La luce nel deserto di Rosanna Rivas

La luce nel deserto di Rosanna Rivas

Il caldo era insopportabile, la luce incrociava i miei occhi al pari di un faro. Il deserto era affascinante e Nain era più bella del solito.
Non sono oggi frasi di un’epistola ma l’epilogo di anni che avrebbero cambiato l’essere inconscio di Macri. Erano trascorsi quattordici anni ma l’emozione del racconto di Nain affiorava in giornate in cui venti di guerra in tutto il mondo facevano apparire l’uomo invisibile davanti ai moderni olocausti. lo non sono pacifista ma amo la pace, anche quella interiore. Amo la solitudine confusa e armoniosa ma non riuscivo a capire quanto disordine c’era in quella striscia di terra dal nome Gaza per me impossibile ed indecifrabile.
Non so perché tante persone nel mondo occidentale organizzano cortei, convegni, quando la Soluzione di ogni grande problema come quello fra Israele e Palestina è raggiungibile.
Lo dico con umiltà. Non si riesce mai a comprendere le ragioni che spingono tante masse inutili nel mondo ad occupare strade di metropoli contribuendo ad aumentare confusione e incertezza sotto mentite spoglie di impegno sociale. Non ho ancora visto o sentito, anche a livello di grandi organismi, qualcuno che usasse la parola come unica forza contro l’odio religioso. L’amore potrà essere la forza che unirà Nain e Macri a liberare l’unico grande insegnamento che potrà davvero aiutare una striscia. Essa sarà una linea di passaggio non solo di individui ma di un pensiero che oltrepassa le ragioni dell’ essere palestinese o israeliano. Sono una persona che guarda e ascolta tutte le notizie da varie fonti ma chiedo, nel mio io, dove è la notizia che tutti attendono.
Macri la mattina si alzava e nella sua calda e affollata casa non di confusione ma colma sempre di amore doveva salutare i suoi fratelli e la sorella, prendere un bus che lo conduceva a scuola, arrivava un altro bus e poi il terzo mai insieme. I genitori di Macri, come tanti e tutti con figli in età scolare, dovevano sottoporre i ragazzi a questo orrore perché, pur andando presso la stessa scuola, dovevano raggiungerla separati: era l’unico modo per essere certi di vederne tornare a casa almeno uno.
Gli attentati ai bimbi in età scolare erano sempre frequenti. Non solo in Israele si tenta di eliminare le generazioni future ma avviene in molte parti del mondo, solo non è una notizia che fa vendere un giornale. I ragazzi palestinesi fanno lo stesso, stanno distruggendo il loro futuro, sacrificando molto spesso la loro stessa vita per un non-ideale, solo per un principio cui sono stati indottrinati.
Purtroppo in questo tempo non riescono a capirlo. Tutto il mondo ha seguito il massacro di esseri umani nell’ ex Iugoslavia; è questo l’unico modo certo che hanno i guerriglieri, i terroristi, gli ultranazionalisti di troncare gli arti non solo del corpo ma le menti pensanti. Si recide così il futuro di un popolo. Appena ieri, nel 1995, di fronte alle coste adriatiche, in piena stagione balneare, si consumava in due giorni il grande eccidio dei nostri giorni: ottomila persone uccise a Pristina. A volte, e molto spesso, si parla di indifferenza come se tutti fossero cinici politici o governanti, a varie latitudini, ma ci sono ragioni politiche non decifrabili a noi e incapacità di unire nell’ amore popoli così diversi. I danni di dittature staliniste nell’ ex Iugoslavia hanno solo contribuito ad alimentare odio razziale con la forza delle armi e le deportazioni di massa. La cultura libera è venuta a mancare, le popolazioni sono state alimentate con il teorema dell’ideologia sovietica. In ogni dittatura non c’è mai una crescita artistica. La libertà di espressione è compromessa e, come spesso è accaduto, pittori, scrittori o giornalisti devono soccombere, o finiscono in carcere senza processo o scompaiono come è accaduto durante le numerose dittature militari in Sud America.
Nain cresceva sotto il sole rovente fra le preghiere e lo studio in cui era veramente brava. Si chiedeva spesso perché non poteva studiare o trascorrere il tempo libero con i ragazzi non fortunati come lei o andare in classi miste dove poter incontrare gli studenti israeliani.
