In attesa dell’inverno di Nardina Federici

In attesa dell'inverno di Nardina Federici

Il primo amore

Questo sentimento, che attiva la primordiale sensazione che la natura stessa sviluppa la crescita emozionale di un indimenticabile sogno che vola sulla nuvola incontrando l’universo umano senza strutture, è come una ragion d’essere di questo sentire, sono campane che suonano a festa.
Oggi è un dolce mattino d’estate, l’aria s’è rinfrescata dal temporale serale: è qui che la storia continua a volare e grida in quel canto dentro agli occhi coi sensi e l’anima. Grida per un turbamento che precede un evento che strappa al cuore un sentimento, le mani sono tese e aspettano che tutto si avveri.
Sara viveva in un piccolo paese dove si sapeva tutto di tutti, ma un bel giorno accadde quell’evento che lei sognava parlando al suo Dio e chiedendo ogni grazia, ma in lei l’amore sbocciò e fu sofferenza. Il ricordo che conserva la sua mente sono le conversazioni delle donne del paese in cui viveva dalle otto alle dodici di ogni giorno, mentre i bambini erano a scuola.
Il paese sapeva di pietra di fiume ma dalla sua finestra lei cantava le sue canzoni che in quei tempi la radio promuoveva. Sono passate molte stagioni ed estati della sua vita in quella dolce terra bagnata dal fiume e coronata di boschi conservando il profumo di viole e grandi gigli selvatici mentre d’estate, la sera, la grande scalinata che scendeva al paese si riempiva di giovani. Sara viveva col suo grande amore nel cuore così puro. Il tempo passava e così anche la guerra era finita. Ogni casa a quel tempo aveva il suo orto che esalava profumo. La natura nel suo splendore diceva:
«Io sono tutto ciò che è stato, che è e che sarà, nessun mortale ha mai sollevato il mio velo, la verità è figlia del tempo.»
Ma Sara continuava a sognare coltivando il suo amore nascosto mentre il tempo passava, passava ma lui era sempre lì anche quando partì abbandonando con grande rimpianto il suo fiume, a lui parlava e con lui divideva il suo segreto sentimento.
La sua vita pur lontana fu per sempre inseguita dal rimpianto. Infiniti furono gli anni e il tempo sbiadiva, scavando le proprie radici.
Le case del vecchio paese sono ora delle ville. Tutto per il cuore di Sara è stato violato, sono rimasti i ricordi, i pianti di quel tempo, perdute e sperse le impronte e all’improvviso tutto ciò che era si è spento, amici persi oltre il tempo e così anche il suo grande sogno si spense lasciando ad altri fuochi il suo tenero cuore.
Questa è la storia di un primo amore che ha saputo vivere puro e ben nascosto per anni, poi un giorno fu l’incontro e lei disse scherzando mentre il cuore le batteva in petto impazzito:
«Tu sei stato il mio primo amore, il primo bacio e nulla più! Ti ricordi?»
Lui nell’imbarazzo di quel momento le fece capire che non ricordava e Sara con un grande sorriso gli disse:
«Non vedi? Sto scherzando! È solo rivedendo il paese e il nostro grande fiume che mi sono emozionata!»
Ma in quell’istante, interiormente, tutto franò: anni di sogni, desideri mai consumati. Il grande amore? Una finzione, un’illusione romantica, senza mai confessarla a nessun’amica! Tutto gelosamente chiuso.
Era il giorno più triste per Sara: tutto il suo altare alzato all’amore era crollato ma il sogno non poteva finire improvvisamente, la rivelazione stessa diventò sciocca come un’ombra colorata che girava in bolle attraverso le lacrime e qui la poetica frena l’angoscia di tutta questa storia dolce e triste e la minaccia intima di ammettere all’improvviso l’idolo caduto, franato nel cuore.
Sara vuole ancora credere l’unica essenza pura della sua vita questo infinito gioco del sentimento, e raccogliendo la sua anima tradita che va oltre la realtà, continua a dire che il primo amore non si dimentica: non è pura retorica fine a se stessa, si tenta di ricordare il pulito, il sincero senza strutture e finzioni come il bisogno di amare ed essere amata, come Sara nel suo intimo decide di non spezzare questo sogno per entrare nell’infinito tempo che è eterno mentre visioni le invadono gli occhi di drammi, di conflitti umani, dilatando il sentimento in noduli serrati e tutte quelle figure che hanno condizionato il destino.
Ricordare è pena ma è anche gioia, le corse in vespa con la cara amica del tempo, ora che ripensa a quell’infinito intrico di visi cari della sua infanzia. Sara pensa: non so cosa darei per ricordarli tutti e tutto il bello dell’esistenza!
Tutto questo universo gremito di creature mai scordate perché sappiamo di riconoscere la gloria nell’umiliazione della nostra infermità umana sperimentando la potenza poiché non sia superbia. Ti basti la grazia della fede! Così ha detto il Signore, dell’amore! Ti basti infatti tutto ciò che si manifesta nella debolezza.
Vorrei dirlo con Dante: “Amore che muove il sole e le altre stelle”.
E quando sono debole ma forte con questo umore nel cuore penso che è così che Sara continua la sua vita nel mistero dell’amore, dell’amaro profumo. Asciugava le sue ciglia mentre il suo cuore si inondava di lacrime.

***

Dal libro In attesa dell’inverno di Nardina Federici.

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