Il figlio di Laura

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Laura e mia madre erano sempre state molto amiche: medie insieme, liceo insieme… poi, per quanto le loro strade si fossero divise sia per lo studio sia nelle scelte di vita, avevano continuato a tenersi in contatto ed a provare un forte affetto l’una per l’altra, nonostante si frequentassero sempre meno e senza coinvolgere le rispettive famiglie nella loro amicizia.
Per quanto mi riguardava, Laura era stata per anni solo una bella voce che sentivo di tanto in tanto al telefono, finché invitò la mamma a casa sua per un the proprio il giorno in cui doveva accompagnarmi a comprare un vestito per una festa. Avevo quattordici anni, era la mia prima festa di sera e per nulla al mondo sarei stata disposta a rimandare quell’acquisto, quindi la mamma, per non scontentare nessuno, mi portò con sé con la promessa che avrebbe mantenuto entrambi gli impegni.
Fu così che conobbi Laura, una bella donna bruna, non certo appariscente ma molto affascinante. Aveva due figli, ma ne incontrai solo uno, dato che “quello grande” era andato a sciare con il padre. Ed anche l’incontro con l’altro, in realtà, non fu dei migliori: aveva alcuni anni più di me e si comportava come se fossi assolutamente invisibile. Non che me ne importasse molto: io ero solo interessata ad uscire da quella casa in tempo utile per acquistare il vestito nuovo e lui, oltretutto, mi metteva piuttosto a disagio.
La visita fu comunque breve e Laura tornò per anni ad essere solo una voce al telefono. Fino al giorno in cui le fu affidata per un breve periodo una nipote della mia stessa età, che aveva sempre vissuto in Svizzera con i genitori e qui non conosceva nessuno.
Io e la mamma fummo nuovamente invitate a casa sua, sperando che noi due coetanee facessimo amicizia. La ragazza in questione, però, fu presto colta da un attacco di appendicite ed evidentemente non aveva mai sentito delle buone critiche riguardo agli ospedali italiani, perché decise di ripartire ancor prima di conoscermi.
L’invito, comunque, ci fu ripetuto ugualmente ed io, che in quel momento stavo passando un periodo non brillantissimo, fui ben lieta di accompagnare la mamma. Fu così che rincontrai i figli di Laura, che nel frattempo aveva divorziato.
Sarà perché erano passati otto anni, e quindi le differenze di età sembravano indubbiamente minori, sarà perché io non avevo più la stessa aria goffa della prima volta, il ragazzo che mi aveva trattata come se fossi stata trasparente ora improvvisamente mi vedeva! Anzi, non mi lasciava sola un attimo: faceva domande sui miei interessi, lo studio, la cosiddetta “vita privata” ed alla fine mi chiese il numero di telefono; come se sua madre non lo avesse avuto!
Mi telefonò quella sera stessa e mi invitò ad andare con lui a bere qualcosa. Continuava a fare battute ciniche e taglienti, ed io stavo al gioco: in fondo non mi interessava particolarmente, non lo conoscevo affatto ed ero ben intenzionata a difendere la mia libertà; però era divertente giocare in questo modo, ribattere prontamente a scherzi e doppi sensi, cercando di apparire una “donna vissuta” per non soccombere ai suoi continui accenni alla nostra differenza di età.
Dopo un po’, però, il locale in cui eravamo divenne troppo affollato e decidemmo di uscire. Ma dove potevamo andare, di sabato sera, senza trovare troppa gente?
Cominciò a guidare, girammo un po’ per la città, ma la situazione era uguale in ogni locale: nubi di fumo, eccessivo rumore, impossibilità di parlare per conoscersi meglio. Non rimaneva che la macchina, così ci fermammo e riprendemmo le nostre chiacchiere.
Quando ormai, quasi delusa, stavo cominciando a pensare di essere uscita con l’unico uomo sulla terra che concepisse di uscire con una donna solo ed esclusivamente per amicizia, lui mi mise una mano dietro la nuca e mi attirò a sé deciso, per baciarmi, ed io per un istante sentii le vertigini, perché in fondo mi eccitavano moltissimo questi piccoli gesti di dominio da parte di un uomo.
Forse in realtà fu proprio solo questo gesto ad incantarmi, ma me ne resi conto solo molto tempo dopo. Mi lasciai andare ad un bacio appassionato ed ai successivi, finché bruscamente si scostò per rimettere in moto l’auto e riaccompagnarmi a casa, senza più parlare.