La sua, anche se in tempo di guerra, era stata una famiglia agiata. La ristrettezza di spazi per i due popoli aveva reso sterile ogni ragionamento obiettivo. Il padre di Macri, dopo la laurea, per motivi di sicurezza aveva preferito aprire un’attività commerciale per essere vicino alla famiglia. Non aveva avuto l’intenzione di lasciare Israele; la moglie era agronomo, una professione che in quella zona è sostenuta da enorme ricerca e tecnologia. Il padre di Macri era molto legato alla sua terra, lì erano le sue radici che venivano continuamente bagnate dal sangue di innocenti. Se si chiede a un palestinese affermerà la stessa cosa: tutti amano quel territorio ma non hanno trovato il modo di conviverci insieme o, come credo piuttosto, l’egoismo di pochi, da ambo le parti, non permette il volo che potrebbe portarli a un nuovo avvento in quella terra martoriata.
Nain voleva, senza saperlo, le stesse cose di Macri: essere medico per aiutare la sua gente. Nain ascoltava ogni giorno le notizie che si susseguivano e quella che, con una parola lapidaria, è chiamata questione palestinese. Quante volte tornando da scuola aveva visto con i suoi occhi l’orrore della guerra, madri che, disperate, piangevano i loro figli. La loro casa distrutta e l’odio e la voglia di vendetta crescevano tanto che da un’ altra parte le mogli e le madri disperate ripetevano gli stessi gesti.
Per gli israeliani il problema era mondiale perché il terrorismo arabo stava crescendo in tutto il mondo e qualsiasi posto era diventato pericoloso per loro. Il seme dell’ odio ormai è germogliato e i frutti sono un veleno che prende posto in ogni paese occidentale. Erano cresciuti con la consapevolezza e l’incertezza dell’ alba e la fuga dell’ attimo del tramonto nel deserto.
La vita in famiglia di Nain era dolce, mi raccontava, ma senza frivolezze; non si poteva uscire se non in determinati posti o luoghi o andare a giocare a pallone con tanti ragazzi in qualsiasi spazio aperto. Gli spazi aperti erano sogni che si intravedevano in televisione o si osservavano sui libri. A quel punto del racconto Macri mi raccontò come avvenne il suo primo incontro con Nain con un’ emozione che io intravedevo nei suoi occhi. Un giorno Macri, giocando e correndo, attraversò vari steccati e cortili, si ritrovò a un certo punto vicino a un muro. Lì c’erano delle macerie; attraversò il cortile come in un labirinto, tra sassi, rovine di un tempo moderno.
C’erano schegge e ferro che arida ruggine ricopriva ed ecco trovare ancora un muro con un passaggio dove vide dei bambini che giocavano a pallone in angusti cortili. Solo alcuni anni dopo capì che la mancanza di spazi genera odio e rabbia e la volontà di allargare questi con le bombe. In un angolo c’era una bambina che cantava e ballava insieme ad altre coetanee, avevano solo lo spazio per alzare le braccia. La loro innocente condizione di bambine palestinesi non aveva incontrato ancora quel mondo fatto di corse, di frammenti di sabbia o di mare che non avevano mai visto. Questo fu il primo incontro di Macri con Nain in quel mondo mediorientale imperfetto. Esso sa anche regalare un racconto che illuminò non solo la mia limitata penna ma il mio cuore, e mi spinse a credere a una riunificazione di questi due popoli.
All’ improvviso il rumore di un tuono lontano scosse Macri, che tornò indietro, correndo e ricordando quello che sempre i suoi genitori gli ripetevano ogni giorno; attraversò di nuovo rovine e macerie. Tornando a casa non rivelò ai suoi fratelli o alla mamma quell’ atto, che sarebbe stato considerato un segno di pericolo per l’intera famiglia. Quella visione così dolorosa e triste lo accompagnò per tutta la notte, che trascorse molto agitata. La mattina come ogni giorno di ogni anno, autoveicoli scolastici di trasporto erano pronti fra enormi misure di sicurezza e tanta angoscia. Le giornate a scuola trascorrevano tra svago, canti e studio; l’indomani sarebbe stato oscuro e immodificabile. Mi raccontò che leggeva spesso di saggi e scritture favorevoli al dialogo.
Immaginavo la pochezza dell’ingenuità e la spensieratezza dei bambini consapevoli del pericolo che incombeva su di loro. I canti accompagnavano le giornate scolastiche dei bambini palestinesi, un canto di liberazione come un grido che attraversava il deserto e ritornava ogni volta come un eco. Colui che studia il corano e lo conosce sa comprendere l’onore e la dignità umana.

