Lettera aperta ai giovani della mia città

Cari ragazzi,
che cos’è un libro ? Qualcuno, molto illuminato ha detto: “E’ la porta di un mondo che si apre, un invito a restare, a fermarsi in compagnia di una storia, dei suoi personaggi. A volte, un’esplosione di passioni e sentimenti e di eventi drammatici o felici. E’, infine, una traccia che ci portiamo dentro e che può anche cambiarci la vita.”
Ma, perché ci sia un libro, è necessario che ci sia un autore che lo abbia scritto e allora, che cos’è uno scrittore? E’ una persona di una certa cultura che ha avvertito l’esigenza di comunicare agli altri, con la scrittura il suo mondo interiore, le sue conoscenze, la fantasia, i pensieri, le sensazioni, le esperienze di vita ed infine, i suoi ricordi ed i suoi sentimenti.
Come nasce un libro? C’è un momento in cui la pagina bianca si copre d’inchiostro e si riempie di lettere, di parole, di frasi. che diventano, mentre le leggiamo, immagini, emozioni, significati.
Ciascuno di noi è “un libro”, un meraviglioso contenitore che, a volte, rimane chiuso per un po’ o per tutta la vita, se la persona che lo contiene non sa, o non vuole esprimere il suo mondo interiore. E questo libro immaginario, con il passare degli anni aumenta sempre le sue pagine registrando spesso, inconsciamente, tutti gli accadimenti della vita. Quando, invece, la porta viene aperta e l’autore decide di comunicare con gli altri, avviene il miracolo, perché non è calcolabile o immaginabile l’effetto di impatto e comunicazione sui lettori di tutto un universo di bellezza, bisogno di partecipazione, di racconto, di poesia e sentimento che esiste nell’animo di ogni persona.
Che la Storia, con i suoi libri, sia il racconto tramandato nel corso dei secoli, degli avvenimenti umani che hanno modificato l’assetto ed i comportamenti dell’intera umanità, è una cosa accertata. Essa, tuttavia, è anche il retaggio dei popoli, retaggio equivale a dire eredità perché costituisce il patrimonio spirituale, culturale, artistico ed etnologico di ciascuna comunità nell’ambito del proprio territorio.
Al di là del significato che ad essa si dà, in senso lato, la Storia comprende nel suo seno il cammino dell’uomo, dalla sua comparsa sulla terra fino ai giorni nostri, con le evoluzioni, le lotte per sopravvivere, il progredire in ogni senso della sua civiltà.
Non è senza significato, infatti, che gli uomini abbiano amato la propria storia, perché essa comprende anche le proprie tradizioni, la cultura, le caratteristiche antropologiche di un’etnia o di una regione, come appunto dicevo, un’eredità che proviene loro dal passato, vissuto e testimoniato dai loro progenitori. Un perpetuarsi quindi di attività, di espressioni, di passioni e comportamenti che, in definitiva, finiscono sempre col ricordare il passato, che viene sempre più spesso rivalutato e riportato, con una sorta di magico rituale, alla attualità di tutti i giorni.
Per ritornare, ora, al discorso storico che facevo poco fa, cosa sono le tradizioni di un popolo o di una comunità, se non il complesso delle memorie, notizie e testimonianze trasmesse con la scrittura o anche oralmente, da una generazione all’altra, con un revival periodico di riti, celebrazioni, manifestazioni e avvenimenti che appartengono alla storia di quella realtà sociale alla quale si riferiscono.
Il complesso di questi sentimenti e di queste attività comportamentali che si perpetuano nel tempo, sono un vero e proprio culto del passato e, più sono numerosi, ricchi e pieni di significati, più contraddistinguono il progresso civile e sociale di una comunità. Trapani è sicuramente tra le città che possono vantare ampie e svariate tradizioni, non fosse altro perché la sua esistenza si rifà ad oltre trenta secoli di vissuto.
Parlando di tradizioni, non c’è che l’imbarazzo della scelta: si può parlare di scienza, di religione, di arte, cultura, sport, laboriosità, ingegnosità ma, anche di ambiente, attività umane, risorse naturalistiche, pesca e attività marinare, opportunità ambientali, commercio e artigianato.