Giunti sotto casa mia, mi congedò con la formula di saluto maschile più gettonata, “Ti chiamo io”, che per un uomo può significare: non chiamarmi tu, non ci sentiremo mai più, non ho ancora deciso se voglio risentirti, se non ho di meglio da fare ti chiamo, ci risentiremo quando avrò più tempo; mentre per una donna vuol solo dire “Ti chiamo io”. Ed essendo io una donna, seppur sconcertata dal suo comportamento, cominciai ad aspettare che mi chiamasse lui.
Aspettai a lungo, senza risultato, sempre più confusa per il suo modo di fare ed ancor più per il mio: pensandoci razionalmente, continuava a non piacermi più di tanto, sapevo che non avrei mai potuto sopportare a lungo il suo sarcasmo, il continuo sottolineare la nostra non poi così abbondante differenza di età… e poi conservavo intatta la mia così preziosa libertà: perché mai continuavo ad aspettare ansiosamente la sua telefonata? Ecco i misteri della psiche femminile!
In ogni caso, non sono mai stata famosa per la mia pazienza nell’attendere lo sviluppo degli eventi: se non avvengono da soli, cerco un modo per provocarli. Così, dopo quasi due settimane presi il telefono e lo chiamai.
Avevo una gran paura che mi trattasse male, risentito per la mia iniziativa, invece mi parve contento, come se fosse del tutto naturale che lo chiamassi, e quasi si scusò per non essersi più fatto sentire, promettendo di richiamarmi per combinare di vederci nuovamente. Ma scomparve ancora.
Ero sempre più sconcertata e non sapevo con chi parlarne. Volevo che mia madre rimanesse fuori da questa storia, visto il suo legame con Laura, ma allo stesso tempo non avevo nessun altro, in quel periodo, con cui potermi confidare, perché la mia migliore amica si era fidanzata ed era sparita nel nulla.
Alla fine, dopo altri venti giorni, piena di dubbi, lo chiamai un’altra volta.
Di nuovo, sembrò lieto di sentirmi. A quel punto, però, gli chiesi apertamente se facevo male a continuare a cercarlo, perché dato il suo comportamento avevo quasi l’impressione di rendermi ridicola. Evidentemente, la mia domanda diretta smosse qualcosa in lui, anche solo il desiderio di dimostrarmi che sbagliavo, visto che il sabato successivo mi richiamò proponendomi di uscire: doveva andare a fare delle commissioni per la madre e voleva comperarsi una giacca e mi chiese di accompagnarlo.
I suoi impegni li sbrigammo abbastanza rapidamente, poi andammo a casa sua per consegnare la spesa. Ma Laura, stranamente, non c’era: ma come, avrebbe dovuto aspettare ed invece era già uscita… oltretutto, avrebbe cenato fuori. E per combinazione anche il fratello più grande era via per l’intero fine settimana. Le combinazioni della vita!
Per un attimo, mi sentii fortemente a disagio, ma mi resi conto che lui non avrebbe mai approfittato della situazione senza il mio consenso, anche solo per una forma di rispetto per le rispettive madri.
Anzi, per un po’ non mi considerò neppure, tutto preso com’era a mettere la spesa a posto. Poi, mi invitò ad andare in camera sua a vedere una stampa che aveva acquistato da poco. Infatti, avevamo scoperto di avere in comune la passione per le fotografie in bianco e nero, sia i paesaggi, sia le scene animate.
In camera si accese una sigaretta e mi invitò a sedermi. Dalla scelta del posto potevano dipendere molte cose, ossia gli avrebbe fatto capire le mie intenzioni. C’erano solo una sedia accanto a quella su cui era seduto lui ed il letto… nell’attimo di indecisione che ebbi, attardandomi a guardare la stampa, uno splendido profilo di donna in controluce, lui mi venne accanto e come quella prima volta mi mise una mano sulla nuca e mi attirò a sé, per poi spingermi quasi impercettibilmente verso il letto, mentre mi baciava.
Quel gesto e la sua decisione mi stregarono un’altra volta e mi lasciai andare ai suoi baci, alle sue carezze, finché si bloccò per chiedermi se il sesso avrebbe significato doverci fidanzare.
No, non avrei certo preteso una proposta di matrimonio! Anche se ovviamente avrei gradito che poi non sparisse più come aveva fatto in precedenza, ma questo non ebbi il tempo di dirlo.
