Angelo

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“Adesso manca veramente poco a Natale” pensò la piccola bambina mentre camminava spedita. ”
L’avvicinarsi delle feste rendeva ancor più caotica la grande metropoli in giorni di frenesia generale e un gran  via vai di macchine impazzite correvano accompagnando la loro scia con i suoni coloratissimi dei claxon.Come un’ enorme ragnatela si stendevano le vie della città  dove la neve alta si mescolava con l’ indifferenza  sullo sfondo gioioso di tante luci che spuntavano dalle finestre, balconi e alberi.
Aveva un paio di stivaletti con le suola bucate di due misure più grandi e per  proteggersi dall’acqua si era  infilata sacchetti di plastica e qualche paia di calze bucherellate in più.Teneva  per la manina ghiacciata la sua sorellina mentre andavano a trovare la mamma all’ospedale quando si rese conto che dovevano sveltire il passo. Era quasi il tempo dell’ora delle visite. Aveva tanta paura del buio e voleva riuscire  a ritornare a casa prima ancora che il buio fitto avesse ricoperto l’ultimo pezzettino di cielo. Faceva molto freddo ed  il vento tagliente le  mordicchiava le guancia rosso-viola ma lei non si lamentava e camminava svelta, anche se il peso delle pentoline con la roba da mangiare le faceva  quasi venire il formicolio al braccio. Non aveva tempo di pensare a questo anche perché  era  presa  dalla magia di tutte quelle luci colorate che lampeggiavano soltanto ai balconi dei più  benestanti della zona. Da una finestra aperta si sentivano le canzoni di Natale e nell’ aria c’era l’odore di buon cibo.
Ha quasi fame ma…le  torna in mente che dopo quelle due cosine preparate per la sua mamma, in frigo non è rimasto che un solo uovo e dovrà  cucinarlo  alla sorellina il giorno dopo, a Natale…
Tornò a casa infreddolita, stanca e preoccupata per la mamma che non poteva allattare il piccolo appena nato perché  la febbre il dottore non era riuscito a fargliela scendere in nessun modo. Quella sera non chiuse nemmeno le persiane, così  poteva far entrare la luce dell’ unico lampione della strada e magari se la luna e le stelle avessero brillato di più, il buio le avrebbe fatto  meno paura. Si sentivano le voci alte dei vicini che festeggiavano e brindavano felicemente sulle note di vecchie canzoni che ancora Ceausescu non aveva censurato del tutto. Per l’ultima volta provò ad accendere la luce ma niente da fare. Toccò  il termosifone ghiacciato e andò a letto  addormentandosi  fra singhiozzi  chiedendo al Bambin Gesù di starle vicino e proteggere la sua piccola famiglia così provata.
E’ il giorno della Vigilia…stesso giorno , stesse strade , stessa bambina di venticinque anni fa’.
Mi sveglio e dopo che mi vesto frettolosamente esco a fare un giro. Non so  più se è la mia o la vostra città, non so neanche se queste strade che spesso ho calcato mi riconoscevano ancora,   ma so  che mi sono mancate tanto dalla mia partenza.
Mi guardo intorno e vedo che tutto va a cento all’ora anche se i semafori sono rossi e anche se per le strisce attraversa piano una ragazza col bastone bianco mentre qualcuno in fila suona disperatamente un maledetto claxon.
Continuo a girare lo sguardo che lentamente si posa e…
…vedo una mamma che sta piangendo sulla bara minuscola,
…un bambino quasi calvo con la flebo nel braccino  destro mentre nella sinistra tiene stretto un pupazzetto,
…un padre lavapiatti molto triste perché non abbraccia la moglie e i suoi piccoli da più di due anni e chissà  se questo mese lo pagheranno  per poter  mandare un bel pacchetto con del cibo e giocattoli a casa all’ultimo momento,
