Mistral – Seconda puntata


Un dì passavo per Rue de la Fontette quando improvvisamente sentii, mescolato a tutti i suoni e rumori della via, un fischio. Anzi, un fischiettare.
Non ci avevo fatto caso subito: la mia mente non lo aveva isolato e i miei timpani non l’avevano udito. La seconda volta che sentii mi pareva strano udirlo. Ma, ancora non mi ero voltata. Ero entrata in panetteria e, una volta in fila con le altre donne, pensai a quel fischiettare. Lo sentivo ancora nelle orecchie della mia memoria. Mi sorpresi a pensare che forse quel fischiettare poteva essere per me. No, impossibile! Chi mai avrebbe potuto richiamare la mia attenzione con un fischiettìo?
Era il mio turno.
– “Due baguettes”
Non ci ho pensato più, ma quando sono uscita dal negozio ho visto Mistral, e non so per quale motivo, in quell’attimo ho abbinato il fischiettare a lui. L’ho guardato e gli sono passata davanti. Abbassando lo sguardo perché non riuscivo a sostenere il suo che sentivo fermo su di me. Rabbrividii.
E’ stato un martedì, lo ricordo bene. Era il mio giorno libero dalla scuola. Ero partita di buon’ora per andare a raccogliere la lavanda ad Aurel. Volevo fare un grande mazzo da porre al centro del tavolo e lasciare che il suo profumo si spandesse nella stanza e fare anche sacchettini da mettere nei cassetti.
Stavo china a raccogliere, avanzando passo passo quando, seduto in mezzo alle fila di lavanda, lo vidi.
Dapprima spaventata, poi sorpresa, infine curiosa. Colsi il suo nervosismo e un attimo di smarrimento. Durò poco, perché subito ridivenne padrone del suo tempo.
 “Salve”, dissi.
 “Salve”, disse.
 “Un bel posto dove stare seduti”… mi pareva una frase idiota.
 “Si”, rispose.
Si, vero, volevo aver qualcosa da dire per non andare via subito. Ma avevo una momentanea mancanza di argomenti. Così, passai oltre. Peccato, pensai. Avrei scambiato volentieri due parole. (Falsa!, inveiva la mia coscienza. Avresti attaccato bottone volentieri perché ti interessa questo individuo. E ti piace, anche.)
 “Perché non ti siedi un po’ e non ti godi il panorama? E’ tutto così tranquillo, qui”. Arrivò la sua domanda che per me era come manna dal cielo.
 “Beh, io… Perché no?” risposi, sentendomi avvampare il viso.
Mi sedetti al suo fianco, guardandolo sottecchi e senza sapere che dire.
L’imbarazzo durò un istante, poi il panorama che avevo davanti mi catturò ed era così straordinariamente bello che l’unica cosa da fare, veramente sensata, era restare in silenzio.
 “I tuoi occhi sono stupendi. Come ti chiami?”, mi chiese dopo molto.
Trasalii: “Veronique”.
 “Piacere: Mistral”.
 “Che ci fai da queste parti?”
 “Quello che faccio in ogni parte, dove vado”.
 “Ovvero?”
 “Guardo il panorama, guardo la gente e… dipingo”.
 “Ohh, un pittore!”, dissi sorpresa.
 “Si. Lo trovi strano?”
 “No, non strano. Inusuale. Non è facile incontrare pittori”. “E dipingi ciò che vedi? Gente, paesaggi…”
 “Si, in un certo senso. Ma più che gente e paesaggi, colori e luce”.
 “Posso vedere cos’hai dipinto da quando sei qui?”
 “Non ho fatto molto. Comunque se ti va. Vieni domani pomeriggio in Rue Mirabeau. Ho affittato una stanza e lì finisco e tengo i miei lavori”.
Mi alzai: “D’accordo. Allora, a domani”:
Sorrise. Ricambiai. Raccolsi il mio mazzo di lavanda e con il suo sguardo addosso percorsi il sentiero finché non fui fuori dal suo campo visivo.

*****

"Mistral"  è un racconto a puntate.
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