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Stoppino bagnato – Ultima puntata

Beautiful Dreamer by Jack Vettriano

Certo è che da quel giorno qualcosa (o meglio, tutto) cambiò. Giuseppe cominciò ad essere sempre meno disponibile nei miei riguardi. Si faceva desiderare ed i nostri appuntamenti divennero sempre meno frequenti.

Io ero torturata dalla sicurezza di aver sbagliato a dichiarare i miei sentimenti, ma contemporaneamente dalla certezza che prima o poi avrei dovuto addivenire ad un chiarimento con lui.
Ed arrivò eccome il fatidico elemento risolutore.
Un giorno mentre eravamo in casa, cercando di aprire lo stipetto di un mobile, vidi poggiato all’interno un anello da donna. Non è certo del suo amico, pensai.
Allora, facendo finta di niente me lo misi e vidi la sua faccia diventare scura.
“ Bello questo anello. E’ della fidanzata del tuo amico?”
Farfugliò qualcosa balbettando. Del tipo che il suo amico frequentava raramente quella casa e che comunque non sapeva nulla a proposito.
A quel punto riuscii finalmente a connettere tra di loro i miei neuroni, a capire tante (troppe) cose e tanti suoi atteggiamenti che sino ad allora non avevo visto per niente, nemmeno fossi stata colta da una cecità isterica.
Mi rivestii in fretta e dissi laconica: ”Voglio partire”.
Lui mi accompagnò alla stazione nel più assoluto silenzio.
Durante il viaggio poggiò la sua mano sulla mia gamba, ma io rifiutai quell’ipocrita carezza.
Gli chiesi spiegazioni. Ne avevo pur diritto, per la miseria!
E lui, candidamente, disse che non c’era niente da spiegare e che comunque io non avrei potuto dire che lui mi avesse mentito. In fin dei conti, non aveva mai detto di amarmi, per cui che diamine pretendevo. Logico, no ?
E continuò sbattendomi in faccia che sì, aveva anche altre storie. E allora ? Potevo mai pensare, io, di essere l’unica?

Odio ripetermi, ma ribadisco il concetto: fu in quel preciso momento che compresi tanti particolari che prima non avevo voluto vedere.
Capii che non lo stavo perdendo, perché in realtà non l’avevo mai avuto.
Capii che quei suoi meravigliosi baci non venivano dati solo a me. E mi parve quasi di sentire l’inebriante profumo delle “altre”, il loro afrore sotto le lenzuola. Avevo ormai delle autentiche allucinazioni sensoriali; e mi girava la testa, mi saliva la nausea.
Mai come allora sentii il gelo calare sulle nostre emozioni. Ero paralizzata. Non sapevo cosa dire e che fare.
Avrei voluto scomparire; anzi, avrei voluto non essere mai vissuta. Avrei voluto annullarmi.
Avrei voluto piangere, ma le mie ghiandole lacrimali erano secche per effetto dell’adrenalina che le mie surreni continuavano ad eiacularmi nel sangue. Anche tutti i miei organi soffrivano con me e non mi potevano o forse non mi volevano aiutare. Le labbra erano segnate da ragadi secche e il mio sterno gemeva sotto la spinta dei muscoli toracici contratti.
La mia mente continuava a funzionare e mi diceva incessantemente: “Anche tu ormai femmina e non Donna. Anche tu ferita. Stupida, che fine hai fatto? Trova uno specchio e prova ad affrontare la tua stessa immagine: non ci riuscirai.”
E la femmina che si era ormai impadronita del mio corpo e del mio cervello in una sorta di possessione diabolica continuava a ripetermi: “Ma cosa cavolo ti aspettavi da un rapporto extraconiugale?”
La Donna rispondeva: “Guarda che queste cose succedono solo nei film.”
La femmina: “Mica vero: i film riflettono la realtà vera” .
La Donna insisteva: “Io volevo solo amarlo.”
La femmina: “Ma lui voleva solo compagnia (in realtà disse di peggio!).”
La Donna : “Quindi è finita. E’ questo che vuoi dirmi ?”
La Femmina: “Non l’hai capito ancora? A meno che tu non rinunci al tuo orgoglio e accetti la condivisione, un bel posticino da preferita nell’harem”.
La Donna: “No. Mai!”
La femmina: “Come preferisci. Però, e lo sai benissimo, soffrirai, lo desidererai, desidererai i suoi baci e le sue carezze.
La Donna: “E’ vero, lo so. Ma non posso fare diversamente”.

Erano ormai in prossimità della stazione.
Si fermarono e lui si piegò un attimo sul suo petto mentre faceva scattare la serratura dello sportello.  A quel punto la Donna gli sfiorò le labbra con l’indice lisciandone il contorno.
Poi sfilò fuori le sue lunghe gambe sinuose, uscì e si incamminò lenta ma decisa.
Senza mai voltarsi. Per quanto morisse dal desiderio di tornare indietro e baciarlo.
Un maledetto, ultimo, stramaledetto bacio.

***
Nebbia negli occhi

Nebbia negli occhi,
nebbia nel cuore,
nebbia che ovatta le orecchie,
nebbia che avvolge le persone, le idee, la testa.

Giovani che si cercano nella nebbia
Immagini che fuggono
Mani che cercano altre mani
Labbra che si conoscono
Che vibrano e si schiudono
Nebbia che avvolge le persone e i cuori
Ma non la mente e i ricordi dei tuoi baci

 

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*** 
“Stoppino bagnato” di Catluc è un racconto a puntate pubblicato nell’ambito dell’Iniziativa “E giunse Amore” lanciata dal Blog degli Autori insieme a Zenzerocandito. Per maggiori informazioni e partecipare segui questo link.

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