Mistral – 3^ puntata

L’indomani, sotto il sole delle quattro del pomeriggio, percorrevo Rue Mirabeau. Al numero cinque suonai. Mistral si era affacciato alla finestra facendomi segno di salire.
Era lì, sul pianerottolo del secondo piano che mi aspettava. Mi fece cenno di entrare. Non era una stanza. Era un appartamento, arredato sobriamente, dagli ampi volumi: sala da pranzo, salotto, cucina, bagno, camera da letto e un’altra stanza che fungeva da studio. L’unico vero disordine regnava fra i tubetti di colore e pennelli.
Mi ero soffermata presso le sue opere. Ne ero affascinata per la luce, intensa, che emanavano. Come se, nei soggetti, avesse saputo coglierne l’essenza dell’anima.
 “Sono belli. Molto. E tutta questa luce…”
 “Sono contento che ti piacciano”:
Immagino che, per un artista, sentirsi dire che le cose che crea sono gradite sia piacevole ma, essere così contento che a me piacciano, mi pare eccessivo. In fin dei conti non sa nemmeno chi sono.
 “Sono contento, perché vorrei ritrarti”.
Abbozzo un sorriso. Sono confusa. Come? Ritrarre me? Una maestrina di paese… Così riesco a dire: “Ne sono lusingata ma, con tutto il paesaggio che hai qui intorno e che vale la pena di dipingere…”
 “Non fare la modesta” mi dice con fare leggermente canzonatorio “Mi piace la tua luce. E’ quella che vorrei dipingere”.
Vamp… gote rosso fuoco. Perché devo imbarazzarmi sempre così? Svio lo sguardo, anche perché ho notato qualcosa muoversi. Un gatto grigio dagli occhi gialli e il pelo fulvo, lento e sornione s’avvicina.
 “Hai un gatto! Adoro i gatti!”
 “Ti presento Lupin”
Mi accuccio e attendo che s’avvicini, per accarezzarlo. E’ un gatto irresistibile e socievole che gode delle carezze della mia mano.
Mi rialzo e lui continua a strusciarsi fra le gambe.
 “Posso offrirti qualcosa da bere?”
 “Si grazie. Qualcosa di fresco; anche l’acqua va bene”.
 “Ho della birra in frigo. Accomodati pure.”
Mi siedo sul divano e Lupin mi segue. Mi si accomoda in grembo. Che caro gatto voglioso di coccole. Solo ora mi rendo conto che c’è della musica di sottofondo: Charles Aznavour, Com’è triste Venezia.
Mistral ritorna con le birre ghiacciate. Me ne offre una e si siede nella poltrona di fronte a me.
 “Ti fermerai molto qui?”
 “Non lo so ancora. Dipende da quanto la mia ispirazione pittorica resta sollecitata in questo luogo”.
Nella penombra della stanza sorseggio la birra mentre, con l’altra mano, continuo ad accarezzare Lupin che sembra intenzionato a non lasciarmi più.
Nella testa mi frullano una miriade di domande: vorrei sapere molto sul suo conto, ma mi trattengo per non essere un’ospite indiscreta e invadente.
 “Quando saresti disponibile?”
 “Scusa?” domando. Non ero attenta, stavo pensando ad altro. Disponibile?
 “Volevo sapere quando puoi essere disponibile. Grosso modo i tuoi orari, per ritrarti. Vorrei cominciare presto”.
 “Ah, si. Certo. Il ritratto. Si…Dunque, fammi pensare…”
 “Non voglio infastidirti. Quando sei libera. Senza problemi. Pomeriggio, sera. Quando vuoi”.
 “Il pomeriggio potrebbe andare bene, non ho scuola. Ho impegni solo il giovedì pomeriggio”.
“Bene. Allora potremmo cominciare lunedì?”
 “Si, va bene.” A che ora?”
“Alle due?”
“Alle tre sarebbe meglio. Torno da scuola, mangio qualcosa, riordino e arrivo. Ok?”
“Si, va bene. Guarda che sei vuoi possiamo fare anche più tardi”.
 “No, no… va bene… alle tre, va bene”.
Si alza, va a prendere un blocco per schizzi, una matita e comincia a tracciare segni.
 “Solo un abbozzo. Così, intanto lo studio. Non è nemmeno necessario che tu stia in posa.”
Eppure, mentre accarezzo Lupin, ormai un gesto meccanico, resto immobile.
E in silenzio. Quasi che le parole potessero spezzare i suoi segni sul foglio. Lo osservo: la testa china e l’occhio assorto. In questo momento è così preso da quello che fa che sembra assente. Le labbra morbide contornate da baffi e pizzetto radi. La fronte appena corrugata. I lunghi capelli che scendono sulle spalle larghe. La mano esperta, dalle dita lunghe, che stringe la matita e traccia segni che non riesco a vedere. Mi sento bene in questo luogo eppure in leggera soggezione.
“Rilassati”, mi dice.
 “Credo che questo sia il massimo di rilassatezza che riesco ad avere”.
Sorride. Lupin s’è addormentato. Tengo la mano posata sul suo manto grigio e morbido.
”Bene, per oggi può bastare. Ho sufficientemente tracciato per farne uno studio”.
Mi alzo. Dev’essere passato molto tempo, perché fuori le ombre si sono allungate eil sole va spegnendosi. Lupin, nel trambusto d’esser spostato s’è svegliato. Si tira la schiena; scende dal divano e va a bere nella sua ciotola.
Mi avvio verso l’uscita. Mistral m’accompagna:
 “Allora a lunedì”.
 “Si… a lunedì”.
Mi giro per allungargli la mano e salutarlo. Lui me la stringe e intanto mi guarda intensamente. Quando mi guarda a quel modo mi sento a disagio.
 “Ciao”, ed esco scendendo le scale quasi di corsa.
C’era fresco nella sua casa, ora che sono in strada sento il calore di questa giornata.
Fra le vie, la solita folla vociante e frettolosa di sempre.

*****

"Mistral"  è un racconto a puntate.
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Fiori di Vetro, possono, tramite la messaggeria di Splinder, inviare un messaggio privato chiedendo di essere invitati. Per leggere le puntate precedenti scorri i post nel Blog degli Autori di Arsomnia o clicca sul tag "romanzi a puntate".

4 Commenti

  1. Mi sembra di essere tornata in provenza, con tutti i profumi e quella magia…

    Ho provato a commentare il tuo blog ma non sono autorizzata..

    Un dolce saluto.

    Ky

  2. Bella Ars, anche questa pagina, che leggo con piacere. C’è la Francia che adoro, l’arte-idem- c’è una storia che mi sta prendendo…

    I miei complimenti…

    Ti abbraccio

  3. Buon ferragosto a te Ars e complimenti per il racconto che sto rileggendo con molto piacere.

    Penso che quello dei racconti a puntate sia un esperimento molto interessante che riprenderemo sicuramente dopo le vacanze estive.

    Una rosa per te - Manuale di Mari

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