L’Isola a forma di Quaglia di Vittoria De Marco Veneziano

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Era ormai da due ore che una pioggia battente sferzava l’isola a forma di quaglia. L’acqua tambureggiava su tetti e vie. Colpiva le persiane delle finestre e scorreva in piccoli rivi lungo le grondaie. Quel ritmo costante diffondeva un profondo senso d’inquietudine.
Ogni volta che il fragoroso rumoreggiare dei tuoni si sovrapponeva, rompendo l’aria, Lilly – la barboncina dal pelo bianco – andava a raggomitolarsi, tremante, sotto le gambe di Vera.
Lei, seduta sulla sua poltrona posta accanto al balcone, leggeva.
Ormai, da quando lo Stato aveva deciso che era giunto il momento di andare in pensione, la lettura era diventata il suo pressoché unico passatempo.
Certo, aveva accettato l’uscita dal mondo del lavoro: “È la ruota che gira” si ripeteva “è inevitabile.”
Ma il disagio profondo, l’ansia, la latente depressione e il senso di inutilità la inseguivano da vicino. Le mancavano la sua scuola, le aule, le sale spaziose, i corridoi polverosi. E. .. più di ogni cosa avvertiva la mancanza dei suoi allievi. Il loro vociare e l’allegra confusione che scaturiva al suono della campanella. In quei momenti sembrava di stare sulla tolda di una nave, pronta a salpare verso paesi lontani.
Per superare il tedio del giorno aveva deciso di dedicarsi alla rilettura dei grandi classici del passato, per il piacere della ripetizione, la rilettura da un’altra angolazione (vuoi … i tanti anni alle spalle) e per la capacità di arricchirsi di nuove seduzioni.
E poi … com’era piacevole ritrovare quella intimità totale – quasi assurda – che lega il lettore all’autore!
La sua era una passione antica e lontana, nata la sera, allorquando, da bambina, la mamma si sedeva accanto al suo letto e leggeva ad alta voce le sue storie preferite. Lei, con religiosa attenzione, ascoltava la voce pacata della madre. Quelle storie le stimolavano la fantasia, moltiplicandone la curiosità.
Finché era bambina fu la madre a leggere per lei. Poi, da grande, dopo aver gustato il fascino della letteratura cominciò a leggere per proprio conto.
Era un suo bisogno e non poteva fame a meno.
I genitori non le avevano mai imposto la lettura. Al contrario, ne erano stati un esempio. La lettura faceva parte della loro gestualità quotidiana: un modo d’essere, un’esperienza di vita. Ciò dovuto anche al fatto che il padre commerciava in libri antichi.
I libri, anche di molto antichi – che il padre chiamava, amabilmente, anziani e mirabili monumenti – erano presenti in ogni angolo della casa.
Fin da piccola aveva scoperto quanto fosse meraviglioso toccare, sfogliare, annusare l’odore della carta: quasi un contatto sensuale. Apprese anche che leggere è una delle esperienze più appaganti che si possano fare perché apre infiniti mondi.
Dice bene Emily Dickinson quando afferma che “Non esiste vascello che come un libro ci sa portare in terre lontane, né corsiero come una pagina di scalpitante poesia. È un viaggio che anche il più povero può fare senza il tormento del pedaggio.
A scuola, Vera ispezionò ogni sentiero per condurre i suoi adolescenti allievi – spesso impetuosi ed eccessivi – al piacere della lettura.
«Sapete ragazzi» diceva loro «leggere è una delle esperienze più belle che un essere umano possa fare. È un mezzo per apprendere, per conoscere, per divertirsi. E poi quanto sarebbe povero e arido il mondo senza libri e senza lettura!»
Disinteresse totale.
Non era quella la via.
Aveva un nemico.
Il nemico numero uno del libro: la televisione.
La televisione che comporta la più inutile passività, perché ci regala la nostra dose di giornaliera finzione.
Invece leggere è un atto cosciente e responsabile.
