È domenica pomeriggio, sono circa le diciassette, Carlo sta svogliatamente alla guida dell’auto sulla superstrada E45 che collega l’Umbria alla Romagna, attraversando l’Appennino.
Un cd di musica chillout contribuisce ad ovattare l’atmosfera noiosa di questi spostamenti attraverso l’Italia, dovuti alla sua attuale mansione d’ispettore, nella banca dove lavora.
Sono già due anni che fa questa vita: due, tre settimane di missione, poi il rientro a Roma; il tempo di stilare i rapporti dei suoi controlli, presso le agenzie bancarie visitate, poi di nuovo in viaggio presso altre filiali. Parte la domenica pomeriggio e rientra il venerdì sera. È un lavoro abbastanza faticoso e non solo per i continui spostamenti. Per fortuna gli capita spesso d’incontrare colleghi simpatici e cordiali con i quali stabilire un buon rapporto, nonostante la sua funzione sia sempre vista con apprensione ed un pizzico di antipatia: in fondo lui va a controllare che tutto sia in regola con le normative e con la necessaria oculatezza amministrativa dei rischi.
Da quando fa quest’attività, ha incontrato tanta gente, colleghi e clienti, e ha preso coscienza del gran mondo variegato delle piccole filiali sparse per l’Italia, traendone una piacevole sensazione oltre ad una crescita umana e professionale.
Salvo qualche raro caso, tutto è filato liscio sia sul lavoro, sia nei fine settimana, quando era costretto a restare in loco a causa della grande distanza da Roma.
Questi erano i pensieri che occupavano la mente di Carlo, mentre la strada scorreva veloce sotto le gomme della sua auto.
“Ancora tre anni di questa vita e poi vado in pensione che, grazie ai maggiori guadagni dovute alle diarie delle missioni, sarà più consistente, per la loro influenza sui calcoli per l’assegno di pensione, di quella che prenderei se fossi rimasto negli uffici della Direzione”.
Assorto in questi pensieri, è quasi arrivato a Cesena. Avrebbe, poi, proseguito verso la Romea per raggiungere il paese dove c’è la prima filiale da ispezionare, facente parte del gruppo di Ferrara.
In quel momento il suo sguardo nota un’auto ferma in una piazzola d’emergenza, accanto alla quale c’è una donna che inizia a fare cenno di fermarsi, appena le si avvicina.
Carlo rallenta, vorrebbe far finta di nulla ma non ne è capace, è sempre stato disponibile ad aiutare il prossimo. Quando si avvede che la donna in questione è anche di bell’aspetto e molto elegante, si risolve a fermarsi.
Entra anche lui nella piccola piazzola e si ferma davanti all’auto della donna; scende e le va incontro.
«Buonasera signora, le occorre una mano?».
“Cavolo, è proprio una gran bella donna, tutte e due le mani, le do, se le servono!”, pensa con malizia Carlo.
«Oh, grazie sì! Meno male che si è fermato, altri hanno tirato dritto, sa? Vedono una donna in difficoltà e non si fermano, magari solo per chiedere cosa sia successo».
«Forse tutti quelli che non si sono fermati non hanno una buona vista, come si fa a non aiutare una bella signora come lei!».
«Oddio, oltre che gentile ed educato è anche galante, sig…».
«Scusi, non mi sono ancora presentato, mi chiamo Carlo, Carlo Robini».
«Piacere, io sono Irma, Irma Conti», risponde con un tono vagamente civettuolo.
«Bene! Ora che ci siamo presentati, mi dica che succede alla sua auto?», fa Carlo ripresosi d’umore, dopo il viaggio noioso, per questa inaspettata circostanza.
«Non lo so, era già da qualche chilometro che il motore non andava bene, ogni tanto s’impuntava, specialmente se prendevo qualche sconnessione dell’asfalto, poi, si è spento del tutto. Ho fatto appena in tempo ad accostare in questa piazzola».
«Beh, per quello che posso capire, farò qualche tentativo, altrimenti chiameremo un carro attrezzi, non credo ci sia altra soluzione».
«Provo a metterla in moto, vediamo», dice Carlo con determinazione.
Il motore gira, ma non ne vuol sapere di avviarsi. Ripensando a quello che le aveva detto la signora, le chiede:
«Lei è sicura che l’inconveniente si presentasse ogni volta che la macchina subiva uno scossone?».
«Sì, sì, ne sono sicura, tant’è che cercavo di evitare buche ed avvallamenti, ma questa strada è un disastro!».
«Questo è vero, è ridotta malissimo!», conferma compiaciuto Carlo.
«Mi faccia pensare… un difetto del genere in motori di questo tipo può avere origine solo dalle centraline o da contatti difettosi che non garantiscono il regolare passaggio della corrente».
«Oh, ma che bravo, non sarà mica un meccanico?», gli dice Irma con un tono di voce tra lo stupito e lo speranzoso, che Carlo abbia trovato la causa del guasto.
«Senta, lei ha fatto, di recente, degli interventi sulla macchina?».
«Sì, pochi giorni fa ho avuto dei problemi con qualche lampadina e l’elettrauto mi ha sostituito dei fusibili, nient’altro!».
