all’immagine che ho illustrato e che guida il nostro pensare e agire.
      E’ giusto quanto tu dici riguardo lo “scambio” e il passaggio da un binario all’altro: è in quei momenti che nasce l’invenzione, L’IDEA! E perciò, è in quei momenti che viviamo il massimo della tensione e del piacere della novità. Quando creiamo qualcosa andiamo ad attingere nel mondo un po’ platonico delle IDEE che poi corroboriamo della nostra realtà di uomini.
      Se avrai modo di leggere questo libro, un po’ fuori dai canoni della tradizione letteraria, sarò felice di ricevere i tuoi commenti e le tue critiche.
      Grazie e auguri anche a te di felicità.
      Luigi

  9. Un testo davvero particolare, di forte spessore e profondo. E’ vero che rileggendolo si hanno altre emozioni, si capisce il tutto in forma diversa e proprio per questo, a differenza di molti altri, credo che un libro debba essere letto più di una volta e ogni volta sarà un tipo di lettura differente, ci si soffermerà su alcuni aspetti sorvolando gli altri.

    Spero di avere questo onore e ancora complimenti.

    Stefania C.

    • Grazie Stefania per apprezzare l’importanza delle emozioni e la bellezza delle varie sfumature grazie alle quali ogni emozione è irripetibile. Così, il poter cogliere le loro diversità è la ricchezza che democraticamente appartiene ad ogni individuo, ricco delle proprie emozioni che riesce a cogliere dalla propria vita.
      Se contatta la Redazione e fornisce loro i dati necessari avrò piacere di inviarle la copia a lei dedicata.
      Arrivederci
      Luigi Catzola

      • Ho ricevuto il suo libro con immensa gioia. Grazie anche per la bellissima dedica. Lo leggerò quanto prima e Le farò sapere le mie considerazioni.
        Intanto complimenti anche per il disegno in copertina che leggo è una sua opera, davvero interesante.

        Saluti e a presto.

        Stefania C.

  10. Quando l’ostacolo e’ insormontabile, la fuga diventa obbligatoria. Ma non e’ la resa. Si tratta di raccogliere le forze per una battaglia migliore.
    Una battaglia che necessita – insieme – di fantasia, immaginazione e realismo.
    Solo mescolando sapientemente questi tre ingredienti, e’ possibile vincerla.
    Ma quale battaglia ?
    Quella per la felicita’.
    Gaetano

    • caro Gaetano,
      ha ragione “fuga” non significa necessariamente “resa” ma solo mossa tattica per strutturare opportunamente il proprio pensiero prima di muovere qualunque azione con certa determinazione, orientata verso gli obiettivi di felicità che ciascuno di noi si è posto.
      La battaglia per la felicità è continua.
      Difficile è anche comprenderne la dinamica, poiché ciò che crediamo ci possa portare la felicità agognata, è mutevole sia negli obiettivi che poniamo sia nella intensità di soddisfazione che crediamo di poter raggiungere. Spesso dimentichiamo che la battaglia che per essa conduciamo ci gratifica molto più di quanto possa poi regalarci il raggiungimento della meta desiderata.
      La vita si consuma per questo conflitto, anzi, essa è questo conflitto.
      Grazie Gaetano per offrire spunti di dialogo umani e per aver partecipato alla lettura del mio brano.
      Luigi Catzola