Un giorno lei arriva in classe con un libro. Lo posa sulla cattedra e, dopo aver scrutato attentamente i suoi allievi disinteressati, con voce decisa si rivolge a loro dicendo:
«Ragazzi, questo libro è Madame Bovary di Gustave Flaubert … adesso inizierò a leggervelo ad alta voce» mentre parla lo mostra.
«Tutto quel libro?» chiede la ragazza del primo banco.
«Sì, tutto questo libro» replica Vera.
«Di che libro si tratta?» domanda uno con fare svogliato.
«È un romanzo.»
«Di cosa parla?» dice una voce dall’ultimo banco, con soave inflessione nostalgica.
«Occorre prima leggerlo. Tuttavia … posso anticiparvi che racconta una storia. Ma … in questo romanzo c’è tutto: il bene, il male, l’amore, il tradimento, la tentazione … si parla anche della morte. Pensate … c’è anche un elogio alla lettura!»
Detto ciò Vera, con movimenti calmi e decisi, apre il libro, sfoglia le prime pagine e inizia a leggere: « … le ore passano. Restando immobili si percorrono quei paesi che par proprio di vedere: e il pensiero, intrecciandosi con la finzione, entra con gioia nei particolari o segue il filo delle avventure. Si mescola ai personaggi: sembra che siamo noi stessi a palpitare sotto i loro abiti … »
Letto il breve periodo chiude il libro, volge lo sguardo ai ragazzi e prosegue:
«La protagonista principale, Emma, è come le donne d’ogni epoca che combattono per amore e per amore non finiscono mai di sognare.»
Qualcuno qua e là, tra i banchi, sorride. Alcune ragazze annuiscono. Una di loro, dai capelli biondi e fluenti sulle spalle larghe, segue ciò che Vera dice con attenzione quasi ipnotica. I suoi occhi luminosi brillano di commozione. Forse pensa ad un suo giovane amore.
Vera continua:
«Pensate ragazzi, dopo un immenso lavoro durato ben cinquantatré mesi ( … brusio degli spettatori) il romanzo appare nel 1856, a puntate sulla “Revue de Paris”. Il libro suscita scandalo. Flaubert viene accusato d’immoralità e processato. Tuttavia l’assoluzione e le critiche decretano il successo del libro, che è, tuttora, uno dei testi più letti nel mondo.»
I ragazzi sembrano … stranamente attenti.
Vera è presa dallo stupore. Prosegue. Lei sa, per esperienza, che niente si raffredda più in fretta dell’ardore iniziale.
«Dal cognome della protagonista, sapete ragazzi, scaturisce persino un nuovo termine: “bovarismo” che sta ad indicare una sorta di atteggiamento spirituale, di scontento nella sfera affettiva e sociale.»
Ovazione diffusa.
«Allora lo dobbiamo leggere … qui siamo tutti insoddisfatti!» affermano all’unisono gli ex indifferenti.
È fatta.
L’interesse sembra palesarsi in quei refrattari alla lettura.
Era meraviglioso sentire quelle belle voci, fresche e squillanti.
Le domande fioccavano. Dapprima tra le ragazze, forse perché loro – in quanto donne – sono portatrici della vita, e questo le rende abili nel saper cogliere ciò che è vivo e personale nell’essere umano. Sono empatiche, capaci di immedesimarsi in un’altra persona e scendere nelle pieghe più profonde dell’animo.
Dopo, anche i ragazzi posero dei quesiti, probabilmente sollecitati dal gusto del proibito, che ha il potere di stimolare curiosità ed emozioni ( … Flaubert viene accusato d’immoralità e processato ).
Vera risponde a tutti con meticolosa precisione. Poi, con voce sonora, limpida e chiara inizia a leggere ad alta voce.
Sì, ad alta voce.
Perché la lettura ad alta voce – tutto ciò è stato dimostrato – è un energico fattore di propagazione e contagio del sommo piacere di leggere.
Le parole sgorgavano dalla bocca di Vera come un fiume in piena e i ragazzi si ristoravano in esso. Avevano superato la paura. La paura di non comprendere. Quella che fa chiudere i libri ai ragazzi.