«Ehm, posso guardare la scatola dei fusibili, in quest’auto sta nel motore o sotto il cruscotto?».
«Non lo so, ma lui ha aperto il cofano del motore e basta», risponde con un atteggiamento fin troppo sdolcinato che Carlo non percepisce, tanto è contento di rendersi utile.
Apre il cofano, individuata la scatola dei fusibili, la apre e subito si accorge che ce n’è uno che è uscito dal suo alloggiamento. “Ecco, forse è questo la causa del problema!”, pensa.
Sistema il fusibile correttamente e con aria tronfia chiede ad Irma di provare ad avviare il motore.
Irma si gira e con uno strano sorriso entra in auto, stringe la chiave, la gira e il motore emette di nuovo la sua musica.
«Ma va, era proprio questo il problema; ma bravo Carlo, ora sarà tutto gongolante per aver sistemato il guasto!», dice a mezza bocca Irma, sul cui viso c’è una strana espressione.
Scende dall’auto ed in preda all’euforia del momento e della scampata seccatura del carro attrezzi e tutto quello che ne segue, abbraccia Carlo che rimane di sale, ma contento. In quel momento ha avvertito il suo profumo inebriante unito all’odore della sua pelle e un brivido di piacere gli ha percorso la schiena.
«Oh scusami, non dovevo… ho esagerato e ti ho messo in imbarazzo, ma sono così contenta che tutto si sia risolto», dice a Carlo, passando al tu, con un’aria ingenua e vagamente maliziosa, che questa volta percepisce ed apprezza.
«Certo, certo, capisco, così puoi tornare a casa senza inconvenienti», afferma con una punta di amarezza Carlo.
«Sì è vero, anche se a casa non c’è nessuno che mi aspetti, perché sono sola», replica prontamente e con malcelata tristezza Irma. Poi, subito riprendendosi, gli dice:
«Senti Carlo, tu mi hai fatto un gran favore, ti sei mostrato educato, gentile e disponibile, il minimo che posso fare è d’invitarti a cena, sempre che tu non abbia altri programmi», dice, calcando volutamente quest’ultima espressione.
«No, no, alcun programma, io sono qui per lavoro, lontano da casa. Ero diretto in un albergo dei lidi ferraresi, dal quale mi posso spostare comodamente verso due filiali della mia banca, che devo visitare come ispettore», le risponde con sussiego.
«Sei un bancario… anche mio padre lo era…», fa con tono dimesso ed emozionato.
«Era… vuoi dire che è morto?».
«Sì, è morto ancor giovane e ha raggiunto mia madre, morta per un tumore poco prima di lui».
“Mamma mia che sfiga ’sta poverina”, pensa dispiaciuto Carlo.
«Bene, allora accetto il tuo invito, dove possiamo andare?», fa Carlo, pregustando un’interessante serata in compagnia di questa bella donna.
«Vado avanti io, che conosco la zona, poi dopo cena percorreremo parte della strada insieme, perché molto prima della località del tuo albergo devo girare e andare verso Ferrara. A quel punto mi fermerò e ci saluteremo».
«Sono d’accordo, andiamo!».
***
La collezionista di…
di Sergio Maffucci
2014, pag. 206
Gruppo Albatros Il Filo
Ordina questo libro
Il commento di NICLA MORLETTI
Un giallo dal ritmo serrato e avvincente che tiene con il fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina. Ed è attesa, brivido, suspense. Tra innumerevoli eventi e colpi di scena il lettore viene proiettato in un avvicendarsi di fatti rendendolo partecipe della storia.
Tutto prende inizio da una domenica pomeriggio sulla superstrada E45 che collega l’Umbria alla Romagna attraversando l’Appennino: una bella donna è ferma in una piazzola; con la macchina in panne chiede aiuto, un autista si ferma, rimane incantato dalla sua bellezza e disinvoltura, l’aiuta a rimettere in moto l’autovettura. Sembrerebbe tutto a posto: una stretta di mano, un arrivederci e la storia dovrebbe finire lì. Ma non accade così, la femmina è di una bellezza provocante, il sorriso invitante ed i fatti prendono un’altra piega dalle tinte decisamente noir… A questo punto il lettore non può far altro che addentrarsi nella vicenda, per saperne di più, incuriosito da cosa potrebbe accadere. E accade, certo che accade: un serial killer ha di nuovo colpito in una zona della campagna dell’Emilia e la squadra operativa del RIS di Parma, comandata dal capitano Venturi, si impegna alacremente nelle indagini. Il sospetto cade su una donna che ha già ucciso e alla stessa macabra maniera.
La scrittura di Sergio Maffucci è chiara, dinamica, moderna, costituita da parole essenziali, dirette come sentimenti presto intuiti e colti in un’immediatezza di immagine che colpisce. I dialoghi sono vivaci e coinvolgono il lettore in una spirale di curiosità e attenzione. Le indagini procedono lentamente e tutto questo accresce la suspense perché non è facile scoprire un assassino quando può nascondersi dietro più identità apparenti…