In quel momento mi sentivo forte, appagata: era solo sesso, senza coinvolgimenti emotivi, senza costrizioni, nel più assoluto rispetto della mia amata libertà: potevo comportarmi come un uomo, libera da quei condizionamenti sociali che limitano l’attività sessuale femminile ai rapporti stabili. Quell’uomo mi attraeva e non avevo problemi a lasciarmi andare ad un’avventura senza complicazioni. Che idiota! Non avrei potuto raccontare a me stessa una menzogna più grossa!
Dopo, come avrei dovuto aspettarmi, non ci fu alcuna tenerezza da parte sua, solo un senso di imbarazzo che cercò di nascondere con delle battute più pungenti del solito, pronunciate con un tempismo tutto maschile, cioè nel momento in cui ero più vulnerabile.
Quando fui a casa, mi assalirono mille dubbi ed un’unica certezza: aver commesso un errore.
Per una volta, avevo seguito l’istinto anziché la ragione ed avevo fatto uno sbaglio enorme. Mi sentivo triste, amareggiata: ero convinta di poter tenere sotto controllo una storia come quella, una specie di avventura, ma evidentemente non era così.
Mentre gli uomini riescono a fare del sesso senza coinvolgere la sfera emotiva, avevo appena provato che per le donne non era possibile, o per lo meno per questa donna.
Il problema non era certo stato il “durante”, che era stato indubbiamente piacevole e non mi avrebbe dato il benché minimo rimorso: era stato il “dopo”, la mancanza più assoluta di tenerezza, sia fisica, sia verbale, il brutale distacco tra l’intimità dell’atto sessuale e la freddezza di due estranei che si rivestono.
Non avrei certo voluto una dichiarazione d’amore, che sarebbe suonata quanto meno fasulla, sarebbe bastato un bacio sulle labbra, una frase gentile, come “Grazie, è stato bello” e probabilmente non mi sarei sentita come una puttana. Invece era proprio così che mi sentivo. Ero vuota, triste e mi resi conto di essere totalmente inadatta alle avventure di solo sesso, perché evidentemente non ero capace di viverle in quel modo.
Come conseguenza, anziché lasciarlo perdere definitivamente, lui divenne per me una vera ossessione. Presi a telefonargli ad intervalli regolari, ogni due settimane circa, riagganciando imbarazzata ogni volta che mi rispondeva Laura. Ed ogni volta lui si dimostrò felice di sentirmi, parlammo a lungo e mi promise di richiamarmi quanto prima per combinare un nuovo incontro. Ovviamente non lo fece mai.
Alla fine, dopo un paio di mesi, spinta da una briciola di amor proprio che evidentemente ancora mi restava, mi decisi a chiedergli a bruciapelo cosa provasse per me. Dopo un attimo di silenzio mi disse che provava affetto, come per tutti i suoi amici. Forse solo a quel punto si rese conto di avermi fatto in qualche modo del male, sembrò veramente preoccupato che io, al contrario, fossi innamorata di lui ed io invece mi accorsi di non esserlo affatto, di non esserlo mai stata, di averlo trasformato in un’ossessione solo perché in quel periodo la mia vita era estremamente piatta, mi sentivo sola, senza amici e non avevo altro modo di passare il tempo se non pensando a lui.
Di colpo, io scomparvi dalla sua vita e lui dalla mia mente, e mi sentii come rigenerata.
Dopo le vacanze estive, improvvisamente fu lui a telefonarmi, come se fosse spinto da una forma di rimorso, come a sincerarsi che stessi bene, di non avermi fatto troppo male, e soprattutto che non lo odiassi. Stavo bene, quella piccola ferita che mi aveva inferto, o forse mi ero inferta da sola, si era rimarginata e non lo odiavo affatto: per odiarlo ora, avrei dovuto averlo amato prima!
Passò altro tempo, a volte ci sentivamo, parlavamo un po’ di tutto, molto liberamente. Lui riprese le sue battute ciniche e taglienti ed io ripresi a tenergli testa. Spesso mi chiedeva se avevo conosciuto qualcuno di interessante e quando finalmente mi innamorai risposi affermativamente e fui molto esauriente anche nelle risposte successive: aveva circa dieci anni più di me, viveva da solo, era già laureato e faceva il musicista.
“Allora sarà un artista!”
Colto nella sua voce un doppio senso che si riferiva a ben altra arte, mi resi conto che in fondo una piccola vendetta non sarebbe stata così fuori luogo e decisi di dare una piccolissima smorzata al suo orgoglio di maschio:
“Lui sì!” (*)