…vedo un gruppetto di bambini vestiti da angeli che danzano spensierati nel parco giochi mentre due vecchietti mano nella mano li guardano felici,
…vedo della gente intorno al fuoco perché il terremoto  ha regalato loro una scatola di cemento armato ,
…vedo un bimbo molto sporco e affamato che dondola su se stesso piangendo per il dolore delle piaghe aperte che nessuno cura,
…vedo un cane picchiato e abbandonato in mezzo alla strada.
Poi mi giro e guardo l’altra faccia della città che pullula di piccoli esserini che stanno nei tombini drogandosi sniffando una schifezza da quelle buste sporchissime per poi andare a dormire su qualche tubo caldo per non crepare di freddo all’aria aperta sulle panchine del parco.
Vedo anche delle bellissime case molto chic  con della gente ben vestita che siede attorno a tavole imbandite , piene di varie pietanze  fumanti e vini pregiati, ma con gli occhi spenti e infelici. Li guardo insistentemente mentre si muovono come dei pupazzi di cera e questo mi mette ancor più  tristezza perché così facendo, loro ci levano anche il senso del dolore vero e autentico.
Mi guardo intorno, penso, e mi viene da piangere.
Mi accorgo che le lacrime che vanno giù a fiumi piano, piano   prendono contorno, si trasformano e assisto alla nascita di un angelo.
Ma, forse non vedo bene, forse ho gli’occhi appannati e ancora pieni di lacrimoni!
Invece no! è proprio vero! È proprio un angelo! Il mio angelo!
Mi guarda e mi accarezza dolcemente i cappelli mentre mi bacia la fronte con tanta premura. Mi abbraccia e mi racconta all’orecchio quello che intende fare questa sera nella mia grande città.
Lo lascerò libero, così potrà  dare anche ad altri quello che sta dando a me.
Come un soffio volò  via dalla finestra volteggiando nell’aria  freddissima di una serata di dicembre.
Per un po’ sono riuscita a seguirlo  con lo sguardo, ma  poi sono rientrata dentro chiudendo la finestra addobbata con fiori di ghiaccio vero.
In tarda notte è ritornato stanco e davanti al camino mi raccontò quello che era riuscito a fare.
Aveva fatto un giro nella suburbia e lì  si era dato da fare…mamma mia quanto ci sarebbe da lavorare lì !
È andato in molte case portando un po’ di serenità  su quei visi stanchi e tristi distendendo molte rughe.
Quella coppia di sposini con un bebè  in arrivo che non aveva  i soldi della rata per il mutuo della casa, per una sera si sono dimenticati di contare i pochi spiccioli rimasti, hanno cenato allegri e poi hanno rifatto all’amore come per la prima volta.
E quella bambina che si è fatta male lavorando nel cantiere insieme al nonno che la sta crescendo?
L’ho aiutata ad alzarsi, le ho richiuso le ferite dei ginocchi e dell’ anima e l’ ho fatta ridere con le mie acrobazie maldestre.
Man mano che mi raccontava guardavo i suoi occhi che brillavano di felicità .
“Sai” mi disse l’angelo,quando tornerò  lassù, dopo aver portato il taccuino al Padre con tutte le vostre richieste, chiederò di poter ritornare  perché  ho provato emozioni indimenticabili fra voi mortali!
Ho sentito il calore che t’inebria la mente quando due s’ innamorano ed il dolore  altrettanto disperato e profondo quando l’amore muore. Ho provato una gioia immensa quando è nata quella bambina e una tristezza infinita per il suo padre che non l’ ha voluta riconoscere. Ho mandato a casa tutte le ragazze che vendevano la loro carne per le strade, le ho rivestite e ho trovato  uomini semplici che sapranno amarle e onorarle portando a casa il loro piccolo stipendio che insieme divideranno per farlo bastare fino alla fine del mese. Ho  insegnato loro di cucinare e di tenere bene la casa.
