Piccola blu di Adalgisa Licastro

Piccola blu di Adalgisa Licastro

Capitolo I –

«Alibranda, Alibranda!! Non ci senti! Mi sgolo a chiamarti e tu non dai segno di vita!» urlò Janette, ormai fuori di sé.
Da qualche tempo era particolarmente irascibile, ma quella sera era, a dir poco, intrattabile. «Che succede, signorina?» rispose la donna con voce affannata.
In poco più di vent’anni aveva fatto e rifatto migliaia di volte quei quattro gradini che dall’enorme soggiorno conducevano alla camera da letto dei signori Lionetti e della figlia Janette.
Sebbene godesse di ottima salute, Alibranda accusava una grande stanchezza esasperata da una routine pressante. Janette, la sua pupilla, era esigente e quando aveva “le lune di traverso” diventava insopportabile. Prima di essere la governante di casa Lionetti, la donna aveva avuto cura della famiglia d’Aubignè, a suo tempo imparentata con re Luigi XIV e appunto per questo, conosceva bene le regole del “bon ton” ed esigeva che la sua prediletta le rispettasse.
I signori Raja e Poldo facevano parte di una borghesia benestante che vantava origini tra professionisti: medici da parte di Soraja Valenti, giudici e notai dal ramo Lionetti. Per quanto Poldo fosse un uomo rispettoso delle tradizioni di famiglia e molto legato al suo passato, mostrava entusiasmo e curiosità verso ogni trasformazione innovativa. Soraja d’indole dolce e accondiscendente, ascoltava con rispetto le parole del marito anche se, al momento opportuno, non mancava di dire la sua, mettendo fuori guizzi repentini di una personalità fermissima e ben determinata. Nei periodi in cui Poldo non aveva occhi e orecchi che per il lavoro dei suoi avviatissimi studi notarili, lei passava intere giornate al pianoforte, suonando musiche di autori noti o producendo melodie che scaturivano dalla sua mente e dal suo cuore e restavano di passaggio sulla tastiera e nell’aura della casa.
A Janette che le chiedeva di suonarle ancora, Raja rispondeva che il vento le aveva portate lontano. Le piaceva creare melodie e concedersi la gioia di produrne sempre nuove, anche se il suo diploma di composizione le avrebbe permesso di fissarle sul pentagramma.
«A che serve segnare le note su di un foglio se non ho un futuro da compositore? Tanto vale che mi diverta a proporre all’ascolto delle nuove melodie!» diceva Raja, ma Janette non la pensava così! «Lasciala fare, ha bisogno del brivido della creazione!» diceva papà Leopoldo e strizzava l’occhio a Janette, in cerca di complicità.
Anche se gli anni passavano, lui continuava a vedere nella figlia, la sua piccola “Blu”.
Ricordava quando, appena capace di sgambettare, sceglieva abitini, bambole e capellini di questo colore. Poldo si divertiva a vederle impiastricciare di blu i suoi disegni e gli album per i più piccini, già predisposti al colore. Per quanto la scelta del blu potesse indicare una tendenza alla malinconia, Janette non era una bimba triste, ma una cucciola allegra e fantasiosa.
Le piaceva immensamente guardare il cielo nelle notti stellate e sognare i maghi e le fate di un mondo incantato. Col nasino appiccicato alla finestra, spesso seduta tra le braccia di Alibranda, le chiedeva di mostrarle la stella più luminosa della notte e amava ripeterne il nome che la donna le aveva insegnato.
«Papy perché Venere sta così lontana? Un giorno mi porterai da lei?» chiedeva a Poldo che, sorridendo le diceva: «Domandalo alla mamma, forse lei con la sua musica, saprà condurti anche lassù». «Non mi piaci quando dici così!» s’indispettiva Janette che, sebbene piccina, non tollerava l’ironia di suo padre nei confronti della mamma.
Col passare del tempo, Janette aveva smesso di guardare le stelle, almeno davanti agli altri e il suo mondo, ricco di sempre nuove conoscenze, era diventato variopinto.
Poldo, però, continuava a chiamarla con quel nomignolo strano che piaceva tanto a Janette. La loro intesa meravigliosa si esprimeva anche con i baci e le carezze di cui entrambi non facevano mistero davanti a parenti e amici. “Blu” era il vanto del suo papà e l’amore più grande di Soraja che, pure se più parca di manifestazioni, vedeva in quella figlia il punto focale della sua vita. Janette, però, era una ragazza imprevedibile che alternava grandi slanci a grandi chiusure e, noncurante delle possibili reazioni di chi le stava vicino, passava dall’atteggiamento tenero da gattina che fa le fusa, all’aggressività di un felino che mostra gli artigli. Chi era, dunque, questa giovane donna dalla pelle olivastra e levigata, dagli occhi nerissimi, dai lineamenti decisi e lo sguardo misterioso?
Quali cupezze profonde oscuravano all’improvviso quel bellissimo volto?
Janette sembrava racchiudere nella sua personalità forte e complessa, i dolori e i turbamenti, le gioie e le speranze delle generazioni passate, mentre viveva le trasformazioni di un presente turbolento, conflittuale e ingannevole.
Le guerre, il terrorismo, la miseria del mondo, la crudeltà tra gli uomini le davano una stretta al cuore che diventava frustrazione e impotenza di fronte all’indifferenza dei molti.
Un grande senso di vuoto s’impossessava di lei e un’inspiegabile tristezza la portava lontana fino a farla sentire assente, pur avendola accanto.

