Il sonno di Salomè di Antonella Rizzo

Dialogo tra amanti

“Sei tu piccola vipera ingorda
che gettavi veleno e miele a poco a poco,
fino a rendermi immune dal dolore?
Tu, che toglievi fatica al mio pensare
cibo al mio orgoglio senza fine
voce alla mia rabbia senza pace?”
“Io mi ricordo solo che le tue braccia
hanno sciolto quel bozzolo di paure
e da crisalide umile e scura
sento di essere l’eletta del Signore.”

***

Il ritorno

Ridammi le mie amate cose.
Ridammi i miei pensieri
e le parole mute e brevi
soffocate da troppo ardore.
Dammi cio’ che e’ mio
ed e’ la mia ossessione,
la pelle, i capelli, l’anima mia
la mia fortezza senza eroi
mai violata da fantasmi scuri.
Mi riprendo tutto,
come una galeotta al primo sole
che mangia terra e beve fango
tanto e’ dolce il suo tornare.
E’ mio anche il tuo male
e il parlare empio
senz’arte ma di mestiere
fabbricato dal mio calore.
Ridammi tutto senza fiatare
che la pazzia dell’avere
e’ un demone suicida
che si avventa sul tesoro.
E ridammi la memoria
e che ogni atomo di Storia
se e’ mia deve sparire
nell’eterno e nello spazio,
un letame ricco e nero
per nutrire il giorno vuoto.

***

Notturno

Luce fioca della sera
conservami sempre
fino al bussare del mattino.
Temo che lasciarsi andare
nel nero di seppia di questa volta
fermi il respiro di un corpo sospeso.
E se pure fosse divino
odio il sonno, e i suoi pentimenti.
E’ un dolce cilicio la veglia
sapendo che niente e domani
sanno della mia disperazione.

Il sonno di Salomè di Antonella Rizzo – Edizioni Tracce, 2012 – pag. 56

Il commento di NICLA MORLETTI

Ho letto il libro di Antonella Rizzo in un mattino di fine settembre, mentre nel giardino fiorivano ancora le rose. E belle come le rose sono le poesie racchiuse in queste pagine. Conservano a lungo la loro fragranza, inebriano del loro profumo, avvolgono con la loro limpida freschezza.
Nella lettura scorrono le immagini, si assorbono allegorie e metafore, si apprezzano la padronanza del linguaggio e la scansione ritmica, serrata ed efficace, come scrive giustamente Ubaldo Giacomucci nella postfazione. “Salomè dormiva sonni agitati. Pura e carnale come il più raro fiore d’Oriente, sognava l’amore e la vita”. Versi suggestivi, tenaci, forti. Grande la capacità espressiva tra baci e mute preghiere. Notti di cristalli e dialoghi tra amanti.

4 Commenti

  1. Grazie di cuore per la sorpresa e la meraviglia procuratami stamane all’arrivo del tuo libro.
    Ho appena letto l’inizio e subito un turbinio di emozioni si è impadronito di me.
    Non so chi realmente c’è dietro queste righe in quanto non ti conosco, ma almeno in parte mi rendo conto che c’è tutta una vita dietro, certamente una vita non facile, una vita che hai dovuto affrontare con coraggio e con difficoltà non sempre parse sormontabili.
    Sono una persona che accetta i sentimenti, anche quelli negativi in quanto anch’essi insiti nell’uomo, quindi permettimi di provare una certa invidia nei tuoi confronti per la facoltà che hai nel riuscire ad esporre in parole i sentimenti in maniera da creare emozioni in chi legge.
    Un ultimo grazie per il coraggio che immagino mi darà il tuo libro per affrontare le mie avversità.

  2. ” Il sonno di Salomè ” è la veglia della passione.
    Questa brama di amare che toglie il respiro della notte per ossigenare ventiquattore di estasi e tormento.
    Si, perché consegnare il proprio cuore ad un altro è dono e insieme pazzia.
    E’ una ragione che l’intelletto sconvolge.
    Come un bacio improvviso, come un fremito dei sensi, come il sospiro di un sentimento perduto.
    Antonella Rizzo in ogni verso trasfonde la metrica della carnalità spirituale.
    Complimenti.

    Gaetano

  3. Complimenti all’autrice.. sono dei versi molto scorrevoli.. la cosa che ho apprezzato è stato l’accostamento di queste metafore…l’accostamento di questo amore alla natura.. del resto l’amore è una cosa che nasce spontaneo, proprio come i frutti della natura.. e come essa in un istante può sfiorire se non innaffiato..

    • Anche io ho letto “Il sonno di Salomè” di Antonella Rizzo e lo leggo ancora, perché è per me uno di quei libri che Anobii definirebbe “da consultazione”. E mi piace! Mi piace starmene seduta tra quei versi e vedere cosa cela, per davvero, il sottobosco di una Donna degna della storia.

      Le sue parole sono contenitori. Scatole nelle quali mi sbraccio a tirar fuori pezzi di me. Ogni volta. Ché alla fine prendo anch’ io coscienza di quello che sento. I versi si chiamano, densi, fitti in un’ indagine senza vergogna sul mondo femminile. La donna è completa, nel suo coraggioso divenire.

      L’ autrice ha il dono della musicalità. Una musicalità, la sua, in cui anche la pausa ha un suono.
      Il ritorno. Tra le mie preferite se preferire, in questi casi, è mai possibile.

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