Non è forse una delle più grandi soddisfazioni del docente quella di essere riuscito a trasmettere al discente la voglia di leggere, di tuffarsi nei libri, di lasciarsi trasportare? O … magari sentirsi dire le stesse parole che J.D. Salinger, nel romanzo “I1 giovane Holden”, fa dire al protagonista: “ … quelli che mi lasciano proprio senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse un tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira … “.

***
Dal Cap. I – La paura di non comprendere del libro L’Isola a forma di Quaglia di Vittoria De Marco Veneziano

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Vittoria De Marco Veneziano

Vittoria De Marco Veneziano, nasce a Milazzo (ME) da padre siciliano e madre tedesca e vive a Siracusa. Dopo la nascita della sua unica figlia Maria, nata con gravi problemi cerebrali, si è totalmente dedicata alla sua cura ed assistenza rinunciando volentieri alla carriera, appena iniziata, di insegnante.
Ha scritto il primo libro “La farfalla dalle ali spezzate” per ricordare la figlia Maria: una meravigliosa ragazza disabile dalle virtù difficili e speciali rinata in cielo all’ età di 24 anni, e poi perché ritiene che ognuno di noi abbia il dovere di dare agli altri quello che può, magari soltanto la propria esperienza. Inizialmente il volume è stato prodotto e diffuso da lei. Ne ha distribuite, gratuitamente, circa mille copie a parenti, amici, conoscenti e non, sostenendo varie associazioni onlus che si occupano di persone con problemi di svantaggio fisico e psichico. Questo è stato un bel modo di onorare la memoria della figlia Maria. Come dice un detto buddista: “La candela è spenta ma la luce continua”. Il riscontro positivo, ricevuto da parte di chi lo ha letto, l’ha spinta a diffonderlo in modo più ampio, in particolare per il messaggio che il libro stesso contiene. È nato così il sodalizio con la casa editrice Erga edizioni che nel 2008 lo ha editato con una nuova veste grafica e arricchito dalle autorevoli introduzioni medico-scientifiche del Prof. Glenn Doman eminente fisiatra americano di fama internazionale fondatore degli “The Institutes for the Achievement of Human Potential di Philadelphia”, e del figlio dr. Douglas Doman, presidente degli Istituti Europei con sede a Fauglia (Pisa). Nella città di Siracusa, ispirati ai temi del libro, sono nati concorsi e mostre. Al libro “La farfalla dalle ali spezzate” è stato assegnato il Premio Speciale Testimonianza “Achille Siciliano” e il terzo premio Archivio Diaristico “La Lanterna Bianca.
Ha -ricevuto anche un importante riconoscimento ‘per il suo impegno a sostegno della diversità. Le problematiche della vita l’hanno tenuta lontano dalla carta stampata, tuttavia l’amore per i libri è stato parte integrante del suo vissuto. In seguito, poiché la scrittura la fa stare bene e le riempie la mente e il cuore, ha scritto il romanzo “L’isola a forma di quaglia” (Erga edizioni 2010) che nell’ambito del concorso letterario nazionale “Viareggio Carnevale” ha ricevuto il terzo premio, e una segnalazione di merito da parte della giuria del concorso nazionale “Kriterion”.

16 COMMENTS

  1. Ho letto ovviamente solo quello che il sito ci permette di leggere….complimenti.
    Scorrevolezza e particolari descritti in maniera ottimale fanno,a mio avviso, di questo romanzo un BUON LIBRO da leggere, apprezzare e conservare.
    Sara

  2. Da quanto ho potuto leggere, è emerso un grande amore per l’insegnamento e per i ragazzi, quindi ritengo questo romanzo anche didattico-educativo. Le citazioni istruttive scorrono piacevolmente e denotano nell’Autrice sensibilità ed una notevole cultura, esposta comunque in maniera leggiadra. Sicuramente per le sue vicissitudini ed per i suoi sacrifici dedicati all’amata figlia, è da considerarsi anche una persona “speciale”
    Veramente un bel libro, di quelli da tenere in vista ed a portata di mano, come un film che ci ha colpito e che non ci stanchiamo di rivedere.
    Anna Maria Campello

    • Cara Anna Maria,
      La ringrazio per le affettuose parole.
      Ha ragione quando afferma che “L’isola a forma di quaglia” è un romanzo didattico-educativo e, pertanto, da far leggere – per i valori in esso contenuti – ai giovani.
      Indurre i ragazzi alla lettura non è facile, anche perchè il verbo leggere non sopporta… l’imperativo, ed è sempre meglio l’esempio all’imposizione. Dipende tutto dalla famiglia. In genere, se i genitori leggono, anche i figli lo fanno; dovrebbero, per primi, spegnere TV e internet e scoprire insieme ai loro figli quanto è avvolgente e affascinante il piacere della lettura.

  3. le quaglie mi stanno simpatiche e trovo il libro molto interessante.

