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Il mostro e i suoi mostrilli di Lidia Colla

– C’era una volta un mostro –
«Un mostro…?!» diranno i miei piccoli lettori. Sì, c’era una volta un gattino. Piccolo, piccolo così.
L’aveva trovato Giuseppe, mentre tornava a casa un pomeriggio di luglio dell’anno scorso, proprio il giorno prima di partire per la Turchia. L’aveva trovato, o meglio, si era lasciato trovare, come dice lui, a dimostrazione che si tratta di un gatto ‘con una marcia in più.’ Quando l’aveva visto trotterellare tutto solo sul marciapiede deserto, aveva cercato di accarezzarlo, ma quello si era subito nascosto sotto una macchina. Ripreso però il cammino, Giuseppe si era accorto di essere seguito.
Come in ogni pedinamento che si rispetti, il piccolo a volte si fermava. Per non dare nell’occhio? Attratto da altre piste? Certo: farfalle, formiche, fili d’erba, lucertole misteriose attiravano la sua curiosità; ma non quanto quel quarantasette di piede. Così il pedinamento continuava. «E quando si è trattato di attraversare la strada?» «Ormai era talmente vicino, stanco e desideroso di coccole, che si è subito fatto prendere. E poi non volevo che corresse altri rischi.» Così ora è in salotto il piccolo segugio, e noi intorno a guardare questa meraviglia tutta orecchi, il muso affilato, gli occhi piccoli e cisposi, la coda mozza. Starnutisce, è raffreddato, disidratato, denutrito. «Mio Dio, Giuseppe, è proprio un mostro! E poi abbiamo già tre gatte…» «Mamma, dove ci sono tre gatti ce ne possono stare anche quattro, non ti pare?» Il ragionamento non fa una piega. E poi come si può buttar fuori chi, in queste condizioni, sarebbe destinato a soccombere, e proprio mentre crede d’aver trovato casa, cibo e tanti amici, e se ne sta lì fiducioso, a prendersi moine e carezze? Intanto, fuori della stanza, il mondo delle gatte è in subbuglio. All’arrivo di Giuseppe, tutte si sono accorte del piccolo ospite, e ora, al di là dei vetri smerigliati, se ne possono distinguere le sagome e il dilatato luccichio, verde e giallo, dei loro occhi. Nella nostra ormai ventennale familiarità con i gatti, siamo tutti d’accordo nell’attribuire al piccolo un’età di circa tre mesi, con una possibilità di errore in difetto di non più di quindici giorni, considerate le particolari condizioni fisiche. Ora però si tratta di rifocillarlo… o piuttosto di rifocillarla, perché, a una rapida ispezione, risulta che il nostro trovatello è inequivocabilmente femmina.

– L’accoglienza –
Per prima cosa porto in salotto la ciotola dell’acqua, perché la piccola possa bere tranquilla. Poi la prendo in braccio e insieme entriamo in cucina. Le gatte sono tutte schierate in attesa: sia pure a distanza, annusano l’estraneità della presenza. Scatta l’allarme, e quando la piccola trotterella fiduciosa verso di loro per fare conoscenza, la miccia s’accende in un baleno. Prima reagisce Tigrata, la più vecchia di casa; ha sette anni. Si gonfia, ringhia, avanza minacciosa, ma d’improvviso si ferma e con due balzi salta sul piano alto del frigorifero. Semplice avvertimento? l’aura? Voglia di starsene tranquilla? Nerina invece parte decisa all’attacco, la bocca rossa ben aperta, le zanne in mostra. Non c’è scampo. La nuova venuta fugge, e ormai terrorizzata si nasconde sotto il lavello. In trappola! Nerina blocca l’uscita. Dispiaciuta di non aver saputo prevenire, cerco almeno di rimediare. Allontano Nerina e recupero il mostro, che subito incomincia a leccarmi… e ronfa.
Quando lo rimetto a terra, Grigina gli si accosta e lo esplora, annusandolo dalla testa alla coda. I nasi si sfiorano più e più volte, e infine si mette a leccarlo. È il segnale del riconoscimento e dell’accettazione, espresso dalla più autorevole del gruppo. La nuova arrivata non ha più niente da temere. Così dopo qualche giorno di semi-isolamento, per motivi non solo sanitari, viene presa sotto tutela da Grigina. A Tigrata non pare vero di continuare la sua vita tranquilla, appartata sui piani alti. Nerina, messa in minoranza, deve adattarsi, anche se non perde occasione per dimostrare la propria insofferenza, e che se potesse…
Inizialmente però, la piccola non resiste al richiamo del mondo esterno: fruscii, voci, rumori, cinguettii, attrazione di misteriose memorie; e per ben tre volte riesce a infilare porta e scale, e a sparire nel nulla. La ritroviamo sempre dopo qualche giorno, smagrita, sporca, ma vispa e trotterellante. E ogni volta e lei che ci viene incontro tranquilla, dopo tante nostre affannose ricerche; e mentre l’accarezziamo ronfa, e socchiude gli occhi dal piacere, ripagandoci dell’ansia delle nostre attese.

