Tieniti l’anima

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Sentiva che quelle parole le avevano creato un buco nello stomaco, come un pugno forte, e con la stessa forza voleva schiacciare forte i suoi pensieri sotto l’accelleratore.
Aveva preso quella strada che portava al mare, nonostante il freddo, nonostante il buio, nonostante tutto.
Avrebbe ucciso i suoi pensieri o quei pensieri avrebbero ucciso lei. Nei suoi occhi c’erano la fine e la speranza assieme. La fine dei suoi sentimenti calpestati, la speranza della sua nuova libertà. La libertà da quell’uomo presuntuoso e prepotente che voleva somigliare ad un padreterno e in realtà non era niente.
Avrebbe trasformato quella lacrima in sorriso e lasciata tutta quanta a lui la sua arroganza. In un biglietto aveva scritto a lettere cubitali la parola FINE e aveva gettato quel biglietto in mezzo al mare. Che sprofondasse, lei restava a galla. E si era guardata attorno. Era tutto bello quel presepe di luci e onde, di casette semplici e mezze diroccate che lei immaginava abitate da gente umile e buona. Lei stava bene là, lasciava tutta a lui la sua stupidità.
E aveva camminato su quel lungomare deserto senza mai togliere gli occhi dalle onde, e guardava camminare il suo biglietto, allontanarsi quella fine del suo inizio. Sentiva quanta forza c’era ancora dentro lei, quanto era tutta di lui la debolezza.
Lei era ricca delle sue emozioni e il povero era lui con la sua giacca e nelle tasche niente, con nel cuore la tristezza, con i titoli sul muro che ne attestavano la superbia.
Pensava di tenere in pugno tutte le verità e portava solo la toga della sua falsità.
Si sentiva bene, finalmente bene, come chi toglie le bende dopo la cecità, e ritrova la sua vita, e si riprende i sogni, e si riprende tutto e lascia a lui tutto il suo niente.
Adesso aveva solo bisogno di un caffè che fosse molto caldo, per risentirne pienamente il suo sapore, per godere di nuovo degli odori, per respirare, per vivere, per sognare, per ritrovare pienamente il suo respiro.
E non si era accorta di un uomo che intanto la osservava. Era trasalita pensando che lui avesse spiato i suoi pensieri. Lui si era avvicinato e sorridendo e senza dirle nulla, le aveva raccontato il mito di quel posto, quella storia, e c’era nei suoi occhi tutta la luce che si era spenta in lei, e nel suo sorriso il sorriso che lei voleva, e presto, ritrovare. Era molto alto e aveva spalle larghe come fosse un uomo forte e nel suo sguardo c’erano assieme la poesia e la nostalgia, una dolcezza rassegnata, una pace forse anche in lui tanto sperata. Poi aveva indovinato la sua voglia di caffè, ed erano insieme entrati al bar, l’unico aperto in quel posto così vivo e così morto. E le aveva comprato dei cioccolatini perché lei li mangiasse per strada nel ritorno, le aveva chiesto il suo numero di telefono e lei lo aveva dato a quello sconosciuto.
Non vi era differenza tra chi pensava di conoscere e l’aveva fatta pugnalare, e lui, quell’uomo che non conosceva.
E poi non aveva più paura, quella ferita l’aveva già resa troppo forte, chi aveva sperato di farle male le aveva fatto solo bene.
In macchina aveva mangiato quei cioccolatini e mollato un poco la sua corsa. C’era qualcuno che conosceva la dolcezza, era finito il gelo e la superbia, poteva tornare il sole e tutto il suo splendore.
E quello sconosciuto le aveva dato più di quello che avrebbe potuto, nella sola maniera che lui conosceva, nella sua passione esasperata, nella sua follia disperata, con la fobia della sua gelosia. Voleva fare per lei qualsiasi cosa, rubare pure i tramonti, ma lui non conosceva la misura, aveva paura di perderla e spaventato continuava a spaventarla. Comprava le cose che più potevano piacerle perché lei fosse felice, le faceva trovare i fiori dappertutto, e poi la tormentava. Voleva entrare in quello che lei pensava, voleva la sua mente e il suo respiro, voleva il suo possesso e voleva rubarle pure l’anima..
Voleva tenerla troppo stretta perché aveva paura delle sue stesse paure. La eleggeva un giorno a regina di tutto l’universo, e il giorno dopo voleva distruggere lei e la sua corona, nasconderla dal mondo, proteggerla dai pericoli dai quali si sentiva minacciato solo lui. E lei aveva ormai capito.
Nella sua vita non vi sarebbe mai stata la normalità ma era serena e rassegnata. Era il suo destino che era stato generoso, per lei non c’era noia, nessuna mediocrità, doveva solo essere forte, ancora più forte. E il sole aveva continuato a riscaldare ma era diventata lei gelo, e non aveva mai potuto dire a quell’uomo rimasto sconosciuto, quanto gli era grata. Aveva gettato un altro biglietto in fondo al mare. A lettere cubitali aveva scritto la parola GRAZIE e, mentre vedeva il suo biglietto camminare, lei si era piegata a prendere dalle pietre ancora più coraggio, e aveva continuato la sua strada.