    Spero di poterlo leggere tutto e regalare anche a chi non lo leggerà le emozioni che ha suscitato in me…

    Sara

  4. E si entra in una dimensione fuori dal tempo con quest’incipit
    che narra la tristezza di un’insegnante in pensione, i ricordi
    in fila come perle di una collana, la perla della ‘lettura di un buon libro’,
    incastonata nella collana, a renderla di inestimabile valore!
    Forse sarà un romanzo d’amore… dico forse, perchè devo attenermi al
    brano letto… Di certo è il romanzo dei valori, del rapporto con i giovani,
    che si cementa con il cemento dell’entusiasmo quotidiano… E’ il romanzo
    che fa riferimento a Salinger e auna frase de “Il giovane Holden”, che rende
    piena l’idea di cosa può diventare un libro…
    Un testo rivoluzionario, quello della cara Vittoria per i tempi che ci troviamo
    ad attraversare. Tempi di televisione e di rapporti telematici. Tempi ‘liquidi’,
    che non danno spazio alla progettualità.
    Al di là della straordinaria missione di vita portata avanti dall’Autrice nel privato,
    il testo rivela la volontà di prendere per mano i lettori e di portarli sulla sponda
    della nostalgia di un lavoro svolto con profonda passione, della ferma volontà
    di non omologare gli alunni, ma di renderli giovani uomini liberi…
    Un romanzo che ci sprona a nuotare controcorrente, a riprenderci il tempo,
    le pagine scritte, che si scolpiscono nel granito del quotidiano, la gioia di
    immaginare… di sognare!
    Io sono commossa e non oso immaginare il seguito. Mi inchino!

    • Cara Maria,
      innanzi tutto La ringrazio per le sue affettuose parole.
      Lei mi domanda se “L’isola a forna di quaglia” è un romanzo d’amore…
      Io Le rispondo che non è solo un romanzo d’amore, ma un romanzo che parla d’amore. Di quel modo un po’ coraggioso, un po’ timido, in cui le donne amano e si lasciano amare in modo totale, come Vera, Edith e Mena.
      E’ un romanzo sul filo della memoria che ripercorre parte della vita di Vera – la protagonista principale – partendo proprio dal ’68, l’anno in cui esplose il mondo…
      In questo romanzo, come Lei avrà intuito, aleggia una presenza costante. C’è un protagonista silenzioso, un protagonista di carta che appare spesso, come un folletto: il libro.
      Io amo molto leggere. Prima di essere una persona che scrive, sono una persona che legge, che coltiva la dottrina “epicurea” del piacere della letteratura. Spero con il mio libro di aver trasmesso questo messaggio… soprattutto ai giovani.
      Poi c’è “l’isola” … un’altra protagonista silenziosa del romanzo. L’isola a forma di quaglia dove si svolge il cuore della vicenda e che dà anche il titolo all’opera. Quindi Ortigia: un’isola d’incanto, uno scoglio straordinario. Una stupefacente confluenza di fascino, storia, miti, dove non c’è via che non porti ad uno scorcio di incantevole bellezza.
      Verà, lasciando emergere i ricordi della vita, interrogandosi sui suoi meccanismi a volte insoliti e strani, porterà il lettore a riflettere sui grandi temi dell’esistenza: l’amicizia, il perdono, la spiritualità, il dolore, l’amore, la diversità.
      Temi, tutti, sui quali è bene, ogni tanto, soffermarci, prendere fiato e pensare.

  5. Cara Vittoria, quando hai scritto che sei sicura che il mio lavoro di insegnante è stato svolto, non solo con la mente ma…..anche col cuore, hai proprio colpito ” a segno”.
    Nell’anno 2001 ho scritto le tecniche che ho usato per il recupero dei bimbi dislessici. Ho raggiunto un mio metodo dopo aver ricercato molto tra le affermazioni di vari scienziati e le indicazioni che mi davano i bimbi stessi nel momento in cui riuscivano ad apprendere. Ho inviato le mie esperienze all’ospedale San Raffaele di Milano e, con mia grande gioia ,ho avuto l’approvazione di due primari.
    Mi piacerebbe inviarti i miei scritti, so che abiti a Siracusa ma non so il tuo indirizzo.
    Ciao Annabella.

  6. Gent.ma Vittoria
    non ho mai avuto piacere di leggere un suo libro, ma dalle poche righe che mi hanno appasionato nella lettura, penso che il suo modo di narrare sia molto delicato e fluente ma allo stesso tempo profondo e penetrante. Commento di un umile lettore quale sono.
    Complimenti.
    Sabato P.

