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I racconti del Cuore di Vittorio Sartarelli

Rimembranze

Ascoltare i “suoni e silenzi dell’anima” equivale a raccontare e decodificare tutto quanto è insito nella sensibilità di ciascuno, mettendone a nudo gli aspetti più reconditi e profondi. L’anima, principio vitale di tutti gli organismi viventi è, più specificamente, la parte immateriale ed incorruttibile dell’uomo, di origine sicuramente divina e considerata sede delle superiori facoltà umane, come il pensiero, il sentimento, la volontà, la coscienza morale.
Tutto questo ci induce a considerare, “i suoni”, le espressioni estrinsecate materialmente nelle varie facoltà umane, “il silenzio”, i pensieri, i sentimenti, i ricordi. Tutto quanto, in definitiva, attiene all’essenza più intima ed elevata di una persona, con il corredo della sua cultura, dell’esperienza, delle passioni e del suo intelletto.
Il silenzio, spesso, incute timore e, al tempo stesso si configura come un’esperienza che affascina. Perché incute timore? Perché ci rappresenta l’ignoto, ciò di cui non abbiamo cognizione e che, quindi, temiamo e, tuttavia, induce a guardarsi dentro, a fare un’indagine retrospettiva nelle profondità della nostra anima. Personalmente , mi è sempre piaciuto il silenzio, sarà perché sono piuttosto introverso e mi piace anche la solitudine. “Il silenzio è d’oro” dicevano i nostri avi e questi per esperienze e per saggezza, difficilmente sbagliavano. Nella mia vita ho sempre privilegiato il silenzio, sono di poche parole, parlo sempre il meno possibile e mai a sproposito, sono fatto così.
In silenzio si riflette meglio, si può meditare su ciò che si è fatto o su quello che si vuol fare e poi, si apre uno spazio segreto e molto privato che può avvicinarci a Dio con l’anima e la preghiera. Perché, poi, il silenzio può affascinarci? Perché esso ci appare come un luogo magico ed ancestrale, nel quale possiamo rifugiarci e dedicarci, al riparo da sguardi indiscreti, ad un faccia a faccia con noi stessi. Alla scoperta  dei meandri più oscuri ma, anche più eccitanti e sconosciuti della nostra psiche. A ricordare fatti, sentimenti e sensazioni, che hanno il contorno dolce e sfumato di cose che costituiscono le nostre “memorie” più care degli anni trascorsi.
Da questo punto di vista, il silenzio ci appare sempre più come un bene prezioso da custodire e difendere dall’incessante rumore di fondo che accompagna la modernità dell’uomo nelle sue giornate.
Le considerazioni sopra esposte mi portano a raccontare episodi ed aneddoti della mia più giovane età, partendo dalla prima infanzia, “memorie”, che sono rimaste impresse nella mia mente e nella mia anima, per un concorso talmente inscindibile di “suoni e silenzi”, che hanno permesso loro di fissarsi in modo sicuramente indelebile.
Della Via Garibaldi, altresì detta “La Rua Nuova”; della mia città, conservo diversi ricordi legati alla mia fanciullezza e, man mano, fino alla mia adolescenza e poi alla giovinezza. Il motivo dominante e giustificatore di questi ricordi è sempre ed essenzialmente di natura sentimentale ed ha costituito, nel susseguirsi degli anni, una costante degli accadimenti e delle attività della mia vita.
Questi ricordi, ordinati cronologicamente nel loro divenire, mentre costituiscono la memoria storica di un’epoca che ha dato la stura ad una serie di trasformazioni e di cambiamenti epocali, sono stati i testimoni dell’evoluzione costante dell’uomo e della società e, ancor oggi, il tempo dei mutamenti e delle sfide non sembra essere finito.
La mia nonna materna, era proprietaria di una casa ubicata proprio all’inizio della strada;  la nonna, assieme ad una zia, gestiva una rivendita di tabacchi, questa, poiché era l’unica nella zona, era sempre molto frequentata da un gran numero di clienti, giova ricordare che correvano gli anni ’40 ed io avevo allora circa cinque anni.
Dolce è il ricordo di quelle visite alla tabaccheria della nonna, la quale spesso e volentieri, fiera del suo nipotino, mi metteva a sedere sul bancone di vendita dal quale, intrattenevo, amabilmente, in conversazione gli avventori della privativa.
La casa della nonna, per un bambino, ha sempre un fascino speciale, quasi da favola; si trattava, in effetti, di una vecchia costruzione che si sviluppava su tre piani. Al terzo piano esisteva il salone di rappresentanza, lì, avvenivano i pranzi e le cene con tutti i parenti, durante le grandi festività.