 

(*) Nota dell’autore
Questo racconto è piuttosto vecchio, l’ho scritto nel 1993 quando avevo 21 anni. Non ho mai avuto modo di farlo leggere, quindi mi permetto di proporlo anche se ormai non è più così vicino al mio stile.

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Fata Matta

Fata dalle ali leggere e cangianti, che si palesa nella notte per creare sogni incredibili e di giorno mimetizza la sua natura fantastica…
Strega di mille sortilegi, incantatrice e saggia o angelo tentatore…
Donna fin negli abissi più profondi dell’anima, totalmente e senza mezze misure, romantica s frontata, peccatrice e santa, dolce e inquietante… proprio come ciò che scrivo!

9 COMMENTS

  1. …mio Dio….provo vergona al posto suo….piu’ assisto a questo tipo di vicende e piu’ sono convinto di essere Gay….
    Amara ma efficace narrazione…cosi’ avvincente da risultare “interrotta” nel finale che arriva inaspettato…forse volutamente? come ha dimostrare finalmente che dopo la presa di coscienza c’e’sempre bisogno di una rivalsa , di un contro-trauma..
    Avvincente .

  2. Vi ringrazio moltissimo per i commenti: le vostre parole mi riempiono di fiducia e mi spingono a continuare a scrivere, cosa che per tanto tempo avevo smesso di fare!!!

    @ Marilena: non è molto dissimile, il mio stile attuale, ma probabilmente forse avrei omesso qualche dettaglio e usato altre parole… si cresce e le esperienze ci cambiano un pochino.

    @Luna70: Grazie, di cuore!!!

    @ Bastapoco: Sì, ammetto che la “piccola vendetta” letteraria mi ha dato una certa soddisfazione! 😉

    @ Nicla: Sono sinceramente onorata da un commento così positivo!!!

    @Mariamartina: Sì, scrivendolo ora sarebbe probabilmente meno “narrato”, ma non è detto che in futuro non riprenda questa storia. Grazie del suggerimento!

  3. Ottima l’analisi introspettiva. Forse, stilisticamente, troppo narrato. Sarebbe interessante riscriverlo, – l’argomento è interessante – facendo emergere pensieri e riflessioni da un vissuto, attribuendo il tutto a una lei, non a un io. Un caro saluto.

  4. “Il figlio di Laura” è un racconto
    scritto molto bene. Una storia vera, di vita vissuta, che racchiude un messaggio ai lettori.
    Quotidiane faccende di vita, cose che capitano, ma leggendo, alla fine, si comprende di più il vero volto dell’amore.
    Personaggi descritti nella loro autenticità e verità.

    Nicla Morletti

  5. Anche a me il racconto è piaciuto tanto, non puoi capire quanto mi sia immedesimata e quanti ricordi, ahimè, ha risvegliato.
    La “piccolissima smorzata al suo orgoglio maschile” è semplicemente geniale.
    Complimenti
    Antonella

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