Cara Trapani… è il titolo di un mio libro, una falce mitologica ed antica protesa sul mare, estrema punta sud occidentale della penisola Italica, una città tra due mari: il Tirreno a Nord ed il Mediterraneo a Sud dove si estendono le bianche saline con i caratteristici mulini a vento che, dal punto di vista naturalistico ed ambientale, formano uno dei quadri più affascinanti del nostro paesaggio costiero.
Lo stesso titolo, seguito dai tre punti di sospensione, lascia intendere la confidenza, la familiarità, l’affetto, con i quali si dispiega il mio approccio ad essa come se le scrivessi una lettera e, nonostante mi sia sforzato di raccontare quasi tutto della sua storia, delle peculiarità del suo territorio e dei sentimenti che mi legano ad esso, tuttavia, qualcosa temo sia sempre rimasto in fondo al mio cuore e, forse, mi rimane il cruccio di non avere saputo rappresentare, fino in fondo, tutto quello che avrei voluto come aprendo uno scrigno della memoria.
Queste cose sento di dirle per il forte senso di appartenenza che mi lega alla mia terra e in particolare alla mia città. Stiamo parlando di “territorio” e, nella fattispecie, il nostro territorio, il significato di questo vocabolo serve a connotare, delimitandolo, una porzione di questa nostra terra di Sicilia. Il territorio è il luogo nel quale siamo nati, dove viviamo e custodiamo i nostri affetti più cari, dove voi, cari ragazzi, crescerete e diventerete parte integrante e importante della Società del futuro. Tra voi ci saranno gli uomini nuovi che gestiranno il futuro della nostra città: Medici, Ingegneri, Avvocati, Magistrati, Architetti, Scienziati, Poeti e Scrittori, Politici e Amministratori.
Dobbiamo amare il nostro territorio, la nostra città, e amare vuol dire difendere, preservare e rendere migliore, significa prendersi cura delle nostre tradizioni, dei nostri luoghi storici. E, se vogliamo veramente amare la nostra città, dobbiamo conoscere la sua storia, le sue origini, le sue tradizioni di cultura, di arte e di civiltà che ci vengono accreditate da tremila anni di esistenza.
Il territorio, infine, rappresenta il principale bene naturale e culturale di cui dispone ogni persona per vivere e migliorare la propria vita. E, tuttavia, “il territorio” non deve essere considerato strettamente soltanto come lo spazio occupato dalla città nella quale viviamo, la Scuola, infatti, fin dai primi anni cerca di educarvi ad una civiltà del viaggio e dell’accoglienza, e quest’ultima oltre a contenere i principi di ospitalità e di umanità, deve favorire la comprensione e l’integrazione sociale degli immigrati. Una civiltà, quindi, concepita come atteggiamento mentale e comportamento sociale volti a conoscere, accettare e ad apprezzare contesti umani, sociali e produttivi, diversi dal proprio.
Una gita a Segesta, a Selinunte o ad Erice, le vacanze nelle località balneari della costa o delle isole, una visita ad una fattoria, o a un vecchio “Baglio” di campagna, ad un’antica bottega o ad un moderno laboratorio artigianale, un’esplorazione in uno dei tanti centri storici della provincia, comportano un viaggio, un incontro di cultura, di conoscenze e di valorizzazione di un territorio.
Le nostre radici affondano oltre che nella nostra terra, nella nostra storia, la nostra cultura e le nostre tradizioni ed esse ci accompagneranno sempre nella vita, cercate di difendere sempre le vostre origini delle quali dovete andare fieri, cercate di imparare tutto quello che potete, dai libri, dalla cultura, dalla vita, dalla Scuola che vi formerà culturalmente e caratterialmente, dagli insegnamenti che ricevete, dalle esperienze, dalla volontà e curiosità d’apprendimento personali di ciascuno di voi.
Saranno importanti per voi gli esempi da seguire e gli obiettivi da raggiungere. Il vostro futuro dipenderà da quanto avrete appreso e fatto vostro perché, da sempre, chi più sa più conta nella vita e sa farsi valere ed apprezzare, per quello che sa fare e per il contributo di valori e di opere che può dare alla Società.

Vittorio Sartarelli

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