La donna velata e lo straniero.

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    foto-immagine by Psiche/QueenIshtar
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    Cosa sei tu. Chi sei. Sei immagine riflessa sullo scorrere d’acqua di canale, dopo il cader di lacrime divine. Sei così leggero da perderti nell’effluvio d’acqua accalorata di sole. Tu straniero hai negli occhi la trasparenza dei ghiacciai perenni, ed il fuoco arde nel tuo respiro e nel taglio di occhi, mandorle nel guscio.
    Malinconia nel fluire di pensieri che scivolano via nelle mani, che stringono ancora nuvole. Ma è inverno straniero, la tua amata Primula non fiorisce nello sbiadire di luce traversa. E accarezzi con fantasie in crescendo, attimi di compassata passione rincorsa, ed avuta in giorni passati e roventi, di calura estiva. Ciò che è andato via per sempre, lo si ama sconsideratamente ma con il senno di poi. Lo sappiamo. La consapevolezza è figlia della solitudine. Di madre indegna, armata di pugnale di vetro, tanto chiara quanto tagliente, ma è l’unica via della coscienza. Ed ama gli impavidi di cuore. Come te.
    Perché straniero, perché ti accade. Perché le tue gote lisciate da carezze di donna, si irrigano di rivoli salini. Eppure non pare a me, che la pioggia scrosci ancora. Sei fiero nello sguardo, e nel mostrarti senza remora, a fiordi di strade popolate, mentre vaghi senza cercare. Tu non cerchi, tu chiami il suo nome. Non hai bisogno del vano inseguire, lo sai che verrà a te. I richiami profondi di due anime, non sono avvertibili, né sovvertibili ad orecchio profano che mai abbia ascoltato musica d’estatico martirio. Dolore voluto il tuo, desiderato, amato. La gola non proferisce suono, non serve, è arsa da desideri. Il cuore non ti batte in petto, non più. Cessata la tua vita, rimasta legata alla sua ombra per l’eternità. Ombra che si allunga con il venir del tramonto incombente, mentre la osservi da lontano. Ma è la mia. Non la Sua. Eppure disegna anch’essa la pietra spigolosa di tempi e glorie, e segue inconfutabilmente la legge della luce febea.
    I miei occhi, non sono belli come i suoi, o di più? Eppure sono screziati d’avorio nero, sono come la notte prolissa di stelle. E la mano che t’asciuga il viso umido di pianto, è delicata come velluto pregiato.
    Nelle mie chiome fluenti, sentori di muschio e pineta, ed il vento le tesse intorno al volto, al mio, che ti fissa mascherato da veletta di speranza.
    Tu mi conosci, il mio nome è vivo nei tuoi pensieri, ma non come il suo.
    Ed io ti conosco, so chi sei, e cosa sei. Ma sei Straniero al mio cuore. Cavalchi solitario le pieghe del mio sentire, come nelle più verdi praterie sconfinate, eludendo e non conoscendone la geografia. Non ti interessa, bevi senza aver sete, t’ubriachi del calice d’ogni sentimento. Come lupo segui l’istinto, e nella notte che viene, ti perdi in me, Straniero nel cuore e nell’anima. E si addormentano i tuoi pensieri, assieme all’ultima stella sul filo del mattino.
    E si risveglia con l’alba, l’invocazione del suo nome, ed il mio sperare, che mai quella voce a te risponderà.

    Psyché

    9 Commenti

    1. Sono incredibili gli orizzonti sconfinati che vengono aperti dalle tue parole…

      Sentieri di sentimenti e montagni di anime che si cercano…

      Un bacio

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