Il gabbiano, la viola, la memoria di Filippo Inferrera

Alfaomega

Amo me in altro corpo e le parti che mutano,
amo gli alberi sfioriti e le stelle filanti
che strillano di luce, d’agosto.
Amo il silenzio e le fauci del mostro petulante,
amo la bianca vela e l’occhio nudo del cannone,
amo perdutamente l’acqua della vita.
Amo la piazza rovente e il deserto
delle cortecce dimenticate, amo te.
Presto, sarò posseduto da rughe e segreti,
da giochi in chiaroscuro e mani assassine
che indossano peli da bestia.
Presto, squarcerò tutta la nebbia
sugli scogli dove s’infrange ogni lacrima.
Amo la raffinata presenza del passato,
il suo raccontarsi come una musica sottofondo
che riempie di silenzio il rumore.
Amo il coltello che aggredisce la pietra,
la giusta morte, odorosa di terra,
amo il deja perdu, la forza fragrante
di un caldo pane di montagna.
Uscirò dal mistero per un’altra destinazione,
dove nessuna bellezza ha più vuoti di cielo.

***

A un passo dalle stelle

A un passo dalle stelle
pensavo di potermi fermare,
sentire calda la carezza della luna.
Non tutto riluce in un ciuffo d’erba,
se distendi lo sguardo sul dorso del fiume
vedi dove abitava il merlo,
avverti i batteri della morte.
Ma un tempo l’acqua era pura,
il silenzio scorreva di fiore in fiore
e il risveglio aveva il volto dei passeri.
Altri muri, altri abbandoni di roccia,
qualunque approccio aveva
la forza della preghiera, l’umiltà dell’insieme.
La solitudine invade la scena
come se fosse destino avverso sopravvivere,
come se l’amore fosse un adolescente malato,
che non lascia speranze.
Cerco nei tuoi occhi la febbre delle comete,
la parola aggrappata all’ultima dissonanza,
cerco la stessa acqua, lo stesso tramonto,
lo spazio di una Cattedrale,
la vittoria non più nuda di un re sconfitto.

***

Cavalli a dondolo

Cavalli a dondolo sfioravano l’arena
galoppando sicuri verso il mare.
I dorsi curvi, le zampe da lucertola,
il manto tutto cielo, segnavano il cammino
come un battito di pendolo.
lo so quali erano e quanto rabbiosi
scolpivano la loro giovinezza
con le froge spalancate al fluire del sangue.
Li ho visti dal mio letto di fiume,
attraversare uno spazio eterno di tempo,
ombre di luce e tenebre, dentro un concerto
di strepiti di vento.
Li ho visti come in gara sfrecciare
sotto gli archi, dove tutto è preda,
acre odore di terra.
Cavalli a dondolo sono l’orgia e le riscoperte
della mia infanzia, del bambino
più forte di tutti, che si stupiva del niente
e slegava le briglie. Erano musica d’amore,
quando mio padre ritrovava la voce
del respiro per regalarmi il suo destino.
Lasciatemi il loro candore,
che vadano dove la sete li porta,
che restino l’ultima illusione di cartapesta.

***
Dal libro Il gabbiano, la viola, la memoria di Filippo Inferrera – IBISKOS ULIVIERI, 2011 – p. 47

Il commento di NICLA MORLETTI

Un libro di poesie di intenso lirismo. Una favola d’amore narrata in versi, passo dopo passo. Il gabbiano, la viola, la memoria. Estremamente bello ed evocativo il titolo. Poesie che riflettono una ragguardevole capacità di osservazione del flusso emozionale che una dinamica visione fantastica rilancia in un vortice di suggestive impressioni, immagini, vibrazioni, sentimenti e colori con una tecnica creativa che attinge dal profondo dell’anima e da vive emozioni, con un ritmo che aderisce musicalmente al cadenzato fluire della parola, traducendola in versi stupendi.

5 Commenti

  1. Filippo Inferrera col gabbiano della memoria vola tra i fiori della vita e ne coglie alcuni per profumare il suo giardino interiore.
    Liriche da meditare. Piano. Con soffio della primavera sul volto e un sorriso nel cuore.

    Gaetano

  2. Caro Filippo,
    le tue liriche che si schiudono su paesaggi d’immagini,
    e hanno timbro, colore, luce, raccontano fiabe di vite atte
    a riportare sul sentiero dello stupore.
    In un panorama di poeti spesso affetti dal mal di vivere, il tuo
    versificare è poderoso segnale di rinascita.
    Evoca il ‘tonante canto della cattedrale’ nerudiana… le ridondanze
    ricche di narrazioni dei poeti cileni…
    Basta pensare alla chiusa della lirica “Cavalli a dondolo”, per
    aver piena l’idea dell’incanto. E di quanto nei tuoi versi esista la volontà
    di raccontare una storia… non di lasciare impronte labili sulla sabbia
    del tempo…
    Grazie per tanto infinito accecante lirismo!

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