Poi sono andato da quella nonnina sola, dimenticata dal mondo e dai suoi figli. Per qualche minuto ho fermato il suo tremore così che lei ha potuto sorseggiare tranquillamente la tazza di tè  caldo che le avevo preparato.
Un attimo mi sono fermato per sedermi accanto ad un altro vecchio mendicante che non sapeva che il freddo di questa notte non l’avrebbe fatto arrivare a vedere l’alba del Natale.
Anche per te ho pianto da lassù quando i tuoi genitori per un verso o per un altro ti hanno abbandonata. Ricordo ancora il tuo papà  che disperatamente ho provato a rianimare dopo avergli sciolto il nodo stretto intorno al collo. Puzzava di alcool ed era molto trasandato. Ricordo anche tua mamma che furibonda ti menava per poi ricacciarti fuori con l’augurio di non tornare più a casa perché  nel piatto non poteva metterti più nulla, e se volevi vivere ti saresti dovuta rimboccare le maniche.
Ti ho vista sai, quando col nodo in gola sei salita su quel pullman che ti avrebbe portata via per sempre molto lontana da quella realtà .Ma io vegliavo su di te anche se non mi vedevi, e tantissime volte  ho accompagnato le tue lunghe notti bianche tessute di mille lacrime. Tutte le volte che  sentivi freddo dentro perché  eri sola come questo Natale, e nessuno dei tuoi umani non ti ricopriva d’amore , io mi spogliavo dalle piume delle mie ali e ti ricoprivo con cura . Te non lo sai ma io sono sempre con te e spesso ti accarezzo le mani stanche, la testa pesa da troppi pensieri ed il cuore insanabilmente  ferito da tutte le cicatrici che si riaprono non appena l’ultima è riuscita a malapena a richiudersi. Per me sarai la solita bambina di una volta che gelosamente custodisci nel più  profondo senza farti intaccare da niente di impuro.
Mi commuovo insieme a te sulle note di un notturno di Chopin o quando leggi a voce alta “Se tu mi dimentichi” di  Neruda. Vorrei dedicarti la canzone di Battiato “La cura” e fartela  ascoltare tutte le volte che sarai giù.
Oh Signore mio quanto amo voi umani! non hai minimamente idea! Ho pianto anche  per tutte quelle volte che non sono potuto entrare nelle  case dove esseri soli sui loro letti di tanta sofferenza  si spengevano in silenzio, e  non c’era nessuno ad aprirmi la loro porta.
Ogni  volta che  mi porto via da qui i vostri problemi o sogni infranti o pensieri bui non riesco a volare per un po’.
Questa sera mi sono addormentata tardissimo dopo aver parlato a lungo col mio angelo e, dopo tanto tempo che non risuccedeva, ho sognato ancora…

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Manuela Pana

Manuela Pana è nata a Timisoara, in Romania. Nel 1992 subito dopo aver preso il diploma di maturita’ linguistica si trasferisce a Firenze continuando gli studi presso L’ Ateneo fiorentino. Ha al proprio attivo diversi scritti inediti inerenti alla narrativa ed alla poesia in corso di pubblicazione.
2009

Interessi: …tutto ciò che riesce a soffermare lo sguardo dell’anima emozionandomi profondamente.

Mi piace descrivermi così atraverso i miei versi semplici:

“I miei pensieri d’inchiostro
Sono come una nuova lingua
Come un modo di dire,
Una nuova espressione
Nell’umilta’ del silenzio…”

Nel mio piccolo ho accolto e dato ascolto alle sensazioni che lasceranno traccia nel grande libro della vita attraverso le parole, che non sempre potranno trasmettere o descrivere l’intenso vissuto, provato, sentito.
Non racconterò forse niente di ciò che non sia stato già detto o scritto. Amare, come scrivere, è un po’ come “il solito” ma sempre diverso.
Il bello sta nel saper assaporare l’emozione colta nell’effimero attimo fuggente.

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