Fiocco di neve –
Fioccava, quella lontana sera del mese di gennaio. Sul selciato la neve aveva raggiunto l’altezza di circa dieci centimetri ed io avevo ventidue anni. Erano più o meno le dieci di sera mentre mi ritiravo dal circolo culturale che all’epoca fungeva anche da agenzia ideologica e unica risorsa per noi giovani del paese. La serata non era molto fredda, anzi il tempo s’era volto al scirocco: caratteristica naturale quando la neve prendeva il sopravvento e le strade si trasformavano in candidi tappeti di seta non ancora violati dall’incerto passo dell’uomo. Il paese dove sono nato, giace alle pendici della Sila, che conserva ancora alcune caratteristiche dell’antica dominazione Normanna.
Prima del secondo conflitto mondiale, in cima alla collina incombente verso il centro del paese, esisteva ancora un rudere risalente all’epoca di Federico II.
Ora, con l’evoluzione e il cosiddetto progresso, la collina è stata spianata, ed è stato realizzato un bellissimo nonché utile centro urbano dove si svolge una parte importante della vita sociale degli abitanti.
Contava circa ottomila anime, vi erano addirittura due Istituti bancari, nonché la cattedrale, fine XVII secolo, con l’annesso Seminario.
Il perimetro urbano, con l’andar del tempo si era sviluppato in tre diramazioni: dal lato est, aveva inizio la strada che conduceva a Camigliatello Bianchi (Sila); a sud est invece, la direttrice per il capoluogo di provincia; mentre a sud ovest la strada proseguiva verso lo Jonio, Corigliano e Rossano Calabro.
A 350 m.s.m., attorno alla collina si ramificava il paese su sette costoni, lungo i quali si estendevano i quartieri. Guardandolo dall’alto, il paese somigliava ad un gigantesco albero con sette grandi rami.
Paese ricco di agricoltura e anche di una piccola industria stagionale per la lavorazione dei fichi secchi. A quell’epoca era dominato da cinque o sei signorotti che avevano in mano tutte le leve economiche e civili, costumi di un persistente Medioevo e di una endemica miseria. Fin dai primi anni della mia vita fui ribelle a quel sistema. Vi era una grande industria di vasai che lavoravano l’argilla, con la quale venivano prodotti piatti, caraffe, ciotole, brocche e grandi orci per contenere vini e olii.
Fra i miei ricordi giovanili emerge ancora il fatto straordinario di quando la neve si accumulava, nei vicoli del centro storico e per la contiguità delle case, e la sporgenza dei rispettivi cornicioni provocava vere e proprie gallerie di ghiaccio tra i fabbricati.
Una sera stavo rincasando tutto incappucciato, quando poco distante dalla mia abitazione, nel silenzio notturno mi giunse all’orecchio un miagolio. Mi fermai e cessò. Ero appena entrato in casa, e stavo per togliermi il cappotto quando ad un tratto sentii quel debole richiamo avvicinarsi alla porta d’ingresso.
Incuriosito e forse sollecitato da un inconscio desiderio di avventura, e malgrado qualche mio tentativo, non riuscii a individuare il luogo dal quale proveniva. Mi precipitai ad aprire la porta.
Quale sorpresa: due ansiosi e lucenti occhi mi guardavano intensamente, erano quelli di un piccolo micio tutto coperto di fiocchi di neve simile a un gomitolo di candida lana.
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Dal libro Fiocco di neve di Guerino Iaquinta.