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Contare i passi di Carla De Bernardi

L’alba tardiva regala ai viandanti un orizzonte diviso tra due colori fiabeschi.
Al confine con il terreno una bassa striscia indaco sfuma in quella superiore di un rosa intenso che si perde nella vastità del cielo ancora notturno.
Giovanna e Angela detta Lalla attraversano l’antico ponte di pietra sul fiume Elsa e percorrono una pista agricola sostituita presto da una strada d’asfalto che non le lascerà fino a Léon.
È l’ultimo tratto della lunga meseta.
Quando se la sono trovata di fronte uscendo da Burgos hanno pensato con terrore che non ne avrebbero mai visto la fine.
Centottanta chilometri di altipiano assolato, ma ti rendi conto? E dicono che ci sia sempre vento…
Invece è arrivato rapido il giorno in cui l’hanno lasciata, passo dopo passo, alle loro spalle.
Un giorno che merita di essere vissuto con attenzione, minuto dopo minuto.
La meseta incantata è stata prodiga di insegnamenti.

Sulla solitudine.
Che ha molte facce. Può essere quieta, serena o allegra, a volte persino felice, ma anche piena di dolore, d’angoscia o di paura. Di terrore, perfino.
Dipende dallo stato d’animo. Solo da questo?
Si, solo da questo.
La solitudine non esiste. È un fantasma generato dal cuore e dalla mente.
C’è stato un momento in cui Giovanna l’ha temuta. È stata quella volta che si è messa a urlare, tra Castrojeriz e San Nicolás de Puente Fitero.
Aveva la sensazione di camminare senza protezione su un sentiero sospeso tra la terra e il cielo.
E si, in quel momento ha provato una sensazione di panico. Sentire la sua voce l’ha rassicurata sul fatto di essere viva.
Ma più spesso la solitudine le è stata amica. Un’amica silenziosa e priva di pretese. E Giovanna l’ha amata e cercata ancora e ancora. La conosceva già, ma non così bene.
Da adesso in poi la vivrà come una ricchezza.

Sul tempo.
Che a volte ha un moto circolare. Quando non retrogrado. Giovanna ha provato in alcuni momenti la sensazione precisa di vivere un momento già passato della sua vita. Ha sentito sua madre viva e vicina e questa presenza era vera e reale. Erano insieme lì, nel grano dorato.
Credeva che la nostalgia di lei, e quella di suo padre scomparso poco dopo, si sarebbero affievolite con il passar del tempo. Il tempo è una medicina, no? Lo dicono tutti.
Per lei non è così.
Non c’è giorno della sua vita che non pensi a loro e che il desiderio di averli accanto non le ferisca il cuore.

Sul vuoto.
Chilometri e chilometri senza vedere nulla se non i campi deserti e silenti, rincorrendo la propria ombra. L’orizzonte che appare irraggiungibile e forse lo è. Il vento che solleva l’aria e la fa vorticare. Gli alberi così sottili da sembrare tratti di grafite. Le piccole case remote. I viandanti, minuscoli punti in movimento che presto scompaiono. Gli uccelli in volo che lo sguardo non riesce a fermare.
Non è facile camminare nel vuoto.

Sugli incontri.
Sul cammino tutti vogliono sapere solo chi sei. Non cosa possiedi o cosa rappresenti. Nessuno vanta gli scarponi più belli.
Da dove sei partito, se sei malato, se hai le vesciche, e quante, e se sei stanco.
Questo si, è importante. Come ti chiami e come si chiamano i tuoi figli. Se sai cucinare gli spaghetti. Se hai un cane. Se sai cantare.
Se sai amare.

Su sé stessa.
Ha imparato a essere paziente.
Ad aspettare il suo turno.
A posticipare la soddisfazione dei suoi desideri. Un gelato, la doccia calda, un piatto di pulpo gallego, un acquisto, un massaggio.
A non posticipare la soddisfazione dei suoi bisogni. Se hai fame mangia, se hai sete bevi, se hai sonno dormi…. come dice un antico detto Zen. Se ti scappa….cerchi un cespuglio.
Ad ascoltare.
A non interrompere chi sta parlando.
A non interpretare a suo vantaggio quello che gli altri dicono.
A non manipolare la realtà.
A tacere.
A tenere il suo io sotto controllo. Un tempo era obeso e tuttora porta una taglia forte. Per il futuro lo vuole smilzo, scattante e veloce a farsi da parte.
Eliminarlo non può.

Sulla responsabilità.
Il motto di una nobile famiglia spagnola è «Io risponderò.»
Rispondere delle proprie azioni, dei propri pensieri, delle proprie parole, dei propri desideri, dei propri errori.
E riuscire a dire ho sbagliato.
E saper chiedere scusa.
E rammaricarsi per quello che non si è capito.
Ed essere felici quando si è stati giusti.

Sull’amore.
Quello degli amanti, quello dei genitori per i figli e quello per gli amici
Quello per i deboli, gli emarginati, i poveri, i malati, i derelitti. Quello di San Paolo nella prima lettera ai Corinzi. Quello che unisce per sempre gli sposi.
Giovanna pensa all’amore quando c’è la passione e sa che allora è uno stato di grazia.
Pensa al  sesso quando non c’è l’amore e sa che allora può essere molto divertente oppure molto triste.
Pensa all’amore quando muore il desiderio ma non sa come sia poichè non l’ha conosciuto.
L’amore con lei è sempre stato magnanimo.

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