  11. Gentile Paola,
    ho veramente apprezzato il modo con cui ha espresso il suo apprezzamento per il brano tratto dal mio romanzo ed esposto nel Blog.
    Ha anche posto l’accento su un tema molto appassionante e intrigante che caratterizza non solo lo stile di questo mio romanzo ma anche il contenuto. E’ il tema dell’Autoreferenza, ovvero il riferire di un soggetto ad esso stesso, in una ricorsione che genera sempre nuove forme e nuovi significati. L’Autoreferenza è una delle forme in cui si manifesta la Complessità di natura, ad esempio il caso del codice genetico capace di generare le proteine per generare poi il codice stesso, oppure il caso delle “fughe” e dei “canoni” di Bach dove i segmenti melodici si invertono e si rincorrono generando così nuove armonie profondamente diverse dalle singole componenti. Il tema dell’Autoreferenza è un tema che affronto negli ambiti scientifici dei miei studi e ritengo sia uno dei più profondi problemi comuni a tutte le discipline umane e ai fenomeni di natura. Così nel libro sono fusi alcuni elementi di realtà con altri surreali che però danno senso alla realtà che diventa unica ma com molte chiavi di lettura, tra loro tutte connesse, che arricchiscono di ulteriore contenuto i significati di per sé già evidenti; ciò conduce praticamente a una continua rilettura del romanzo, o di alcune sue parti, per cogliere sempre nuove sfaccettature e significati che si accumulano via via.
    Se comunica alla Redazione i dati utili per la spedizione (titolo del libro e indirizzo postale) sarei veramente felice di farle dono del mio romanzo, se poi autorizza la Redazione a darmi anche il suo indirizzo e-mail sarei anche contento di inviarle una copia del disegno originale dal titolo “Trasformazione”.
    Ricambio la stima che è reciproca e le auguro un buon successo e soddisfazioni per il suo bel lavoro di scrittrice
    Luigi Catzola

    • Luigi, la ringrazio tantissimo del suo dono e le scrivo di nuovo, visto che la mia replica al riguardo deve essersi persa nella rete o, molto più semplicemente, nel cumulo virtuale di posta con cui stiamo inondando la Redazione di questo Blog meraviglioso. Anch’io le avevo offerto il mio libro da lei positivamente commentato ma, per ben due volte, la mia replica si è persa. Adesso sto aspettando disposizioni dalla Redazione, perchè non vorrei creare loro ulteriori problemi. Mi risentirà presto. Un saluto caro. PAOLA

      • Paola,
        sono felicissimo di sapere che potrà farmi dono del suo libro che mi ha incuriosito per la complessa personalità che ho percepito nei suoi personaggi.
        Ho anche contattato la Redazione, sia per autorizzare l’invio dei miei dati necessari a lei per la spedizione, sia per ricevere i suoi, necessari per spedirle il mio libro che son contento vada ad una persona di profonda sensibilità.
        Spero di poterla risentire e di poter scambiare i nostri commenti dopo la lettura.
        A presto risentirla. Per la simpatia che la contraddistingue le invio un saluto affettuoso
        Luigi

      • Anch’io le invio un saluto affettuoso e le confermo che sono in attesa di disposizioni. Non ho ricevuto i suoi dati nè conferma di ricezione dei miei da parte della Redazione. Ma la cosa essenziale è esserci “trasformati” da semplici autori su strade parallele in due autori che si sono incontrati ad un incrocio e si sono riconosciuti; non le pare? A presto,spero. PAOLA

      • Come già comunicato più volte via mail e qui nel Blog le abbiamo spedito di nuovo tutti i dati relativi alla spedizione dei libri omaggio. Forse la sua posta elettronica non funziona. La preghiamo di controllare. Grazie.
        La Redazione.

  12. Inizio dalla fine dell’estratto, perchè sintesi del tutto: a proposito del disegno intitolato “Trasformazione”, l’uso del condizionale in un periodo ipotetico dell’irrealtà, cioè”quello che lei avrebbe disegnato se fosse stato capace di…”,andrà sicuramente bene nella trama del romanzo (che voglio leggere al più presto),ma non nella dimensione del reale in cui lei si muove.
    In questa, che lei chiama “binario del pregmatismo”,lei l’ha di certo raggiunta, la TRASFORMAZIONE: da uomo “normale” si è “trasformato” in scrittore e non c’è riga del suo brano che non significhi proprio questo. Lei ha trasformato le sue idee in linguaggio, per giunta scritto, pari e più preciso di quanto potrebbe essere un disegno, che non potrebbe avvalersi della funzione del semantico nel semantico, come la parola scritta.
    Questa, infatti, si fa segno inconfutabile del proprio significato.
    Luigi, la apprezzo davvero per la sua capacità di esprimere il processo di trasformazione che si attua nella mente dello scrittore.
    Con stima. PAOLA PICA

  13. Il mio non è un commento…..è una replica di pensiero!

    “Linea è il mio nome, il mio vizio oltrepassare i miei stessi confini,la mia forza pensare ad altre strade possibili….sempre”.

