La siepe del biancospino di Adalgisa Licastro

La siepe del biancospino di Adalgisa Licastro, pubblicata la seconda edizione a cura di Manuale di Mari

La siepe del biancospino di Adalgisa Licastro, le aspre punte aguzze di tutte le possibili migrazioni

“La siepe del biancospino” di Adalgisa Licastro narra la storia di Almarina, una donna albanese che emigra in modo clandestino in Italia con la sua famiglia. Sarebbe fin troppo facile, persino banale, dunque, dire che è un romanzo quanto mai attuale. La migrazione di popoli è un fenomeno millenario, può essere “attuale” solo in una delle tante forme che assume nel corso della storia ma, di fatto, è eterno. Una condizione universale dell’uomo. Una categoria dell’essere. Siamo tutti migranti. Migriamo da un luogo all’altro nella nostra vita continuamente, siamo sempre in movimento. Siamo in vita, quindi ci muoviamo. E lo facciamo non solo da un luogo fisico all’altro. Ci muoviamo da uno stato psicologico e spirituale all’altro. In un continuo incessante sforzo di adattamento allo spazio fisico, mentale, immaginario cambiamo le regioni della nostra vita. Eccoci di nuovo alla vita. Il dato fondamentale, l’unico che abbiamo nella nostra ricerca del senso di tutto. E per scoprirlo dobbiamo viverla interamente la vita, perché la vita è la soluzione di sé stessa. Per farlo dobbiamo credere profondamente in essa, nei suoi valori, nella sua importanza. Dobbiamo abbracciare questa straordinaria avventura della vita con tutti i nostri sforzi, con l’impegno più ampio e incondizionato. Come fanno i personaggi di Adalgisa. Almarina affronta un viaggio pericoloso in mare, sapendo che può rischiare di morire, lei e i suoi cari. Maddalena che assiste nell’arca del centro di accoglienza l’umanità che il mare porta a riva e lo fa con tale “egoismo” nel fare il bene da trascurare persino la sua stessa famiglia. Ginevra non paga di una vita condotta nel lusso e in una condizione ricca di opportunità, pur di migrare verso una vita che la soddisfi e che la riporti ad avere stima di sé stessa, va incontro a un incerto destino.
La vita reclama sé stessa. Per darci risposte deve essere vissuta nel modo più pieno, più confacente alle nostre aspettative e questo non sempre, purtroppo, è una garanzia di felicità. Quell’immagine di “levità e di bellezza” che la vita ci mostra, come nella siepe del biancospino, “non esclude, tuttavia, l’asprezza delle punte aguzze delle sue foglie e la forza dei suoi rami.”
Forte, polisemica, luminosa immagine quella della siepe del biancospino, contrassegna tutti i momenti più importanti della storia e dà il titolo al romanzo. È quel “correlativo oggettivo” di cui parla Thomas Stearns Eliot, riferendosi al metodo con cui si conferisce a un oggetto specifico, una situazione o un evento la capacità di evocare in forma d’arte una particolare emozione. Ma questa, in una parola, è poesia. Buona lettura.
(Dalla introduzione di Robert, direttore editoriale di Manuale di Mari)

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