***
Disponibile in formato eBook nella libreria Amazon.it

Il commento di NICLA MORLETTI

Un bel romanzo che ci trasporta in quella striscia di territorio tra Israele e la Palestina, luoghi in cui cultura e tradizioni relegano ancora la figura femminile ad un ruolo di schiavitù e dove regna sovrana la discriminazione razziale. Come un fiore nel deserto, in mezzo a tanta arretratezza e crudeltà nasce l’amore, che abilmente descrive l’autrice, tra i due ragazzi protagonisti della vicenda. Un sentimento che va oltre le difficoltà, oltre la paura, verso orizzonti dove si respira aria di libertà. Bellissime le pagine in cui l’autrice descrive i rituali di canto e preghiera tipici della civiltà palestinese che, echeggiando, si diffondono per il deserto. Un modo questo per liberarsi dal dolore e dalla sofferenza in luoghi dove la donna viene ancora picchiata, lapidata e anche flagellata. Un bel libro che vi toccherà il cuore.

16 Commenti

  1. Il titolo e la copertina del libro ricordano una vecchia soap romantica, deserto, dune, luoghi esotici evocano senza dubbio sentimenti profondi, ma ancora oggi sono luoghi non da sogno in termini di umanità e di rispetto verso la figura femminile, spesso discriminata e maltrattata.
    Cuorioso… scenari da approfondire inoltrandosi nel romanzo

  2. la luce nel deserto: leggendo la prima pagina, mi sono commossa……

    l’autrice ha scritto questo libro con molto amore.

    spero di riceverlo per fare una recensione a questo libro…..

  3. Uno stupendo stralcio, poetico, riflessivo e convincente.
    Complimenti vivissimi all’autore, spero di avere la possibilità e l’onore di leggerlo.
    Saluti

    Stefania C.

  4. Fate l’ amore, non la guerra. Nain e macri sono i testimonial ideali per questo slogan sessantottino sempre attuale.
    Rosanna Rivas ne ” LA LUCE NEL DESERTO ” descrive un luogo di violenza classico, la Striscia di Gaza. Ma la speranza da capolino nella sua prosa, seppur velata di pessimismo.
    Pace e’ una parola che palestinesi e israeliani pronunciano con difficolta’.
    Quando la guerra contro la sopraffazione?

    Gaetano

  5. Immergersi con razionalità in un mondo ed in una cultura diverse dalla nostra è estremamente periglioso soprattutto quando si è coscienti della vacuità delle “ragioni” che spingono alcuni popoli ad una guerra infinita che li stravolge soprattutto nelle coscienze! Mi piacerebbe lasciarmi coinvolgere nel racconto per essere più vicina a quelle genti!