    Oltrepassare….la non realtà

    Il mio coraggio è non definirmi ma vivermi.

    Caro Luigi sei un GRANDE!!!

    Un abbraccio
    Maurizio

    • Maurizio,
      Ogni Linea delimita “qualcosa” alla quale tendiamo ad attribuire un significato, necessario a sperare di poter governare quel “qualcosa”.
      Per attribuire significato cerchiamo chiavi per la comprensione.
      La comprensione più difficile dell’ordine di natura che circonda la nostra realtà non è nelle sue regolarità visibili, ma nelle irregolarità che sollevano le eccezioni. Queste irregolarità definiscono una Linea: il confine della nostra conoscenza. L’unico modo che abbiamo per “conoscerLa” è viverla.
      Un caro saluto a te
      Luigi

  14. Un’ambientazione romantica per un’analisi intensa dei nostri pensieri. Mi sembra un testo molto interessante e che porta ad una profonda riflessione ed introspezione….molto bello!!!

    • Analisa,
      Nulla è scontato della nostra vita, chissà quante azioni che abbiamo appena svolto le rifaremmo diverse se ci fosse dato l’agio di doverne incontrare la possibilità. Guardare dentro di noi per guardar fuori sperando di comprendere ciò che ci appare come realtà.
      Ma … è poi quella la realtà?
      Un cordiale saluto
      Luigi

  15. Molto bello,una sorta di “Sliding doors” su quello che sono i nostri sentimenti inconsci,sulle nostre libertà nascoste,ma fino a che punto siamo padroni di noi stessi e della nostra vita?Uno specchio su noi stessi.

    • Caro Luca,
      nel nostro inconscio sono fuse quelle prospettive che permettono di definire la realtà vissuta come vero atto unico, ma completo di tutte le sue più intime sfaccettature.
      La vita di ognuno è sì unica, ma le infinite prospettive dalle quali può essere osservata e considerata ne fanno una verità inalienabile, patrimonio dell’intero universo in cui si è svolta.
      Grazie per gli apprezzamenti.
      Luigi

  16. Sono rimasta veramente sorpresa dall’interpretazione sempre diversa che si può dare ad ogni riga. Non sembra reale ma è vero, se poi ci si sofferma a riflettere sulla lettura con più attenzione. Intanto complimenti e spero di poterne ricevere una copia per leggere il libro intero.Grazie!

    • Cara Ilaria Luca,
      l’interpretazione è la collisione di ciò che viviamo con ciò che il tempo ha accumulato nella nostra interiorità. Questa collisione assume la forma del senso che attribuiamo ai significati. Questi sono perciò molteplici, perché il tempo ha lasciato sedimentare esperienze variegate e tutte tra loro relazionate. Pertanto, quando un brano sollecita, anche leggermente, sensazioni, eventi o riflessioni, che soggiornano nel nostro Io, siamo portati a coniugare la storia di quel brano con quanto è parte integrante del nostro Io e delle nostre esperienze e pensieri.
      Quando leggiamo e rileggiamo qualcosa che non spiega tutto, ma dà solo il “LA” iniziale, diventiamo noi i protagonisti di quel brano perché lo reinterpretiamo alla luce di ciò che il tempo trascorso ha sedimentato in noi: l’essenza più pura del nostro vivere, il nostro “pensiero”. Come ho detto nel commento precedente rivolto a Manual, il pensiero si è sviluppato in due forme complementari: la Ragione e l’ Emozione, che si confrontano su una Linea di Confine, quella su cui si sviluppa il vivere. Lungi, quindi, dal porre fine a codesto tenzone, l’augurio è che ciascuno di noi sia sempre all’altezza di mantenerlo equilibrato perché ne va della nostra vita.
      Un caro augurio
      Luigi

  17. Questo racconto mi dona il fascino di qualcosa tra il concreto e l’irreale, il fascino di un racconto senza tempo, fermo per essere colto e per farsi trasportare in una dimensione fatta di pensieri e suggestioni.
    Davvero bello.