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Teresa Carere

Teresa Carere vive e lavora a Reggio Calabria dove svolge la professione di impiegata di banca. E’ presidente dell’Associazione “Il Posto delle bricole” – scambi artistici culturali – dove cura e si dedica alla sua passione per l’antiquariato. Dopo la sua prima pubblicazione “Sconosciuto… conosciuto in chat”, scrive per la Gazzetta di Reggio, periodico di attualità e informazione, dove ha già pubblicato quattro dei suoi saggi.
Esce nel mese di dicembre 2008 il nuovo libro di Teresa Carere.
Il titolo è: “Un Vestito alla Moda – Racconti”, edito da Club Ausonia Editore, 256 pagine.
Una raccolta di racconti in cui vengono trattati i vari temi della vita: amore ma anche sofferenza, rabbia, gelosia, invidia, ironia, ipocrisia, attesa. Il tutto colto dal punto di vista delle emozioni.
Scrive il sociologo Pino Rotta:
“Teresa Carere è una donna che va contro ogni stereotipo della “calabresità”… accostandosi ai suoi racconti può venire in mente il piglio orgoglioso ed ecclettico di Mia Martini. La scrittura di Teresa Carere infatti è quella dolce, poetica ed arrabbiata dell’artista che non rinuncia al potere di trasformare la realtà con la poesia…”.

8 COMMENTS

  1. foglie che si lasciano al vento
    lungo il viale d’autunno
    respiro l’aria pungente
    mi affanna….
    sembra la mia vita
    che si lascia andare
    lo sento l’inverno
    stà arrivando

  2. lenta un’ immagine
    percorre i sogni suoi
    corre veloce
    nn si ferma mai
    sembra una giostra
    che gira… gira…..
    nei suoi pensieri
    i suoi lunghi capelli
    il tenebroso viso di lei
    e la giostra gira….
    gira… gira…..

  3. Nei miei pensieri
    O nei miei sogni
    Non so…
    Cosa era non lo so…
    Alzavo gli occhi al cielo
    Cosa cercavo,
    cosa vedevo
    non lo so…
    Il profumo di una stella
    vedevo i tuoi occhi
    un sorriso…
    E poi che voglia
    paura d’amare
    non lo so…
    tra la gente ti rincorrerò
    e ti ritroverò

  4. Nostalgia…
    con un pensiero ti porto via
    stelle di vetro sul pavimento
    luna in una notte senza poesia
    ed è fantasia…
    ombre di luci come mille colori
    come un fiore al sole
    ed è fantasia…
    vagabondo o musicista
    la mia vita d’artista
    ed è nostalgia
    nostalgia…

  5. …..queste voci che ascolti ,
    di bambini di uccelli ,
    di strade di gente è un coro di gioia ….
    L’acqua meravigliosa degli occhi belli suoi ti porterà i sorrisi …………
    ti donerà l’amore…
    E nel tuo giardino tu sceglierai per lei non fiori di tristezza ma i fiori dell’amore

  6. La strada porta sempre al mare…… comunque!!
    A volte sembra che abbiamo preso la strada sbagliata, quasi andasse altrove, o magari è una strada che oltre ad essere lunga è anche tortuosa ed accidentata, pericolosa, piena d’insidie; ma dobbiamo raggiungere il mare Terry……………

  7. Le tue parole sono commoventi per la carica di forza e di coraggio che dimostri nell’affrontare una vita, la nostra, difficile e prepotente a volte.
    Ma è bellissimo vivere così, con consapevolezza di quanto brutto può
    portare il bello, ma non tirarsi indietro, solo più coraggio.Complimenti
    spero di leggerti ancora.

  8. Bellissime parole, complimenti. La forza, il coraggio dobbiamo darcelo da soli, chi si sente solo é perché non riesce a parlare con se stesso. Non sempre gli altri ci avvicinano per darci amore, a volte, anzi spesso, non hanno da donarci che le loro paure e la loro arroganza. E allora é meglio camminare da soli e ritrovare, da soli, in fondo alla strada la forza di andare avanti e gettare nel mare bigliettini con su scritto ‘grazie’ per chi non ci ha saputo o voluto ascoltare o per chi non ci ha meritati.Ancora i miei complimenti per questa tua bellissima prosa,ti invito a visitare il mio blog e a lasciare un tuo commento al mio libro di poesie ‘Alba e tramonto’ sul ‘Manuale di Mari’, Lenio Vallati.

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