UOMO ONDA

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 opera di Franco Sumberaz

Finalmente! Finalmente  libero da quella corrente fredda, decisa a una sola direzione. Libero da quel brulichio confuso, bello sì, colorato, argentato, dorato, ma gonfio di liti, aggressioni, tranelli, nel diffuso tentativo di divorarsi a vicenda, e sopra le barche a calare reti, a spargere liquidi maleodoranti.
Voglio seguire il mio impulso, correre col vento verso terre sconosciute, abbandonarmi morbido, lasciarmi specchiare dalla luna, voglio curiosare nella vita di altri esseri, fare magari una piccola incursione nel mondo degli umani….Saranno tutti pescatori? Tutti bruciati dal sole e a gridare “Orza!…Cala!….Tira!”.  Sapranno ascoltare i canti delle sirene nei silenzi della bonaccia? Danzare e giocare con me?
Una casa vicino alla spiaggia! Padre Nettuno, ti prego, lasciami avvicinare, non voglio fare danni, starò attento, mi alzerò solo quel tanto per potere osservare. Magari anche altro, non so. Non darmi troppi limiti, sono un tipo creativo. La spiaggia è deserta, tutti se ne sono andati ora che il sole è calato e non c’è neanche la luna. Chi vuoi che si  accorga di me! 
Ecco, una finestra aperta e ne esce musica. Sublime, come se corresse col vento, come se si sgranasse in tante gocce cristalline! Si è interrotta, mi alzo ancora un poco: un giovane bruno si massaggia le mani, muove le lunghe dita nell’aria e osserva aggrondato lo spartito posto sul suo pianoforte. Qui ci vuole una sirena, sottile, dai lunghi capelli ondeggianti, che lo incoraggi e insieme lo incanti. Via sulla tastiera a spumeggiare! Già sorride quel giovane guardandola e si rimette a suonare. Una musica dolcissima. Caro Nettuno, questa sirena l’hai persa, osserva gli occhi di lei, mare nero che scintilla sotto le stelle. Ehi! Si baciano! Bene, qualcosa sono riuscito a fare. 
C’è un’altra finestra illuminata, non posso andarmene senza guardare. Che caos! Libri sparsi ovunque, una ragazzina seduta alla scrivania con un quaderno davanti, gli occhi persi nel vuoto. Spumeggio leggero, lei si volta, scuote  i lunghi capelli dorati, spalanca gli occhi stupita, e poi è subito da me. Ma come, bella fanciulla, non hai paura della mia forza? Così rapidamente t’immergi? E ridendo! Fossero tutte come te le umane farei faville! Che dico! Bollicine a iosa!  E non ti fermi anche se ti travolgo e t’ innalzo e t’inabisso!  Sei terrestre o sirena? Non sapevo che esistessero femmine di tale sorta fuori dal mare! Danzi nell’acqua come se ci fossi nata. Ma che fai, chi hai pescato? Padre Nettuno! Ha pescato un pescatore! O è  lui, alto e robusto, sguardo imperioso, che l’ha pescata? E già danzano insieme nel mio azzurro, volteggiano, s’inseguono, si abbracciano…..se ne vanno. Mi lasci così,  ragazzina, senza dirmi nulla? Stai attenta, i pescatori sono tipi pericolosi, ne so qualcosa io! E se tu rimanessi con me, sai quanto potremmo giocare? Scuoti la testa, lasci che lui ti porti via. Che ingrata! No, ti giri, mi guardi, sorridi dolce e radiosa e nel mio salino echeggia il tuo saluto: “ Grazie, onda d’amore”.

Cecilia

10 COMMENTS

  1. Vi devo svelare un segreto, in forma di metafora ho narrato una storia reale, l’incontro dei miei figli con i loro rispettivi partner, rispettando il carattere di entrambi però. Grazie per i bei commenti. Ciao.

  2. anche il tuo racconto è suggestivo e molto evocativo. Grazie di avere commentato il mio, sono felice di ritrovarti e di condividere questa bella esperienza di scrittura.

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