Piccola blu di Adalgisa Licastro – Il Filo, 2008 – pag. 117

Il commento di NICLA MORLETTI

I libri di Adalgisa Licastro sono sempre una nuova scoperta densa di emozioni ed è sempre un piacere leggerli. In “Piccola blu” l’autrice prende per mano il lettore e lo conduce nel meraviglioso mondo dorato di Janette, giovane donna che si affaccia alla vita circondata dall’affetto dei suoi cari. Ma durante la festa del diciottesimo compleanno succede qualcosa: qualche allusione, accenni, motteggiamenti fanno da prologo a situazioni sconosciute e inaspettate. Da qual giorno la vita di Janette cambierà. Un quaderno macchiato di fango sarà la guida nel viaggio avventuroso alla scoperta dell’India. Ma non aggiungo altro sulla trama della storia, tra l’altro ben costruita e ottimamente delineata. Lascio al lettore la scoperta di queste straordinarie pagine che ancora una volta lo affascineranno, lo porteranno a visitare luoghi lontani e a provare sentimenti nuovi e sconosciuti in un itinerario della mente e del cuore. Lo porteranno là dove scorre a valle il fiume tra detriti, rami divelti e foglie e dove la corrente riprende la rincorsa. Lo porterà insieme a Janette nella sede dell’ambasciata italiana nel cuore di Dalhousie Square e in antichi villaggi nei pressi di Kota, luogo in cui viveva un vecchio saggio indiano e tante altre cose ancora. Una lettura affascinante da non perdere.

10 Commenti

  1. Un piccolo stralcio che mi ha affascinato, una giovane donna, Janette, che è tenera e innocente, lei e il suo amore per le stelle.
    Spero di poter approfondire la bellissima lettura e leggere il romanzo. Ho proprio bisogno in questo periodo della mia vita di un romanzo così.
    Grazie e complimenti all’autrice.

    Stefania C.

  2. Dalla lettura di queste righe sono profondamente colpita e presa dal personaggio di Janette, che potrebbe somigliarmi nella sua personalità segreta ed altalenante come reazione alla società altra

  3. O Janette, ” Piccola Blu ” ,
    posso darti del tu ? nascondi
    Cresciuta nell’ alta borghesia,
    fra dolcezze e ipoxrisia,
    senti l’ altrui condizione
    come una sorta di prigione.
    Vorresti il mondo cambiare,
    la bonta’ a tutti regalare;
    e t’ imbatti nella crudelta’,
    diffusa pur troppo nell’ umanita’.
    Cosa nascondi nel tuo interiore,
    da cambiar si spesso umore ?
    Adalgisa ce lo rivelera’ ,
    ed allor il lettore scoprira’
    che pur in una ragazza viziata
    la pietas e’ virtu’ innata.

    Gaetano

    • Carissimo Gaetano,
      il “tu” va benissimo tra persone che sono in sintonia.
      Che sei un poeta lo so già, ma il tuo commento mi conferma ancora una volta le tue particolari doti di lettore attento ed arguto.
      Grazie Gaetano e a presto!
      Un forte abbraccio. Adalgisa

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