L’uomo dall’animo di fanciullo di Giovanni Scilio

«Perché le piace la poesia?» mi chiese la dottoressa per cominciare.
«La poesia mi dà la possibilità di guardarmi dentro, di scrutare in profondità il mio spirito, di mettere a nudo le debolezze e i punti di forza, i sentimenti, gli stati d’animo e le emozioni. Per questo motivo, oltre che leggere le liriche dei grandi autori, a me piace anche scriverne di mie. Non ho certamente la pretesa di comporre versi celebri e di essere citato nei testi di letteratura, ma voglio semplicemente esprimere come sono e cosa sento in quei momenti in cui vengo colto dall’ispirazione. Le mie poesie sono destinate più a me che agli altri.»
«Qual è il poeta che preferisce?» chiese ancora la terapeuta.
«Mi piacciono soprattutto Leopardi, Pascoli, Ungaretti e Montale. Se, però, devo indicarne uno soltanto, la mia scelta cade su Giovanni Pascoli» risposi senza esitazioni.
«Pascoli è considerato un autore che esprime sentimenti tristi, malinconici. Ritiene che ci siano affinità intellettive tra di voi?»
«Credo di sì, ma non tanto per l’infelicità e il dolore che si leggono nei suoi versi, quanto per il modo con cui guarda il mondo, la natura e cioè con gli occhi semplici e spontanei di un fanciullino. Egli stesso dice:
Quel fanciullino che al buio vede o crede di vedere, alla luce sogna o sembra sognare, parla alle bestie, agli alberi, ai sassi, alle nuvole, alle stelle… Rende tollerabile la felicità e la sventura, temperandole d’amaro e di dolce e facendone due cose ugualmente soavi al ricordo… Egli scopre nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose… Egli adatta il nome della cosa più grande alla più piccola e al contrario.
Ecco, io e Pascoli abbiamo in comune l’anima del fanciullino.»«Interessante» disse lei, «veramente interessante. Vorrei però che mi togliesse una curiosità. Ho sentito dire che Pascoli provasse un’attrazione morbosa verso una delle sorelle, che andava oltre il normale affetto che c’è tra fratello e sorella. È vero ciò?»
«Queste sono volgari insinuazioni, fatte, a mio avviso, per invidia e gelosia o da chi vuole sempre pescare nel torbido» esclamai sdegnato. ‹‹Da che mondo è mondo, ci sono sempre stati  uomini dotati di un’indole perversa che trovano il male e spesso anche il marcio dappertutto, anche senza che ce ne sia motivo. Fin dal 1885, quando Giovanni Pascoli, ottenuta la cattedra al liceo di Massa, chiamò a vivere con sé le sorelle Ida e Maria, gli furono rivolte accuse di un legame incestuoso con la prima delle due. Si disse anche che Maria, essendosi accorta che Ida e Giovanni stessero per varcare o avessero già varcato i confini di un amore fraterno, per porre fine a quella torbida relazione, indusse la sorella a sposarsi, cosa che avvenne nel 1895. Inoltre, al fine di evitare pericolose “ricadute”, ella visse, per tutto il resto della sua vita, accanto al fratello per vigilare, con il suo rigore morale, su di lui. Alcuni dicono che la lontananza da Ida provocò nell’animo del poeta uno shock talmente violento, da gettarlo nel più totale sconforto e che da allora egli divenne vittima dell’alcol, contraendo poi la cirrosi epatica che fu la causa della sua morte.
Tutte queste sono solo un cumulo di menzogne e falsità.
È vero che il Pascoli fosse molto legato alle due sorelle minori, ma solo  per il grande affetto che egli aveva nei loro confronti e perché, proprio con loro, aveva ricostruito il “nido familiare” a lui tanto caro e che era andato distrutto con la tragica sequenza di lutti familiari iniziata con la morte del padre. E ciò il poeta lo disse chiaramente quando, in occasione del matrimonio di Ida, scrisse un’accorata lettera all’altra sorella, Maria, affermando di essere disperato, perché la “famigliola”, che egli aveva faticosamente creato circa dieci anni prima, si era irrimediabilmente dissolta.
Le ricordo ancora che Pascoli, oltre ad essere un grande artista, era anche un uomo dotato di una straordinaria sensibilità e di un animo nobile. Pertanto respingo con indignazione questa perfida accusa di interesse incestuoso, da parte sua, verso una o entrambe le sorelle.»
‹‹Sono d’accordo nel sostenere che Giovanni Pascoli, a livello razionale, abbia voluto ricreare, insieme alle due sorelle, la famiglia perduta, ma, magari a livello inconscio, può anche aver avuto verso di loro un sentimento diverso, senza rendersene conto. Tutti nel nostro inconscio coviamo i più disparati desideri
e le più contrastanti passioni, senza saperlo o sospettarlo.
Secondo alcuni studi recenti, si riscontrano in Pascoli, le peculiarità dell’amore edipico mediante la proiezione della figura della madre su Ida e la propria immedesimazione nel padre morto: in questo modo, finalmente, il genitore prematuramente perso, ritornato a vivere in lui, poteva prendersi cura della prole, rappresentata dalla piccola Maria. Questa tesi concorda in parte anche con il suo desiderio di ricostruire il “nido familiare”.
Ciò, comunque, non scalfisce minimamente la personalità artistica di Giovanni Pascoli, che resta sempre un grande poeta, anche a me molto caro, perché, con i suoi versi sublimi, rapisce i miei sentimenti e il mio immaginario.»
Nel suo viso scorsi qualcosa di nuovo, un’espressione dolce, insolita che non avevo mai notato nei precedenti incontri. Era come se fosse stata affascinata da quanto era stato detto sulla poetica del Pascoli.
Parlammo ancora di lui, ricordando e commentando qualche sua poesia, cercando anche di adattarla alle nostre situazioni personali. Lei fu molto presa da questo gioco e vi partecipò con un entusiasmo davvero fanciullesco. Quella volta la vidi sotto una luce diversa, perché aveva smesso gli abiti formali della professionista per vestire quelli di una donna capace di provare sentimenti ed emozioni.

***

Dal libro L’uomo dall’animo di fanciullo di Giovanni Scilio

2 Commenti

  1. Pascoli fu il poeta dei fanciulli attempati. Coloro che, avanti negli anni, conservano il candore della prima giovinezza. La sua sensibilita’ era talmente vasta da provocar giudizi malevoli. Succede quando la normalita’ viene travalicata e raggiunge vette che pochi riescono a scalare.
    Pascoli resto’ fanciullo fino alla morte. Attendentendola, si predispose ad una seconda nascita.
    Da agnostico perfettamente incarno’ la massima evangelica : ” Se non diventerete come fanciulli non conquisterete il regno dei Cieli “.

    Gaetano

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