– L’adozione –
Quanto più il nostro piccolo mostro cresce, ci rendiamo conto che non è una gatta comune. Pronta, grintosa, ha veramente una marcia in più. L’esperienza vissuta fuori casa le ha lasciato però una grande voglia di carezze, un vuoto che lei è comunque decisa a colmare, a tutti i costi. Così quando riesce a farsi prendere in braccio, ronfa, si strofina, tende le zampine ad accarezzarci il viso, e soprattutto ci lecca. Naso a naso, umida di muco per questo raffreddore che non passa mai, e noi a dirle che le vogliamo bene, come a nessun’altra. Ma il grande rapporto d’amore è con Grigina. Si sono adottate a vicenda, madre e figlia. Grigina la lecca, l’abbraccia, la pulisce, le dorme accanto, e se c’è un solo vassoio di cibo si tira indietro, e aspetta paziente che la piccola mangi. E lei non risparmia certo tenerezze a questa madre, compagna di giochi e di avventure. L’unica. Il richiamo più seduttivo e irresistibile Grigina lo esercita con la coda, che fa oscillare gonfia e morbida.
L’estremità, quasi prensile, si snoda sinuosa oppure all’improvviso scatta, come serpe o anguilla. La piccola l’osserva incantata, la punta, cerca di afferrarla, l’insegue. Ma ben presto il gioco cambia e la coda, nervosa, batte ritmica il tempo o, sferzante, diventa un’arma.
Quella del mostro invece ha ben minori capacità espressive: le manca la punta. ‘Coda mozza,’ avevo pensato la prima volta. ‘Chi può essere stato così crudele?’ Invece poi scopro che è una coda con la punta ripiegata a uncino, rara, da alcuni apprezzata perché, quando il pelo si allunga, da luogo a un bel fiocco ornamentale. Grigina spesso provoca deliberatamente la piccola, in un crescendo di giochi e tenere baruffe; e a farle sperimentare tutta una tecnica di attacchi, reazioni, difese, non le risparmia certo zampate, morsi, abbracci bloccanti, divincolii. Ma quando decide che non si deve andare oltre, si erge d’improvviso, dominante, con tutto il tronco, e la guarda a lungo, severa. La piccola, ancora eccitata, dapprima risponde con uno sguardo di sfida, ma poi, non riuscendo a contrastare l’imperativo magnetico, l’autorevolezza di quegli occhi, è costretta a cedere, e si stende, appiattendosi al pavimento, in segno di resa.

***

Leggiamo e commentiamo insieme questo brano tratto dal libro Il mostro e i suoi mostrilli di Lidia Colla, recensito da Nicla Morletti nel Portale Manuale di Mari.
Ordina questo libro con dedica autografa dell’autrice al prezzo di Euro 8,50.

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