La città si sveglia avvolta in una nebbia torbida e polverosa.
Davanti agli scheletri di quelli che fino a poco tempo fa erano case, palazzi, ospedali ed antiche vestigia di tempi antichi, solo macerie e cocci di vita.
Folla di uomini e donne che accarezzano il volto dei loro figli, come a volere togliere dai loro visi le immagini che i loro occhi fissano increduli e che hanno spazzato via sogni e scampoli di vita futura.
Fruscio di abiti lunghi che avvolgono l’anima e il corpo, portati da madri dal volto segnato da troppo dolore.
Voglia di una vita normale che la storia ha negato solo perché sei nato dalla parte sbagliata del mondo.
Donne e uomini che stancamente trascinano le loro storie e bambini che allungano le mani segnate anzitempo, in cerca di caramelle e di qualche spicciolo di vita.
L’inferno ha trovato il suo palcoscenico sulla terra, trionfando col suo nero abisso e sostituendosi là dove un tempo si narravano fiabe millenarie e dal sapore antico.
Nella città perduta la morte trionfa sulla vita e ne diventa padrona, mentre essa diventa sempre più simile ad un dipinto che sbiadisce sotto la luce dei secoli e delle bombe.
Il passato rivive solo nei racconti dei vecchi che, seduti nei vicoli delle strade fumando narghilet, frugano nella loro memoria cercando frammenti di quel che resta della loro misera esistenza e ricordi di echi di luce al tramonto, che si perdono nel cielo e nei giorni che restano…
In questo racconto breve non si parla di una città particolare, ma di tutte le città del mondo che sono devastate dalle guerre.
Mentre scrivo ascolto “Wuthering Heights” indimenticabile brano di Kate Bush.