    • E’ vero Manual, il romanzo si gioca tutto su una Linea di Confine, anzi, come un frattale, su molte di esse. Ciascuna, come tale, appartiene e non appartiene al Reale e all’ Irreale, è perciò difficile operare le giuste scelte, anche se irrobustite da attenta riflessione.
      Per tale motivo, questa Linea di Confine è il regno del “pensiero” quale nobile capacità di astrazione e di creatività, produttore di realtà concrete, tangibili.
      Lei scrive: “… un racconto senza tempo, …” Il Tempo è fermo? o forse è solo il risultato di trasformazioni di uno Spazio più complesso dei nostri sensi, troppo grossolani? È lo scorrere del tempo che ha permesso il formarsi della Vita, prima, e lo strutturarsi del pensiero, dopo. Il pensiero, come la vita, nasce da perenne instabilità. La vita è la ricerca di una stabilità negata, impossibile da raggiungere. Se la stabilità fosse raggiungibile la vita non si sarebbe mai affermata. Il Tempo ha offerto ad essa l’opportunità di poterci essere. È la sua evoluzione che ha poi affermato il pensiero. Esso si è sviluppato in due forme complementari: la Ragione e l’ Emozione, che si confrontano su una Linea di Confine, quella su cui si sviluppa il vivere. Come lei dice: “… la dimensione fatta di pensieri e suggestioni …”, è perciò la dimensione nobile del vivere.
      Un saluto affettuoso
      Luigi

  18. Avendo avuto la fortuna di leggere il romanzo intero da un paio di mesi, rileggere il brano è stato come rientrare da una porticina in un sogno (pieno di realtà) che emoziona e coinvolge…bello e fluido! La porticina va tenuta “accostata” così quando si ha un attimo…ci si può rientrare e riscoprire quanto sembrava già letto.

    Ancora complimenti!

  19. Molto bello questo brano, molto profondo…una sola lettura non è bastata. Invita ad una riflessione che magari aiuta anche il lettore ad “intrecciare i binari”.
    Grazie e complimenti sinceri!

    • Andrea,
      anche tu hai colto un altro elemento che caratterizza questo romanzo: occorre leggere più volte le stesse parti e individuare nuove prospettive da cui fare nuove riflessioni e considerazioni.
      Per usare una metafora, il romanzo è strutturato come una figura frattale (termine preso in prestito dalla geometria che studia la Complessità e che definisce una figura, o forma geometrica, come la ripetizione iterata di semplici regole per la sua costruzione). Ciò significa che le varie parti del romanzo permettono di portare alla luce forme variegate di significati diversi ma generalmente coerenti che nella loro unità danno il senso del significato complessivo del romanzo. Pertanto, solo “diverse” letture multiple possono avvicinare alla comprensione dei vari significati nascosti nelle varie parti del testo e nelle loro relazioni.
      Grazie a te per l’interesse mostrato.
      Luigi

  20. Forse avrò una visione un po’ troppo “mia”, ma leggendo il brano riportato ho subito l’impressione che il libro al quale esso appartiene sia uno di quelli che convenzionalmente si dice che “aprano la mente”. Penso che ci si trovi di fronte ad un lavoro in cui ciò che conta particolarmente è il non detto, quello che vive tra le righe, ciò che ognuno di noi percepisce da un racconto che vede altri come protagonisti, ma che se guarda bene potrebbero benissimo essere sostituiti con sè stessi e la propria coscienza, o perlomeno qualcosa che le si avvicina molto, come lo spirito del credere sempre nelle proprie capacità. E’ come un invito a spingersi sempre al di là dei pensieri, delle idee, delle fantasie, al fine di poter far sì che essi non rimangano inconsapevolmente relegati nell’interiorità, e che possano divenire accessibili per prima cosa a sè stessi, poichè è da essi che ci si può leggere dentro e trovare il senso giusto da fare seguire alla nostra esistenza.

