Mi rado la barba tutte le mattine.
Utilizzo un pennello di tasso ricevuto in occasione di un remoto compleanno, pure se gran parte dei suoi peli originari sono andati ormai perduti e quanti sopravvivono appaiono ridotti a secchi e avvizziti ciuffi irregolari; ne spremo tenacemente ogni capacità residua.
Sarà forse che mi accompagna già da troppi anni per liberarmene e gettarlo via, ma una dolorosa indecisione mi assale ogniqualvolta io mi lasci sedurre dalla tentazione di separarmi da memorie e cose, possano queste essere anche marginali e minime.
Posseggo inoltre un vecchio rasoio appartenuto, secondo tradizione orale di famiglia, al fratello maggiore di mio nonno, zio Concetto, che lasciato il negozio di barbiere andò a morire in Cirenaica durante la guerra contro i Turchi; una reliquia ereditata dunque, il disconoscimento della quale equivarrebbe a una blasfema abiura.
Il manico è istoriato, probabilmente avorio, pur se oramai il colore risulta indefinibile e dell’ornato rimangono confuse tracce; al principio di ogni settimana ne collaudo il filo della lama con soddisfatta applicazione.
Anche lo specchio che mi sta di fronte, con la cornice in legno scuro, di semplicità lineare ma attraversato da incisioni di leggiadri arabeschi floreali, è un acquisto antico, di anni giovanili.
«Si tratta di un pezzo di libbetry franceese».
Milano, fiera di Senigallia: tradendo il proprio accento siciliano un improbabile antiquario mi invogliava, con successo, durante la contrattazione.
Indugiavo leggero attorno ai banchi di un mercatino che cominciava pigramente ad animarsi, l’orizzonte lontanissimo, una proiezione immaginaria, in una domenica mattina profumata e tiepida di dolce primavera; mi rallegrava consumare il tempo, sembrava inesauribile in quegli anni, e vagabondavo attraversando una città ancora intorpidita.
Da lì a qualche anno, impossibile determinare con precisione quanti, traffico e rumori, con altre mille corruttele, l’avrebbero violata, rendendola estranea ai miei occhi e ostile al cuore.
Gli etruschi, fra i quali in teoria è esistito qualche mio antenato più lontano, chissà comunque quante sorprese riserverebbe indagare sulle mescolanze delle quali è memore il mio sangue, venivano sepolti avendo accanto gli oggetti che nel tragitto della vita avevano loro fatto compagnia.
Sorrido all’idea di organizzare qualcosa di simile per me e comincio a immaginare un lungo elenco di quanto potrebbe risultarmi utile; per prima cosa dovrei riuscire a mettere insieme una sorta di inventario e questa è già un’impresa che raffredda molto ogni seppure volenterosa mia intenzione.
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«Tu mastru ‘i na furma si».
Era il commento lapidario di mia madre nella sintesi crudele del suo dialetto siciliano, che peraltro non volle abbandonare mai, forse rassicurata inconsapevolmente da una lunga serie di candide espressioni, anche se a suo riguardo l’aggettivo candido mi ha sempre ingenerato fastidiosi dubbi.
lo risultavo dunque un artigiano, un maestro, che si produce all’infinito in una prestazione unica, che non riesce a dedicarsi ad altro, ripercorrendo invariabilmente la stessa nota via: era questo il senso del messaggio.
In verità qualche tentativo di correggermi lei lo mise in atto.
Un maglione invernale, il preferito, celeste, rotondo intorno al collo: da anni lo indossavo quasi ininterrottamente, unica pausa quando doveva essere lavato, lercio fino alla indecenza, e lo reclamavo con impaziente attesa; in una occasione riuscii a recuperarlo fra cose ammonticchiate, indumenti e oggetti pronti per essere gettati via.
«Guarda le maniche» accondiscendeva mostrando nel dettaglio i punti critici. «Soprattutto i gomiti, sono trasparenti, addirittura lisi, non puoi andare in giro in queste condizioni, la gente penserà che non ce l’hai una mamma, che sei figlio di nessuno, figghiu i nugghu».
Mi ispirava profonda tenerezza la sincera afflizione che traspariva dalla voce, così fragile quella sua preoccupazione perché, agli occhi del mondo, io non apparissi quale un povero orfanello del quale nessuno si prendeva cura.
«Vorrei proprio sapere come ti vengono in mente certe idee, dai, le trovo assurde; non puoi pensare più semplicemente che io mi senta affezionato a quel maglione».
La rassicuravo prodigandomi in gesti affettuosamente protettivi; un buffetto, un bacio, un sorriso largo, insomma il massimo di psicologia e ragionevolezza.
In questo modo ritenevo di averla conquistata alla mia causa, un sentimento di filiale devozione unito a una tentata ricerca di complicità; la falsa convinzione, se non proprio l’illusione di avere eliminato ogni rischio di fraintendimenti fra di noi.
Raramente i nostri desideri trovano conferma nella realtà.
Dopo avere più volte fatto girare armadi, cassetti, cesto dove venivano accostati i panni sporchi, rovistato lo sgabuzzino, da cima a fondo, in mezzo a tutta la cianfrusaglia che in ogni casa col tempo si raccoglie, mi arresi e finalmente domandai notizie del mio maglione azzurro.
«L’ho gettato via, però stavolta l’ho fatto a pezzi con le forbici».
***
Dal libro Un occhio di riguardo di Salvatore Filincieri
Grazie mille per il libro!!!
Avrei voluto postare prima il commento, ma non riuscivo più a trovare la Sua scheda 🙂
Grazie anche per la dedica (Le ho inviato una mail all’indirizzo che mi ha indicato, ma non so se Le è arrivata).
