Vecchia. Era vecchia abbastanza per poter considerare le rughe del viso un premio e quelle dell’anima un vanto per sostenere la solitudine che qualche volta l’assaliva. Con gli occhi velati da tempo guardava il suo mondo dai confini ridotti ormai e che non arrivavano al di là della staccionata del suo giardino. Tutto il resto era una nebulosa attraverso cui era inutile portare lo sguardo, tanto le bastava muoversi lì, tra il fruscio delle calendule mosse dal vento, il cui colore giallo era quanto di meno indovinabile ci fosse attorno, poiché riusciva a coglierne la luminosità senza fatica, e quello dell’albero di limoni in prossimità dell’uscio di casa. Non usciva da giorni, s’era dovuta arrendere alle raccomandazioni del figlio di non prendere freddo, tutte convalidate dai consigli medici di starsene al caldo, dentro casa, almeno fino a che il rigore di quei giorni non avesse lasciato il posto al tepore della primavera imminente. Lo chiamavano “colpo di coda” dell’inverno, un repentino abbassamento delle temperature che aveva portato una fresca e copiosa nevicata come non se ne era vista tanta da anni. Aveva temuto per le sue piante, per le fresie, soprattutto, che avevano iniziato a crescere e che in fioritura avrebbero creato due lunghe aiuole dai colori vivaci e dal delicato profumo a costeggiare il vialetto. Guardava fuori dal vetro che, con un movimento circolare della mano, aveva disappannato; la neve resisteva ai bordi ombreggiati del giardino ed in parte ai margini del telo che proteggeva il limone. Pensava a tutto quello che avrebbe dovuto fare una volta che le sarebbe stato concesso di riprendere regolarmente le sue attività quotidiane. Nonostante vivesse da sola da moltissimi anni non aveva mai ceduto alle abitudini ed aveva cercato sempre di coltivare più interessi. Dinamica l’avrebbero definita gli amici ed i conoscenti. Irrequieta, era il giudizio del figlio. Lui ora le restituiva tutte le attenzioni e l’amore che lei gli aveva riversato addosso dal primo momento in cui l’aveva sentito dentro di sé, un amore incondizionato e mai soffocante. Un amore boomerang che le ritornava indietro ogni volta che si scioglieva nel suo abbraccio, l’unico che non aveva dovuto pagare con il dolore se non quello meraviglioso e voluto del suo venire al mondo. Sentì una fitta al cuore ma era qualcosa con cui aveva preso confidenza e non se ne curava più, una smorfia del viso e via. Si allontanò dalla porta a vetri che dava sul giardino avviandosi verso la piccola rampa di scale che conduceva al primo piano, conosceva a memoria ogni angolo di quella casa, e ne amava anche i piccoli rumori, dallo scricchiolio delle assi del parquet al gocciolio del rubinetto dell’acquaio in cucina. Tutto le parlava della sua vita e le ricordava quanto fosse stata intensa e piena, densa come tutte le parole che aveva scritto, anche quelle che un tempo aveva creduto d’aver sciupato per sanare ferite o per dire dell’amore. Invece tutto era servito a renderla viva se solo una volta aveva raggiunto il cuore di qualcuno o se solo una volta era riuscita a far sì che qualcun altro si ritrovasse nelle sue parole, tanto da sembrargli che parlassero di lui. Chiuse la doccia, si asciugò ed indossò la camicia da notte preparandosi ad un altro sonno popolato da ricordi che, come spirali, avevano il potere di risucchiarla indietro nel tempo: le bastava rimanere al buio della stanza, che cominciava a somigliare a quello dei suoi occhi, ed aspettare quieta che arrivassero a rivivere per lei. Si mise a letto e spense la luce. Un fruscio le disse che la tenda leggera alla finestra era stata mossa da uno spiffero d’aria, voltò leggermente il capo da quella parte e sorrise pensando a tutte le volte in cui aveva deciso di porvi rimedio. Toccò con una mano il posto vuoto accanto al suo, anche a quello tante volte aveva pensato di porre rimedio senza riuscirvi o, dopo l’ultima grande delusione, senza davvero nemmeno provarci. E di questo ora si rammaricava.
Di nuovo la fitta al cuore, che stavolta le smorzò il respiro. Il dolore finì presto, non c’era molto da chiedersi, chiuse gli occhi e smise di aspettare.
un bacio, Manu
bel modo di proporti e porti il tuo
Ti abbraccio
😉
Molto intenso anche se lascia il posto ai rimpianti… non sempre spegnendo la luce si possono spegnere i pensieri…
un sorriso e dolcenotte
Gio
E’ vero del cedimento del ritmo, è voluto. Soprattutto il finale repentino… senza possibilità di leggere altro… Grazie Ilaria, 🙂
Bellissima, anche se cede vagamente due volte di ritmo…
Sei un talento della natura, Adelaide…