Su Staten Island sorgeva una nuova alba. Erano solo le cinque, ma nell’appartamento al quarto piano, al numero 20 di Richmond Avenue, le luci erano accese. Victoria, figlia di Don Giovanni Michele Pantaleone e di sua moglie Agata, era in piedi davanti allo specchio del bagno, dopo una notte insonne. Si osservava e sembrava vedersi per la prima volta. I grandi occhi marrone, illuminati da striature dorate, erano spalancati su un volto che non le sembrava più il suo.
Dalla morte di sua madre non era più tornata in quell’appartamento, ora tutto sembrava allo stesso tempo familiare ed estraneo. Come il suo viso.
Scoprì, con un tuffo al cuore, di somigliare alla madre come mai prima: gli stessi zigomi alti e pronunciati, lo stesso taglio degli occhi a mandorla, la stessa carnagione.
“E poi dicono che le femmine somigliano al padre!” pensò con tristezza.
Si passò una mano sulla fronte e le sembrò di accarezzare sua madre. Girò il viso, per evitare la propria immagine. Lo sguardo le cadde sulla spazzola posata davanti allo specchio, quale filo bianco e ondulato era ancora impigliato tra le setole. I capelli candidi di Agata. Sentì con dispiacere che stavano emergendo dentro di lei pensieri negativi e reminiscenze dolorose, ricordò con disagio il senso di colpa che sua madre era sempre stata capace di trasmetterle, e istintivamente si passò una mano sul ventre, in un gesto di tenerezza e protezione.
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Dal libro Il fallo ignorante di Adriana Maria Martino