Spesso sostavo a lungo su quel balconcino adorno di piantine sempre verdi e fiorite e mi piaceva guardare i passanti o il tram che transitava, fragorosamente, sferragliando sulle rotaie con il conducente che avvisava chi, incautamente, stesse attraversando la strada, con un campanello a pedale, molto caratteristico, dal suono metallico e ritmico che ho ancora negli orecchi.
Quel momentaneo fragore era l’unico rumore molesto che si poteva percepire nella mia città a quell’epoca la cui vita scorreva per quasi tutto il giorno in una apprezzabile quiete piuttosto  riposante
In quel salone c’era poi, per me, un’atmosfera particolare, l’aria delle feste familiari, quando tutti c’incontravamo trascorrendo insieme parte della giornata festiva. Quegli incontri, dei quali ho vivo il ricordo, avevano il sapore caldo e affettuoso delle vecchie famiglie patriarcali siciliane che, nella riunione conviviale, celebravano l’unità e il rafforzamento del vincolo familiare, con una ritualità di tradizione secolare. E i ricordi si affollano e ritornano alla mia mente, sempre silenziosamente, avvolti nella nebbiolina del tempo che è trascorso trasformandoci, tacitamente, quasi senza accorgercene, da bambini in uomini maturi e, alla fine, purtroppo in vecchi.
In quel contesto temporale della mia fanciullezza, esplose la seconda Guerra Mondiale, i ricordi di quel periodo non sono tutti belli, ce ne sono anche di brutti e spaventosi, legati alla guerra ed ai bombardamenti sulla mia città. Lo sfollamento per motivi bellici, fu un fenomeno di massa caratteristico di quegli anni, Tutti fuggivano dalle città, terrorizzati dai famosi “bombardamenti a tappeto” effettuati dalle famose “ fortezze volanti” americane.
Gli altri ricordi della Via Garibaldi di una volta, paradossalmente, pure essendo relativamente più vicini nel tempo, sono sfumati nelle nebbie degli anni che sono trascorsi, mi vedo passeggiare per quella strada, mentre tornavo a casa dalla Scuola Media, avevo ancora i calzoni corti ed ero insieme ad alcuni miei compagni di classe, c’era ancora il tram, che sferragliava sulle rotaie consumate dal tempo.
Più avanti negli anni, quando frequentavo il Liceo Classico, percorrevo, di corsa, la strada tutta d’un fiato con la bicicletta, la mattina presto, con i libri sul manubrio, legati dagli elastici, i tram non c’erano più e neanche il basolato a terra, era subentrato l’asfalto, anche perché, ai tram erano subentrati i filobus ai quali, ben presto si sarebbero avvicendati gli autobus.
Gli anni della gioventù sono sempre i migliori della propria vita e per me lo furono in modo intenso e indimenticabile perché ho avuto il privilegio d’incontrare l’amore e con esso la donna della mia vita. Ancor oggi, che ho superato da un pezzo i settanta anni, mi assale il ricordo, con indicibile e struggente nostalgia, di quegli incontri con la mia ragazza che sapevano di gioventù e avevano la freschezza ed il profumo della speranza, rappresentavano  il raggiungimento di una felicità nuova, mai provata prima.
La gioia di guardare i suoi occhi scuri e profondi nei quali specchiarmi e scorgere quella luce misteriosa che mi scaldava il cuore. La tenerezza di tenerla fra le braccia, baciare la sua bocca e sentire il profumo inebriante del suo corpo giovane e vibrante che, da solo, costituiva per me un grande godimento. Era il tempo delle mele che in genere accade una sola volta nella vita e, poi, non ritorna più. Il nostro, all’inizio, non fu un amore facile perché eravamo troppo giovani e vivendo in un ambiente sociale ancora fortemente legato alle tradizioni e agli usi “antichi”, non potevamo vivere il nostro amore da vicino. Ci siamo amati a lungo in silenzio, da lontano ma, ugualmente in modo intenso e fedele.
In seguito, eravamo già agli inizi degli anni ’60, quasi prossimo alla laurea, avevo trovato un posto di lavoro, fui assunto presso un settimanale politico locale. La tipografia dove si stampava il mio giornale e dove passavo molte ore, si trovava nella via Garibaldi, a due passi dalla casa di mia nonna, ma quante cose erano cambiate e quante trasformazioni ci sarebbero state, ancora nella mia vita!

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Dal libro I racconti del Cuore di Vittorio Sartarelli – Montedit 2008
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