Rossana

– Non ho mai chiuso occhio. Mi sono alzato alle quattro e mi sono cotto un piatto di spaghetti – la voce rauca del pensionato si udiva in tutta la piazzetta antistante il molo.
– E la cazzuola dove l’hai messa? Mai ti ho visto senza cazzuola – i due confabulavano per l’auditorio, per noi che attendevamo sotto il sole cocente del primo pomeriggio il momento di partire.
– La cazzuola… sai che tutte queste case che vedi le ho tirate su io? Alla fine ero sempre sui tetti.
– Certo che sei uno strano uccello! Volevi fare il nido? – l’altro rispondeva con tono più pacato, ironico, mentre sbirciava il quotidiano.
– Da lassù controllavo. Mi piaceva vedere la gente che si alzava e andava al lavoro. E da lassù vedevo passare Rossana. Tutte le mattine feriali alle sei arrivava da quella strada e si incamminava verso l’attracco del traghetto. Andava a insegnare in città.
– L’avrei voluta anch’io una maestra così. Era una donna di classe. La migliore dell’isola.
– La salutavo sempre. Con la mano. Ma non mi ha mai risposto…
– E che vuoi – lo interruppe girandosi finalmente a guardarlo il compare – vuoi che rispondesse a te! Ma ti sei visto, Giuseppe? Chissà dov’è adesso. Avrò sposato uno ricco.
– Sta nel continente. Stanotte pensavo a lei – l’uomo si alzò asciugandosi con un fazzoletto il sudore che gli imperlava la fronte
– Amen – rise forte l’altro – Tu c’hai due buone mani. E la notte c’hai la bocca piena di spaghetti. Forse anche di vino, come me. Ma pensare non fa per te.
– Era troppo caldo stanotte. – il vecchio si rimboccò la canottiera nei pantaloni – Quella me la ricordo ancora. Pensa che passava sotto di me con un mazzo di fiori.
– Alle sei di mattina! Chissà quanti spasimanti aveva! E tua moglie che dice? Lo sa che ci pensi ancora?
– Abbiamo scelto il nome insieme – il pensionato sorridendo si stava incamminando verso la viuzza soleggiata che portava all’entroterra. Aspettavamo con curiosità la battuta finale del primattore.
– Che nome, Giuseppe, di che parli? Il sole ti ha picchiato sulla testa? – ora era lui a alzare la voce.
– Nostra figlia, quella fa la maestra a Torino… l’abbiamo chiamata Rossana.

4 Commenti

  1. grazie della vostra attenzione, mi piace ascoltare le battute di quelle persone, apparentemente semplici, ma acute, che con forza d’animo e ironia sanno gustare ogni frammento della loro vita.

  2. Un bel racconto, Andrea, di ricordi, nostalgie, tenerezza…
    E una chiusa che stordisce. A volte gli amori si affidano ai nomi, si salvano nelle illusioni, forse nei sogni. Grazie.

  3. bel raccontino con un finale a sorpresa che spiazza ma riequilibra il tono di rimpianto che aleggia fino al bouleversement della storia.
    Complimenti, ben scelto anche il titolo che trae in inganno fin dall’inzio
    Luciana

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

 Togli la spunta se non vuoi ricevere un avviso ogni volta che c'è un commento in questo articolo
Aggiungi una immagine

Fiera dei Libri Online

spot_img

Manuale di Mari

spot_img

Ultimi post

Altri post