    • Ciao Giada,
      hai colto il principale intento che muove il mio scrivere: non gestire la trama di un racconto solo, ma stendere i parametri giusti per lasciar emergere quella trama che è in ognuno di noi, diversa per ciascuno ma accomunata da tratti distintivi che la rendano umana e comprensibile da tutti.
      E’ un po’ come giocare con la matematica, il passaggio dall’aritmetica all’algebra: dal 3+2=5 ad x+y=z, il livello di astrazione è immenso e permette di trovare infinite soluzioni, la vita di ciascuno, poi, è la soluzione alla propria realtà.
      Complimenti per l’alta sensibilità e profondità di percezione avrei davvero piacere di regalarti copia del mio libro. Ti ringrazio anche per il commento molto bello e sentito.
      Ciao
      Luigi

      • Sono veramente felice e lieta di queste parole. E’ bello sapere di avere quindi rintracciato l’essenza del Suo scrivere, molto razionale ed allo stesso tempo rivolto ad un universo immateriale di sensi e rimandi che non sempre è facile cogliere anche quando lo viviamo in prima persona.
        Veramente complimenti sinceri per questo libro e per tutto, e Le auguro di tutto cuore che possa essere una grandissima soddisfazione personale, e già penso lo sia.
        Grazie lo devo dire a Lei. Sono davvero onorata del pensiero che ha di volermene regalare una copia, è un emozione grandissima e ne sono lusingata.
        Grazie ancora di cuore.
        Giada

    • Grazie Patrizia,
      hai percepito un punto chiave del romanzo: ogni pagina in cui viene alla luce un nuovo elemento della storia apre pure nuove questioni che covano nell’animo di ognuno … sempre difficili da derimere

  21. Tutto fa presumere che stiamo per entrare in uno dei tanti sogni del ragazzo…
    La protagonista femminile, al limite tra un essere umano e un’entità ectoplasmatica, mi è sembrata, fin dalle prime righe, molto presuntuosa: spero vivamente che nel corso del romanzo esca fuori qualche sua fragilità emotiva, qualche défaillance, altrimenti rischia di essere la classica maestrina “so-tutto-io-quello-che-dici-tu-è-sempre-sbagliato-faresti-meglio-a-tacere”.
    Ottima il concetto dei tre binari: anche io non riesco a percorrerli mai in modo congiunto (avete presente la classica definizione “avere la testa fra le nuvole”? Ecco. Io sulle nuvole ho una multi-proprietà). Chissà se è indicato il modo per superare questo distacco…
    Il nuovo disegno, me lo immagino, non so spiegare il perché, come un turbinìo di colori che si miscelano dando vita a delle spirali “impazzite”: blu, azzurro, rosso carminio, verde, giallo ocra…

    • Ciao M.Grazia,
      Mi fa piacere sapere che hai una multi-proprietà tra le nuvole perché vuol dire che siamo frequentatori degli stessi spazi dove fare lunghe passeggiate.
      Quanto presumi sul ragazzo: “entrare in uno dei tanti sogni” … è difficile dire se sia corretto o meno perché è difficile separare nettamente sogno e realtà. Infatti nel passo che hai letto del mio romanzo si dice anche: “La realtà è il patrimonio di esperienze che ci permettono di operare sul contesto che viviamo. Così, anche il sogno è realtà, perché ci permette di vivere e di agire, di mettere a frutto esperienze e idee, ci permette di passare dalle parole ai fatti. Se per poter sognare occorre affrontare la realtà, per governare la realtà bisogna poter sognare”.
      Il disegno che compare nel romanzo è però diverso da come lo immagini tu, se vuoi ti spedisco copia elettronica all’indirizzo e-mail che ho ricevuto dalla redazione.
      Se vuoi anche copia del libro credo che tu debba postare un commento entrando sul mio post dalla “Fiera del Libro per L’Estate” e la redazione mi darà gli estremi per l’invio.
      Grazie per il tuo interesse e per il gradito commento.
      Ciao
      Luigi

      • Ciao!
        Sarei lieta di ricevere via mail copia del disegno!
        Non sono molto esperta del mondo virtuale (devo ammettere che è stata un’impresa ardua postare un commento…), però ho letto che il concorso inizia il 1° giugno e termina a fine luglio: sicuramente inserirò un altro commento anche perché mi farebbe piacere poter leggere l’intero romanzo!

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