  7. Non ho avuto il piacere di leggere il suo primo libro , ma spero di poter porre rimedio al piu’ presto l’amore richiede impegno e dedizione ma sicuramente la vita vale bene la pena di viverla anche solo per questo ho donaio amore assoluto a mia madre malata di alzheimer che per sette anni non mi ha riconosciuta ma che il suo sorriso mi ha ricompensata di ogni sacrificio
    Mi piacerebbe leggere il suo secondo libro e complimenti per la scrittura leggera e profonda insieme

    • Cara Paola,
      aver curato la sua mamma malata di alzheimer – con amore e dedizione – per ben sette anni, Le fa onore.
      Anche mia madre, negli ultimi anni della sua vita, si è ammalata gravemente. Prima il cuore, poi la leucemia. Spesso, in quel periodo della mia vita, mi ritrovai a riflettere su come i ruoli tra genitori e figli si invertono allorchè la natura segue il suo corso e i genitori diventano nostri figli. Tema che ho trattato nel mio primo libro. Certo, quello è stato un periodo molto difficile: in casa avevo due persone da accudire, mia figlia Maria e mia madre. E’ stato complicato, ma ci sono riuscita.
      Il Signore ci sostiene nei momenti difficili della nostra vita, ed io ne ho percepito la Sua continua presenza.
      Un carto saluto.
      Vittoria

  8. Cara Vittoria – Il mio modesto pensiero,per quanto riguarda il tuo modo di esprimerti,in senso letterario,lo conosci benissimo. Sei il massimo…Tale giudizio lo dimostra in modo chiaro e inequivocabile nella tua prima fatica: “L FARFALLA DALLE ALI SPEZZATE” – Un capolavoro – In un ipotetico concorso di un premio letterario, in qualità di giudice ,premierei quest’opera con la seguente definizione. ” MAESTRA DI VITA”:

    La seconda fatica: “L’Isola a forma di quaglia” mette in risalto la tua innegabile vena di consumata scrittrice e per questo ripeto le tue stesse conclusioni: PAGINE INTENSE CHE RISALTANO IL PATRIMONIO DELLA FORZA DEI SENTIMENTI CAPACI DI NUTRIRE LA VITA PER RENDERLA PIU’ VIVIBILE. Brava

  9. Ho letto con molto interesse sia la presentazione del libro ” L’isola a forma di quaglia” sia il profilo di Vittoria De Marco Veneziano. Cara Vittoria, io ho insegnato per diversi anni a bimbi affetti da problemi cereblali, durante il mio lavoro anch’io mi sono documentata molto leggendo libri di importanti scieziati. Sono riuscita a recuperare diversi bimbi dislessici, ne conservo ancora, con soddisfazione il ricordo.
    Ma i ricordi che mi rimangono più impressi sono gli occhi lucidi di lacrime delle madri, quando mi venivano a chiedere notizie sui loro figli.
    La tua bella Maria ti starà proteggendo ora e sempre dal suo cielo. Il tuo è stato un miracolo d’AMORE!!!
    Ciao Annabella

    • Cara Annabella,
      desidero innanzi tutto complimentarmi per il tuo lavoro di insegnante che hai svolto – ne sono certa – non solo con la mente ma anche con il cuore: questo è molto importante. Riguardo l’handicap credo che ognuno di noi – secondo i propri ambiti e i propri talenti – debba impegnarsi per abbattere le “barriere mentali” dure a morire; io lo faccio con la scrittura con la quale tengo, anche, viva la memoria di mia figlia Maria. Come recita un detto di Burkina Faso: “Una persona non è mai morta finchè qualcuno racconta la sua storia”.
      Grazie per le tue affettuose parole.
      Vittoria

  10. Ritengo che “L’isola a forma di quaglia” non sia solo un bel romanzo d’amore. E’ qualcosa di più. E’ un romanzo terapeutico. Aiuta a riflettere. In una società come la nostra dove prevale l’avere e il potere, in cui non conta più l’uomo ma solo il vantaggio personale, in cui si leggono libri dozzinali, ben vengano questi scritti.
    Io l’ho letto due volte e ogni volta ho scoperto qualcosa di me. Lo consiglio agli adulti e anche ai giovani.

  11. Leggere un bel romanzo d’amore fa sempre bene all’animo.
    Se poi é scritto bene fa bene anche alla mente.
    Questi pensieri ha prodotto in me “L’isola a forma di quaglia.

  12. Col libro sogni, con la televisione agogni.
    Dovrebbero tenerlo a mente giovani e anziani.
    Vittoria lo sa. E ne ” L’ isola a forma di quaglia ” trasmette l ‘ amore per la lettera.
    Che, al fine, e’ passione per la vita. Quella vera. Non arteficializzata da uno schermo.

    Gaetano

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