Epopea di Malo: da Quarto dei Mille al Pasubio, al fiume Don

La fine dell’eroe della Resistenza Domenico De Vicari, Alpino della “Julia” combattente sul fronte jugoslavo, fu agghiacciante, teatrale. Dopo l’episodio del colle Montepian – autentico “preludio” della Via Crucis che tre mesi prima, l’8 settembre 1944, il nostro Arciprete Mons. Bartolomei aveva promesso con voto solenne di edificare sull’erta del colle -, Domenico fu trascinato nella casa dei genitori in via Porto al Proa per l’ultimo incontro disperato con mamma e papà: continua la “Via Crucis”! Mamma Caterina strinse al cuore per l’ultima volta quel figlio martire, mentre papà Bortolo veniva strattonato dai giustizieri perché rivelasse il nascondiglio dell’altro “ribelle”: il figlio Giovanni Battista, sergente partigiano della Brigata “Battisti”, e dei suoi compagni di lotta. Deliranti raffiche di mitra contro il soffitto, a sigillare la volontà omicida dei nazifascisti. Unica possibile spiegazione di tanto accanimento contro questo giovane e la sua famiglia: il ferimento o l’uccisione – non si sa nulla di certo – di un camerata o nazista nello scontro a fuoco avvenuto il giorno prima in località Lambre. Domenico fu poi rinchiuso in un’aula delle Scuole Elementari di Via Loggia, inutilmente interrogato perché rivelasse i nomi di altri “ribelli”, riempito di botte e abbandonato per una notte intera in condizioni fisiche disperate. Il giorno seguente: sabato 2 dicembre 1944, i nazifascisti costrinsero gli abitanti di Malo ad uscire dalle loro abitazioni e a radunarsi in Piazzetta Vecchia. Vi si dovettero recare anche i familiari di Luigi Pamato, ancora ignari della tragica sorte del congiunto, ucciso nello scontro a fuoco di Lambre combattendo a fianco di Domenico.
A un tratto, nella tarda mattinata, Domenico De Vicari fu costretto a seguire i carnefici per il gran finale. “Was” (questo il suo nome di battaglia) si oppose con tutte le forze, ma dopo una disperata colluttazione fu trascinato a viva forza da una stanza del Bar alla Pesa, dove aveva atteso l’esecuzione, sulla piazza affollata di gente sgomenta. In quella stanza, fu poi trovata un’asse del pavimento riempita di sangue e con profonde striature dei chiodi degli scarponi che indossava, a testimoniare la sua estrema resistenza e le percosse inflittegli. Non voleva morire il nostro Domenico. Soprattutto non voleva morire con quel macabro rituale, davanti alla sua gente, ai suoi amici e parenti, che l’amavano perché era un giovane mite e buono, incapace di far del male. Domenico, con le ossa spezzate dal furore degli aguzzini, fu trascinato sotto il poggiuolo del Bar alla Pesa, issato su un tavolo e impiccato davanti alla folla piangente. Un urlo straziante… Mio padre, dopo l’efferata esecuzione, tornò a casa, a Molina, sconvolto: mai più lo vidi così. I carnefici, impettiti, esultavano alla macabra messinscena, che doveva servire da monito a tutti coloro che si opponevano al volere degli invasori tedeschi e al regime fascista della Repubblica di Salò. Silenzio. A un tratto, la folla si apre al passaggio di un sacerdote. È l’arciprete Don Oreste Bartolomei. Diafano in volto, terreo, si avvicina al giovane eroe che penzola dal patibolo. Gli prende con tenerezza i piedi. Li stringe fra le sue mani. Li bacia. Li benedice. La folla piange. Gli aguzzini ammutoliscono. Spianano i mitra, poi si fermano impietriti. L’uomo di Dio congiunge le mani e prega. Poi si inginocchia. Si distende a terra, il volto sul selciato, le braccia a croce. Rimane così, angosciato e implorante, per un interminabile minuto. Poi si alza e abbraccia ancora quell’eroico figlio del dolore con un gesto di lacerante pietà, come la Madonna col Cristo deposto dalla Croce. È il Padre che ama ed è pronto a morire per i suoi figli, per un figlio martire: Domenico De Vicari. Ne abbraccia l’anima. La solleva in Cielo. Davanti a Dio. Il Dio della pace e della libertà. Cristo è morto per la pace e la liberazione dell’umanità dal male. Domenico, povero, semplice giovane, cresciuto a Malo, paese dell’eterno rimpianto, è morto per la pace, per la bontà, per la libertà. Gesù, il Martire Divino, è andato incontro, in Cielo, al giovane martire terreno Domenico, che non voleva morire! Anche Gesù non voleva morire, duemila anni or sono, sul patibolo del Golgota.
“Padre, se è possibile, passi da me questo calice, tuttavia non quello che io voglio, ma quello che vuoi tu”.
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
“Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno”.
“Jesus autem iterum clamans voce magna, emisit spiritum”.
“Signore, che fosti respinto, vituperato, tradito, perseguitato, crocefisso, se cadremo, fa’ che il nostro sangue si unisca al Tuo innocente, a crescere al mondo giustizia e libertà”. (Teresio Olivelli)

***

Titolo del brano: UN ALPINO DELLA “JULIA” MARTIRE DELLA LIBERTÀ – DOMENICO DE VICARI: “WAS”
Dal libro Epopea di Malo: da Quarto dei Mille al Pasubio, al fiume Don di Silvio Eupani, recensito da Nicla Morletti nel Portale Manuale di Mari.
Prezzo: € 28,00Per ordinare il libro clicca qui

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