Cosa può fare l’amore per una donna?

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Cosa può fare l’amore per una donna?  Può anche ridare lucidità alla mente annebbiata di un uomo in pieno deserto, risvegliandolo da un torpore che assomiglia tanto al prologo della morte.

Avanzavamo in silenzio sul costone che interrompeva bruscamente, a picco, l’altopiano, godendoci lo spettacolo del deserto sconfinato che spaziava sotto, alla nostra destra. Era uno spettacolo così suggestivo, nella sua spietata bellezza, che avevamo tutti  dimenticato anche l’insopportabile caldo secco che toglieva il respiro.

Era il tardo pomeriggio, ma v’era un cielo azzurro luminosissimo, tanto che s’aveva la netta impressione che vi fosse, acceso, un immenso riflettore posto dietro la volta celeste.

L’immagine del deserto, il quale si distendeva in basso, senza fine, annullava la sensazione, oltre che il raziocinio, del concetto di distanza.

Quella distesa sconfinata era terrificante ed ammaliante insieme. Avrebbe potuto trattarsi di metri, come di decine o centinaia di chilometri: l’occhio umano non poteva realizzare, e nemmeno ipotizzare, un calcolo, anche approssimativo, delle distanze.

I cammelli, una diecina in tutto, mantenevano un’andatura lenta, ma ritmica e continua.

Trascorrevano i minuti o le ore? Chi lo poteva dire senza guardare l’orologio!? Anche il tempo sfuggiva ad ogni controllo della mente.

Di tanto in tanto il vento soffiava con improvvisa furia, sorprendente per la sua forza immediata ed insistente, insinuando nelle nostre vesti la soffice polvere dai piccolissimi, infinitesimali, impalpabili granuli. Ciò mi costringeva a ripiegare sulla bocca la maglia che circondava, avvolgendosi su se stessa, il mio capo ed il mio collo; così come mi avevano insegnato a fare i carovanieri.

Dovevamo, anzi avremmo dovuto, perché nulla sembrava scontato, scendere gradatamente, costeggiando il precipizio, perché era previsto che, continuando verso oriente, avremmo  raggiunto, alla sera, una macchia di verde. Mi era difficile anche immaginarla, in quei momenti, una macchia di verde.

Venne un attimo, forse un attimo fatto di molti minuti, in cui, per me, la situazione aveva tutto di surreale, anche i miei pensieri, cui cercavo penosamente di aggrapparmi per confermare la realtà che sembrava essersi persa nella mia mente.

Allora provai a tentare di ricordare lo sguardo di Raffaella: chissà dov’era in quel momento!

Certamente era viva e stava facendo qualcosa, nella mia città in Italia.

Cercai con tutte le mie forze di immaginarla in piscina, mentre annaspava col suo modo goffo di tentare di nuotare, come fanno i bimbi con la ciambella.

Così affascinante il suo sguardo ed il suo volto, con la meraviglia di un bambino e quegli occhi così abili nel sedurmi allorquando mi chiedeva aiuto! Con l’innocenza dei malati che non accettano il male.

Dolcissimi i suoi grandi occhi che muoveva lentamente per evitare le vertigini, in acqua.

Dolcissime le sue languide e supplichevoli lamentele, allorquando mi descriveva il dolore “a cintura”, che partiva dai suoi lombi.

Dolcissima la maniera con cui mi conquistava con le sue sofferenze.

Anche lì, in quel deserto in cui la forte tentazione di mancanza di speranza, era l’unica cosa che non sapeva di surreale. Anche lì il ricordo del miele del suo viso riusciva a sedurmi, di nuovo ed ancora, in barba a quello spettacolo senza pietà, il quale sembrava porre due sole alternative: il nulla o l’infinito.

Soltanto il pensiero di te poteva dissolvere lo sgomento di quel deserto, perché io non esisto senza essere conscio che tu esisti. perché io posso considerare come realtà la mia esistenza soltanto se in questa realtà ci sei tu.

E’ per questo che m’hai tirato fuori da quell’esperienza in cui avevo perso la lucidità della mia mente. Ciò significa che io mi considero esistente soltanto se sono convinto che esisti anche tu. A cos’ è  servita questa mia fuga nel deserto, se io perdo la mia realtà qualora non sono certo che tu ci sei  da qualche parte in questo mondo? Io perdo me stesso, se perdo la certezza che tu sei viva e stai bene. Avrei potuto anche essere solo ed in fin di vita in quel deserto, ma non mi sarei smarrito fino all’ultimo istante della mia vita, se solo avessi pensato a te.

Da che cosa ero fuggito, decidendo di recarmi a fare il medico in Africa?  Che cosa avevo cercato di dimenticare? Quale aspetto della mia vita avevo cercato di modificare? Se non era cambiato nulla? Anzi l’abbandono psicologico che avevo esperimentato in quei minuti, in quelle ore, di surrealta’, mi aveva fornito, solo in apparenza casualmente, la prova del fatto che la mia vita, anzi la mia esistenza (poichè potrebbero essere vissute più vite in un’esistenza) era indissolutamente, necessariamente, legata alla tua esistenza.

L’energia d’Amore che mi legava obbligatoriamente alla tua esistenza, ne ero certo, partiva da Giulia, la bella, splendida donna, conturbante, fascinosa, esuberante nella sua fisicità sensuale, coinvolgente e protettiva nel suo sentimento travolgente ed assoluto nei miei confronti. Era lei, ne ero oramai sicuro, che mi dava la inesauribile forza di rivolgere tutto il mio essere al pensiero di Raffaella, anzi, per la precisione, allo struggente desiderio che Raffaella guarisse dalla sua malattia. Se Raffaella, in ragione del miracolo che ogni istante chiedevo al Signore, fosse guarita, l’incantesimo che mi legava a lei sarebbe svanito, così come avviene quando una bolla di sapone si estingue in silenzio, con semplicità e con naturalezza. Sarebbe allora svanito anche il grande Amore che Giulia mi riversava adosso? Chi lo poteva dire? Chi lo può dire? Ormai era tutto chiaro: il flusso di questo grande Amore partiva da Giulia ed, attraversando me, giungeva, con tutta la sua forza irrefrenabile, a Raffaella. Sarebbe finito tutto questo? Avevo terrore che ciò accadesse. Ed, insieme, in alcuni momenti, desideravo che tutto ciò svanisse, in specie quando avvertivo che questo transito d’Amore mi consumava, mi assorbiva, in ogni aspetto della mia psiche.

Io esistevo, ed esisto, solo in ragione di questa mia funzione di conduttore d’Amore? Mi sembrava proprio che fosse così.

***

Brano tratto da “Aspetti dell’amore” di Sabatino Di Filippo

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