  6. Davvero un bel romanzo! Si evince già da questo estratto la delicatezza dell’autrice nell’affrontare un tema così delicato che affligge ormai da anni quelle popolazioni.
    Induce a sperare che l’amore possa vincere sopra ogni altra cosa e solo con l’amore si può affrontare qualsiasi difficoltà, odio o paura.
    Macri e Nain sono il futuro potrebbero essere il futuro per quelle popolazioni e la speranza di vederli riuniti.

  7. Complimenti… un racconto scritto con dolcezze e con la leggerezza di quell’orrore… scritto in modo che tutti possano comprendere quanto l’amore può passare sopra ogni cosa…

  8. Ho scritto un paio di racconti sul conflitto arabo-palestinese e questo romanzo mi incuriosisce e mi affascina. Sento in queste poche parole che ho letto il vento dell’avventura soffiare insieme ai sentimenti più nobili dell’animo umano. Mi piacerebe molto leggerlo e lasciarmi trasportare dalla feconda immaginazione dell’autrice. Complimenti, Rosanna!

  9. Che delicatezza queste righe… una luce, un faro, una guida nel deserto del dolore, della guerra, delle tristezze… e l’arma piu’ potente di ogni cosa: l’amore!!!! Complimenti davvero! Mi piacerebbe molto poter leggere per intero tutto questo libro!

  10. Penso che questo romanzo sia molto profondo e tocchi un tema alquanto attuale e moderno, mi piacerebbe leggerlo, sembra molto coinvolgente…

  11. Bella la copertina, bello il libro. Affronta tematiche attuali che molti rifuggono dall’affrontare. Ma la vita, la storia, le emozioni sono quì e l’autrice con tocco delicato le descrive tutte.

  12. Scrivere un libro sulla guerra infinita che prosegue ormai da millenni in quelle terre è, innanzitutto difficile, ma è soprattutto il riuscire a tenere quegli equilibri nella narrazione che sono alla base del processo di mediazione che da anni imperversa in quelle aree.
    Comunque la scrittura sembra molto dolce e suadente e il messaggio è legato sicuramente alla figura femminile che è la base per poter fondare un mondo migliore.
    Complimenti per la copertina che ritrae una donna bellissima in uno sfondo fantastico.
    Sabato P.

  13. Rosanna…
    commovente nella sua incandescente purezza la copertina,
    perfetto preambolo a una storia che tocca tematiche scottanti
    e purtroppo irrisolte.
    Leggendo solo l’incipit si può provare a viaggiare sul registro delle sensazioni,
    a immaginare i colori dell’odio, della solitudine, della paura, che avvolgono
    i protagonisti della vicenda.
    La frase “per essere certi di vederne tornare a casa almeno uno” racchiude la tragedia
    di Gaza. E se La palestina rischia da troppo tempo di divenire un disegno fatto a matita
    sul quaderno di un bimbo, la colpa è anche del silenzio della gente. Non i congressi,
    le riunioni tra uomini di potere…. “signori del dolore”, per dirla con le parole di una canzone,
    ma l’Amore, l’unica arma che possediamo per tenderci ad arco, per legare, per gridare
    il bene…
    Un romanzo attuale e stordente. Annienta i sensi e spinge a sentirsi colpevoli.
    Laddove l’odio germina non possiamo, infatti , sentirci salvi , nè giusti.
    Ti ringrazio per questo messaggio forte e mai retorico, per la rabbia sussurrata, per una
    una storia incastonata come gemma nel veleno dei tanti…
    Lo stile è morbido, accattivante, sorvegliato, ricco di stilettate narrative degne di una
    Grande Autrice!

    • Fernando F. dice:
      20 dicembre 2011 a 15:45

      Purtroppo é una terra di povera gente che la pace la vorrebbe senza esitare. Ma, aimé comandata da popoli esterni per il fanatismo di religione. Spero tanto con tutto il cuore che si arrivi ad una pace duratura per sempre. Complimenti di aver riportato tali problemi, forse qualcuno leggendo il suo libro si “sveglierà”.

      Fernando F.

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