A presto!!
M.Grazia P.
un libro che dona brezze nel ricordo dei tempi trascorsi che rivivono al presente…
decisamente un libro da leggere con tranquillità per non lasciarsi sfuggire la bellezza dei particolari…
Sarebbe bello poterlo leggere… tutto quanto…
Sara
Gentile Salvatore,
non appena terminata la lettura dell’estratto del Suo romanzo, sono stata invasa da un senso di rassicurazione così profonda e insieme così gradevole che non ho potuto fare a meno di abbandonarmi al suo flusso.
C’è tutta l’esperienza attraverso la quale si giunge alla giusta prospettiva: la prospettiva della saggezza.
Immagino il protagonista come un “sofficino delle emozioni”, un campione di gentilezza, innocenza e intraprendenza che attrae il lettore con la forza di un magnete.
Con una genuina curiosità, spero di poter leggere il libro per intero!
Un saluto,
M.Grazia P.
Gent.mo Salvatore
anche io come Lei mi trovo avvinghiato dai ricordi lontani di una terra d’origine meridionale quand’oggi vivendo e lavorando al Nord con figli cresciuti qui. E’ sicuramente una storia commovente e scritta con la mano del cuore.
Complimenti.
Sabato P.
Salvatore… la tua storia è il racconto della vita, di quanto anche le cose, nella lora assenza di valore, divengono vive, pulsanti, s legate a momenti importanti, se collocate nella nostra personale storia…
Ti ho letto pensando alle case di Pablo Neruda, ai suoi inventari di oggetti cari…
E pensando alla mia umile casa- perdona l’autoreferenzialità-, dove trovano posto tutti gli oggetti che hanno calore, colore, profumo, grazie ai ricordi…
Il gesto finale del taglio del maglione è a dir poco commovente. Sei la storia di tua madre. La rabbia di averla perduta, la volontà di accontentarla… in ritardo, come spesso accade.
Ma Lei sa che non sono i maglioni i legami importanti…
Grazie. Sei entrato in punta di piedi anche nella mia vita e mi hai commossa!
Questa mia replica è rivolta non soltanto a Maria ma a tutti quanti hanno avuto la pazienza di leggere le prime pagine di “Un occhio di riguardo” e la generosità di commentarle.
Un libro appartiene a chi lo legge, questa la premessa, non esiste una interpretazione autentica della quale l’autore sarebbe il concessionario autorizzato; mi astengo quindi da ogni giudizio in merito.
Ho scritto una autobiografia (inventata in larga parte, ma l’episodio del maglione è comunque vero) mettendo insieme personaggi reali e di fantasia per potere liberamente parlare di passioni, le più varie, di delusioni ma anche di speranze, insomma dei nostri sentimenti, quella sequenza di elica di un DNA emotivo che ci contraddistingue a livello di individui e nello stesso tempo ci unisce come specie.
Mi gratifica il fatto che qualcuno possa riconoscersi nei miei personaggi, era uno degli scopi che mi prefiggevo. Vi ringrazio e saluto con affetto. Salvatore
Gli oggetti del passato fan parte della nostra storia e disfarsene sarebbe un tradimento.
C ‘e’ un museo nella nostra anima che raccoglie ogni striatura del tempo vissuto.
Salvatore Filincieri, nel suo romanzo, cerca d’ insinuare che solo una cosa va conservata in eterno : l’amore.
Gaetano
… dolce come una giornata d’autunno….. è come se qualcuno avesse visto allo specchio i nostri pensieri. Mi piace
complimenti all’autore…da queste righe fa trapelare il profondo attaccamento del personaggio alle proprie radici e alla propria famiglia…nel far fatica a staccarsi dagli oggetti,perchè buttandoli via è come se si liberasse di un pezzetto di sè….ancora complimenti,veramente bravo!
Sembra un romanzo originale non banale, mi rispecchia molto. Molto emozionante e profondo… Spero di leggerlo
Carissimo ho ricevuto il libro. Grazie… lo leggerò presto… Grazie ancora di cuore
Nooooo! Il maglione azzurro sbiadito, liso, trasparente nei punti critici, ma tanto amato, silenzioso compagno di vita, azzurro come il cielo e il sole siciliano, tagliato con le forbici!!!
Non so come continua il romanzo dalla trama ancora apparentemente semplice ma coinvolgente, velata da una sottile nostalgia, ma io mi ritrovo moltissimo nel protagonista, io che conservo tutto, in cassetti e armadi stracolmi perchè non riesco a separarmi da tutte le cose che in un modo o nell’altro , mi ricordano un istante o un periodo della mia vita!
Spero tanto che la mamma non sia stata così crudele e che abbia conservato il maglione azzurro , per farlo rispuntare, all’improvviso,come un mago dal suo cilindro, quando meno il nostro ” mastru” se lo aspetta!
Complimenti, sono sicura che il romanzo sia bello, da leggere tutto d’un fiato e da rileggere per gustarne le immagini e i particolari così precisi e nello stesso tempo sfumati dal ricordo!
un bel racconto…anche io come te faccio fatica a liberarmi di oggetti magari ormai vecchi ma ancora funzionali….questo perchè contengono storia, parole, rumori, stralci di vita e ricordi che sono nella mia memoria e che riaffiorano ogni qualvolta li osservo!
Una descrizione profonda e dettagliata, tuttavia leggera e piacevole… il presente e il passato visti con “un occhio di riguardo”! Mi piacerebbe poter leggere tutto il libro, trovo che sia davvero bello ed emozionante! Complimenti!