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Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi

Dalla Silloge poetica “Labirintismo”

01) …di un fiore di Venus

Lentamente lascio calare le palpebre.
La mia mente inizia la sua catabasi,
inizia a percorrere le profonde, tortuose anse,
dei segreti, impenetrabili sentieri del mio labirinto.
La mia mente non vede, la mia mente ha percezioni
oggettivamente icastiche di quella realtà che non vede.
La mia mente ha percezioni sinestetiche
del buio che non vede, del freddo che non sente,
dell’umidità che non la penetra.
Poi, disperatamente, nel fondo del mio labirinto,
percepisce una botola che si disintegra,
una botola che la fa precipitare ancora più giù,
oltre quel fondo che credeva invalicabile confine,
centripetata da un maelstrom,
che la risucchia, nella percezione di un bènthos
e lì, paradossalmente, in un caleidoscopio di metazoi,
vede, sente, s’inebria di un fiore di Venus,
blandito da tèpide acque.
Questo simbolo di amore eterno,
ha ridato speranza alla mia mente,
che vagava in una brughiera di superficie,
che è colata a picco,
che non ha toccato il fondo soltanto perché è andata,
attraverso, oltre il fondo,
che è stata centripetata da un maelstrom,
per scoprire, per capire,
che ovunque, che inopinato, si può trovare l’amore.

***

02) …il freddo afflato del vespro

Il tempo, silenzioso e inesorabile,
come etereo,
evanescente glissando di un’arpa remota,
scivola via
e l’arte dei giorni che ritrae il volto,
impietosa,
scolpisce i misteri eterni dell’anima,
incide sulle mani il futuro,
germoglio di istanti da poco scanditi.
Lo sguardo,
vitreo si posa su vecchi album di foto,
su uno sgualcito diario ingiallito,
letto e riletto,
e la mente dipinge un pendolo
depredato del suo cucù,
cancellando anche l’illusione del futuro.
Nella mia mente,
il tuo viso sembra l’incanto di un’altra dimensione,
lì, ove i ricordi oscillano su carezze smarrite,
lì, ove tra galassie di quiete,
rigenerata sussurra la brezza ruvida della vita,
mentre qui,
pare miracolo pure una crisalide che diventa farfalla.
In rauchi stridi sibila sopra le vette
dai riflessi di indaco cielo,
il freddo afflato del vespro
ed uno struggimento arcano
incide un varco per la strada della mente
e scrive un’elegia mesta nei rigagnoli del cuore,
mentre un indistinto brusio di nostalgia,
senza bussola, vaga nell’oscurità.
Ho cromosomi da irrequieto gitano
e mi dileguo, nervoso,
lontano da un avverso fato
che di densa nebbia avvolge le memorie.
E’ tardo autunno e la tramontana
gelida rapisce le fronde ingiallite del mio prato,
così, come rapisce ogni residuo barlume
del desiderio di vivere!
La mente,
confusa s’inabissa nel lago in bonaccia
delle più remote, più incisive memorie
e riaffiora prepotente la malinconia
e con lei il sordo tormento che,
mellifluo, il cuore sembra blandire
e con lui, impensabile, un dolce afflato di vita!
E mi lascio andare allo slancio di una calma fantasia
che rapidamente si propaga
nell’inquieta sagoma di istanti oscuri.
Nel cuore esiste ancora un flebile sussulto di vita:
con fede innalzo or veemente lo sguardo,
anelando il sincero amore delle stelle!

***

03) Frammenti di felicità fugace

La strada verso il cielo
è un mosaico d’oro,
contornata di fiori,
intrisa dell’armonia di un carillon,
che voglio ascoltare,
di cui mi voglio inebriare,
lasciando calare le palpebre,
lasciando che l’anima sfiori
i luoghi più intimi dei suoi sogni.
I miei occhi sono chiusi,
guizzo nella superficie riflessa
di un lago calmo.
Qui riverbera ogni mio desiderio,
ogni mio profondo sentimento,
l’entusiasmo di momenti effimeri
dal gusto puro,
una brezza incorporea di vera energia.
Una fantasia inseguita, patita,
perché sentimenti non c’erano.
Frammenti di felicità fugace,
che invitano all’amore.
Un bacio intriso di grande bagliore,
un pianto di gioia,
lievemente lambiti dagli occhi,
sono l’agognato ristoro dell’anima.
Sono arrivato! Ma dove?
In quel labirinto,
in quel meandro infinito
di cui nessuno ha memoria,
mascherato di buie promesse,
ma che urla forte
tra i rapidi bagliori che diffonde,
perché odia esser dimenticato.
Fantasticare con l’immaginazione
non è difficile,
è sufficiente desiderarlo.
Accorgersi all’improvviso,
di avere le pupille tinte
di altre sfumature,
di un arcobaleno mai visto
e vedere, che quel raggio di sole,
già scalda le mani,
ed è una sensazione soave, sconfinata…
Tuttavia il raggio può bruciare;
una bruciatura soave tra gli anfratti
dell’amore,
una bruciatura soave della pelle che freme,
delle vene rigonfie di sangue,
della bocca tenera e levigata.
Accoglimi dentro di te,
là, dove i tesori più preziosi sono nascosti,
tra i germogli e gli aromi della tua anima…

***
Làbrys-Opus Hybridum de Labyrinthismo di Mauro Montacchiesi – Aletti – eBook

Il commento di NICLA MORLETTI

La poesia “Labirintista” montacchiesana nasce dalla percezione del caos. Si tratta di un vero e proprio viaggio iniziatico alla scoperta dell’ “Io” più profondo: “Lentamente lascio calare le palpebre./La mia mente inizia la sua catabasi,/inizia a percorrere le profonde, tortuose anse,/dei segreti, impenetrabili sentieri del mio labirinto” scrive l’autore.
Ma il mondo non è forse nato dal caos? Non forse dal caos sono nate  poi la luce, il cielo, le stelle e la terra con tutto ciò che in essa ha vita? E questa ineluttabile esistenza che come una giostra ruota imprimendo un movimento di danza con dolcezza nel tempo?
Versi, questi di Montacchiesi, che hanno sete di verità e di chiarezza, quella verità che troppi oggi vorrebbero nascondere per occultare manovre intestine, incomprensibili come scopo e come fine per l’umanità. Nelle poesie dell’autore traspare la vita e con lei  le cose create, sia essa una goccia posata su una foglia, sia l’immensità del cielo e del mare. Il tutto, anche i sentimenti celati nell’anima provengono dalla stessa matrice, i valori che ci interessano si trovano nella purezza delle acque, non nella sua quantità. Un’opera bella e impegnativa da leggere sicuramente
.

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